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Rokugatsu No Hebi - Un serpente di giugno
Anno: 2002
Regista: Shinya Tsukamoto;
Autore Recensione: Andrea Caramanna-
Provenienza: Giappone;
Data inserimento nel database: 06-09-2002


A snake of june 1

Visto a Venezia 2002

Rokugatsu no Hebi - A snake of June - Un serpente di giugno
Regia: Shinya Tsukamoto
Sceneggiatura: Shinya Tsukamoto
Fotografia: Shinya Tsukamoto
Montaggio: Shinya Tsukamoto
Interpreti: Asuka Kuorasawa (Tinko), Yujii Kotari (Shigehiko), Shinya Tsukamoto (Iguchi), Susumu Terajima (giovane poliziotto), Tomorowo Taguchi (redattore)
Produzione: Shinya Tsukamoto, Kaijyu Theater Co., Ltd
Origine: Giappone, 2002, 77 min., 35 mm
Sezione: Controcorrente

"Per un lungo periodo di tempo, ogni anno quando arrivava la stagione delle piogge, continuavo a pensare con rammarico, mentre guardavo in tralice una bella ortensia, che neanche questa volta avevo girato Un serpente di giugno. E così sono passati dieci, anzi, forse quindici anni". Sono le parole di Tsukamoto che rivelano il grande desiderio di rappresentare una storia così caoticamente erotica nel suo umore ossessivo, che vaga da un incessante bisogno di esplodere nella sua totale brutalità, alla piega irrazionale e dolorosa della consapevolezza di un abisso di tenebre. Dalle manie visibili del marito Shigehiko, lavare ossessivamente la casa, liberare le superfici da tutte le tracce, dai segni di una sporcizia che è un residuo pesante dell'anima, fino agli snuff movies, il piacere arrogante di vedere la morte altrui davanti i propri occhi. Sono sguardi che si piegano a poco a poco verso la dimensione irredimibile nella loro caduta agli inferi. Il segreto oscuro e tortuoso del pensiero si palesa come una condizione di normalità, almeno a livello di situazione psicologica. La necessità di questi corpi istintivi corrisponde ai flussi liberi dell'inconscio che si liberano prepotenti creando cinematograficamente forme, immagini senso, ribelli ad ogni interpretazione ulteriore, irriducibili ad altre letture, autentiche semplicemente nella loro essenza di pensiero erotico che si rivela per quello che è. Un pensiero eternamente ribelle, irrazionale e perverso nella sua capacità di piegare affamato verso altre direzioni. Il film segue intrepido i meccanismi di sollecitazione con un espediente geniale: una persona o forse una voce che si introduce nel cuore torbido dell'anima, la corrompe e in breve la riduce alla visione di se stessa, la sua orribile immagine. Dopo questa sconvolgente consapevolezza l'uomo è davvero solo di fronte alle ossessioni indicibili, avendo a disposizione per difendersene solo la forza di un pensiero ulteriore. La gestione delle contraddizioni, analizzata perfettamente in sociologia, qui corrisponde ai processi più estremi delle passioni umane, come se quelle che riguardassero l'eros - ma non lo crediamo del tutto - siano ancora più incontrollabili. Regnano nel pensiero una volta che sono prevalse come forze che hanno la supremazia su ogni minimo intento della ragione. Come diceva Heidegger è il gioco ad impossessarsi del giocatore, a prenderlo come e quando vuole, e a disfarsene improvvisamente per ragioni misteriose. La coppia Rinko Shigehiko è giocata definitivamente da quell'oscuro manovratore che è la passione. Non ci può essere tregua nella messa in scena di questo terribile gioco. I corpi si rincorrono, si scambiano i fluidi mortali sotto la pioggia torrenziali, occhi e orecchie in attesa di soddisfazione. Il serpente di giugno è un gran predatore che ipnotizza, che trascina nel gorgo liquido, bagnato, nel bianco e nero, perché gli estremi possano colorarsi dei due gradienti opposti della luce. Un'oscurità che suscita sempre brividi, tremori, un chiarore che produce orgasmi crudeli, ma necessari per continuare a vivere.

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