El Bola (Il Biglia), ovvero come trasformare
una biglia in un tappo di bottiglia per liberare l'adolescenza da un inferno familiare ...
L'idea del film, riassunta in poche parole, trova la sua forza espressiva e metaforica
proprio nella sequenza finale, dove "la biglia" di Pablo prende il suo posto
lungo la traversina dei binari ferroviari, e, appiattendosi nell'urto contro le ruote
motrici, dimostra che è possibile riscattarsi da una sorte avversa e ribellarsi contro la
violenza dei padri, che si credono padroni della vita dei propri figli.
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Si può seguire la trama del film di Mañas proprio
accompagnando il percorso nomadico di questo cuscinetto a sfera: stretto in mano per
poterlo accarezzare, finisce sempre per roteare nel palmo del suo proprietario ogni
qualvolta l'esistenza si fa dura come nelle mani di Bogey-Queeg in The Caine Mutiny, quasi fosse capace di anticipare la furia aggressiva del
padre, che invece mostra nei confronti della sfera d'acciaio un odio irragionevole; assume
il valore di un portafortuna, a cui affidare la speranza di essere accettati per quello
che si è, quando finalmente si riesce ad assaporare il gusto dell'adolescenza e a
scoprire il significato autentico della solidarietà; diventa una nicchia, nella quale
rifugiarsi nei momenti di solitudine, o un semplice passatempo, per seguire con sguardo
ingenuo e incuriosito le peripezie del suo movimento regolare. La biglia rotola, ma non si
rompe e non arresta la sua corsa verso l'ignoto: solo quando muterà la propria forma,
smarrendo la natura sferica, finirà per perdere il valore d'uso, conservando però la
valenza simbolica della trasformazione avvenuta; proprio come accade a Pablo,
soprannominato "il biglia", il ragazzino madrileno che potrebbe essere uscito da
una delle opere sull'infanzia di Truffaut, a cui la sorte assegna un'esistenza simile a
quella del giovane del film L'argent de poche,
con il quale condivide anche le cicatrici che nasconde sulla schiena, testimonianze
visibili delle cinghiate ricevute all'interno delle pareti domestiche.
Questa biglia diventa allora la pars pro toto di quello che potrebbe essere il
destino di Pablo: finire appiattito sotto un treno per sfidare in gioco i coetanei in una
pericolosa gara di riflessi, che il gruppo giudica come una doverosa prova di coraggio da
sostenere se si vuole dimostrare di non essere fifoni e vigliacchi, oppure finire
appiattito sotto i calci, le percosse e i pugni di un padre incattivito, vittima anch'esso
di una disgrazia subita, la morte del figlio maggiore in un incidente stradale, e proprio
per questo reo e ancora più colpevole dei suoi gesti efferati.

Nel corso del film e prima del finale liberatorio, Pablo molla la biglia
in un'unica occasione, quando le medicazioni prestate in ospedale alle percosse subite
provocano nel corpo stremato un dolore indicibile: solo allora la sfera d'acciaio cade sul
pavimento con un rumore sinistro, rotola, caracollandosi ai piedi del padre del suo amico
Alfredo, un genitore alternativo, artefice di tatuaggi, che trasformano l'epidermide in
moderne opere d'arte. Pablo non ha bisogno di ricorrere al tatuaggio, il suo fisico
conserva le tracce tangibili dei segni lasciati dalla furia paterna, ma, quando decide di
ribellarsi, allora impara a chiedere aiuto, rivolgendosi all'unico amico, la cui famiglia
si rivela in grado di fronteggiare l'emergenza.

Il padre di Alfredo risulta spesso troppo perfetto
nel suo ruolo di genitore comprensivo per risultare credibile in toto. Per fortuna anche
il suo carisma vacilla nell'intuire i piccoli e i grandi drammi adolescenziali, quando
viene messo alla prova in uno scontro con il figlio, a cui sa rispondere ricorrendo
dapprima ad un ceffone, poi, pentitosene amaramente, si industria per ripristinare la
complicità precedente, risolvendosi infine in un atto di protezione nei confronti del
ragazzino malmenato. Non lo riconsegnerà, come promesso, al padre, perchè capisce che il
benessere di un bambino è un bene prezioso da salvaguardare, anche a costo di assumersi
responsabilità pesanti e sgradevoli. Durante tutta la durata della ricerca del
"biglia", lungo i tragitti madrileni frequentati dai ragazzini della banda, il
padre di Pablo, inquadrato mogio come un "cane bastonato", incapace di guardare
negli occhi i salvatori del figlio (proprio lui che lo rimproverava, urlandogli "Guardami
in faccia, quando mi parli soprattutto in mezzo alla gente!"), non sembra affatto aver perso
la stoffa del tiranno: non implora scuse, non si redime, condannato in eterno al suo ruolo
di castigatore di colpe inesistenti.

Il film mostra come l'amicizia tra due
ragazzini possa diventare un antidoto efficace per aiutare il più debole della coppia a
denunciare una condizione di vita familiare non accettabile, al limite della sopportazione
fisica e morale: il sottile filo di solidarietà che si instaura tra i due giovani amici
non viene svelato in maniera retorica, bensì recuperato attraverso timidi tentativi di
mantenere in vita quel contatto prezioso, nonostante le difficoltà e gli ostacoli
d'incontrarsi in maniera serena.
La sequenza al luna-park durante una fuga clandestina evidenzia la voglia naturale di
divertirsi che provano i giovani: l'ebbrezza della giostra scioglie il riserbo di Pablo,
che inizia a fidarsi dell'amico, al quale rivela la sua paura di finire sotterrato in un
loculo come il fratello.

La vita del "biglia" non si
appiattisce come la pallina d'acciaio che gli ha tenuto compagnia, perché nel finale
trova il coraggio di denunciare il padre con lo sguardo dritto in macchina, determinato e senza incrinature, tracciandone un ritratto ignobile soltanto
elencando, con estrema freddezza e disincanto, una serie di episodi subiti nel corso di
quella breve esistenza in comune. Rinchiuso in un armadio, costretto a bere la propria
urina, preso a cinghiate e a calci in tutto il corpo, segregato in casa, obbligato a
lavorare come garzone in un negozio di ferramenta, etichettato con i nomignoli più
squallidi e perversi, il ragazzino non tradisce la fiducia familiare, il senso di
appartenenza alla famiglia, la genitorialità smarrita, ma, quando la biglia gli sfugge di
mano e rotola secca per terra accanto al suo letto d'ospedale, finalmente apre gli occhi,
si slega dal senso di colpa di essere sopravvissuto al posto del fratello sfortunato,
impara a reagire e finalmente si ribella.
Di forte impatto emotivo per il pathos ricercato in alcune scene, come tutti i film che
espongono minori alla violenza degli adulti, il pregio di quest'opera consiste nella
sobrietà di una narrazione credibile e verosimile, non scevra di slittamenti nel banale,
ma quotidiana, come la lezione che cerca di impartire ai giovani: "Non ammazzatevi
prima del tempo, non ne vale la pena".
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