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Zuquaq al midaq - Vicolo del Mortaio Anno: 1963 Regista: Hassan Al-Imam; Autore Recensione: Sergio Mangano Provenienza: Egitto; Data inserimento nel database: 18-01-2001
Vicolo del mortaio
Zuquaq al midaq - Vicolo del Mortaio
Regia: Hassan Al-Imam
Sceneggiatura: Saad Eldin Wahba - dall'omonimo romanzo di Nagib Mahfuz.
Fotografia: Aly Hassan
Montaggio: Rashida Abdel Salam
Interpreti: Chadia, Samia Gamal, Salah Kabil
Produzione: Films Ramses Naguib
Origine: Egitto, 1963, 140 min.
visto al Cinemamed. Il Cinema dei Paesi Arabo Mediterranei. Palermo 11-18
gennaio 2001
Retrospettiva: Il Cairo, una città illuminata dai suoi registi
In uno dei mille vicoli che si snodano nel Cairo del periodo della seconda
guerra mondiale, si affolla - squattrinato e subalterno agli inglesi - il
popolo egiziano. La vita scorre via alla frenetica ricerca del denaro
necessario a sopravvivere.
Il regista egiziano Hassan Al-Imam traspone, dall'omonimo romanzo di Nagib
Mahfuz, una storia corale ricca di personaggi esuberanti e caratteristici.
Ancora una volta, come sovente nella filmografia egiziana del periodo degli
anni '60, i protagonisti si trovano di fronte ad una scelta che termina per
imporsi da sé. Si tratta della scelta che li trova dibattuti tra il non voler
cedere all'imperialismo britannico che rappresenta lo sfarzo capitalistico, da
un lato e la necessità di dover pur trovare di che vivere, dall'altro. Così,
stavolta, è la giovinezza di Hamida la (bella di turno) ad essere sacrificata ed
asservita agli inglesi, mentre Abbas - il suo promesso sposo - tenta di mettere
da parte i soldi necessari per i preparativi del loro matrimonio. Intorno ai
due si alternano sulla scena personaggi che incarnano via via tutto il
malessere, il cinismo ma anche la strafottenza, la leggerezza di un popolo
costretto a "mendicare" pane e democrazia.
Al-Imam costruisce un film a tratti spassoso e godibile (memorabile la sequenza
in cui Abbas chiede ufficialmente la mano di Hamida che civetta come una
verginella intimidita ma affascinata al contempo), ma il suo sguardo diviene
poco graffiante quando propone la denuncia sociale, tanto che il finale scivola
via lento e prevedibile.
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