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Habla con ella - Parla con lei
Anno: 2001
Regista: Pedro Almodovar;
Autore Recensione: Alberto Corsani
Provenienza: Spagna;
Data inserimento nel database: 08-05-2002


Habla con ella
Habla con ella






Quanti piccoli sono uomini e donne di Almodovar, e quanto bisognosi di protezione. Quanto fragili le loro ossature e personalità. Victor Hugo narrava ne L'uomo che ride dei comprachicos, detti anche comprapequeños, delinquenti che nel XVII secolo razziavano i bambini per adibirli al sollazzo dei potenti; fra i divertimenti più sciagurati era quello di poter plasmare di persona le fattezze e la corporatura del proprio giocattolo personale: facendo crescere il derelitto in un vaso, secondo la forma del recipiente, si poteva ottenere un nano classico oppure un gobbo o quant'altro di esotico la perversione dei signori e dei loro lacché potesse mai inventarsi.
Così, in balia del destino, in mano d'altri sono i destini e le personalità; circostanze, inclinazioni, accidenti concorrono senza tanti scrupoli a determinare l'individuo, che ricercherà fuori di sé, in improbabili relazioni, di rialzarsi e prendere l'iniziativa. A costo di sfidare le leggi della vita e della morte, del possibile e dell'impossibile. Così il Benigno infermiere-parrucchiere che con ostinazione biblica si dedica a parlare a Alicia, non si sa bene se più per amore o per obbligo professionale, ci conduce infine sull'orlo di un abisso nel quale ci sentiamo tutti piccolissimi, come l'ometto - l'amante - che rimpicciolisce e viola - temerario - la scaturigine femminile che nonostante il primissimo piano e nonostante il languore della scena nasconde la propria ancestrale umidità.
E l'abilità di Almodovar sta proprio nel condurre lo spettatore sull'orlo dell'estremo, dell'orrore - che non è solo lo stupro ai danni di una vita sospesa nel coma, ma è anche la quotidianità distratta delle pratiche della toeletta su quello stesso corpo - per poi ritrarsdi e farci vedere che ciò che sembra orrido è nient'altro che la nostra vita, fatta di debolezza e di ricerca di protezione. Tutti cercano di proteggere qualcuno: lo psichiatra vuole il meglio della scienza clinica per la figlia spezzata dall'incidente, ci mette i soldi e l'autorità del prestigio professionale; l'insegnante di danza si era presa la ragazza in simpatia e la metterà, rediviva, sotto la propria ala di chioccia; perfino l'avvocato dell'insano Benigno vuole evitare che l'uscita dal coma, conseguente al parto del feto morto, possa determinare una reazione autodistruttiva nel suo cliente (non basterà). Ognuno ha paura e tutti cercano di proteggersi l'un con l'altro: fa parte dell'ideologia di Marco il rispetto per le fobie altrui, lo dice in maniera esplicita dopo avere stroncato il serpente.
La situazione estrema tuttavia non sempre prende la direzione che sarebbe più facile aspettarsi. Non è per Alicia che ricorrono frasi, parole, racconti e resoconti. Benigno racconta a lei ma cerca, disperato, di consolidare se stesso. Allo stesso modo in cui si pone l'uomo in preghiera; mica serve a Dio, la nostra preghiera, serve a renderci conto, noi qui su questa terra, di come siamo fatti, se ci riusciamo. Di questo ha bisogno Benigno, anche se agli altri un'immagine di sé riesce a darla. Marco riesce a "leggerlo", i colleghi che lo accusano (e la collega che lo difende) anche; lui non riesce a leggersi, e si cerca quindi altrove. Quando il rimorso per il suo gesto di amore/morte giunge al massimo grado, il suo altrove deve esorbitare. Dal carcere non sarebbe sufficiente, deve esorbitare dal corpo che lo contiene: da piccolo l'hanno compresso troppo forte, le sue emozioni stentano a liberarsi, a meno di farle volare, con il viatico aereo e inesorabile degli psicofarmaci.

Vita-non vita di Alicia e della torera, zona di transito di un'umanità alle prese con la coscienza ma anche con le sperimentazioni di forme organiche indiavolate e di fecondazioni e concepimenti prêt-à-porter. Sembrano situazioni estreme, come Almodovar ci aveva abituato nei primi film. Poi, poco a poco, ha cominciato a toccare da vicino la grande massa anonima di tutti noi; per questo è inquietante, ora più di prima, anche se non privo di speranza. Ma forse è giusto che la speranza metta i brividi; più dell'abisso.

Alberto Corsani