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Y tu mama tambien
Anno: 2001
Regista: Alfonso Cuaron;
Autore Recensione: adriano boano
Provenienza: Messico;
Data inserimento nel database: 16-12-2001


Y tu mama tambien - Alfonso Cuaron

Y tu mama tambien

di Alfonso Cuarón

sceneggiatura: Alfonso Cuarón, Carlos Cuarón
fotografia: Emmanuel Lubezki
montaggio: Alfonso Cuarón, Alex Rodríguez
scenografia: Miguel Angel Alvarez
costumi: Gabriela Diaque
musica: Molotov y Dub Pistols, Plastilina Mosh y Tonino Carotone, Eagle Eye Cherry, Café Tacuba, Natalie Imbruglia, Bran Van 3000, El Flaco Jimenéz

cast:
Diego Luna (Tenoch Iturbide), Gael García Bernal (Julio Zapata), Maribel Verdú (Luisa Cortés), Emilio Echevarría (Miguel Iturbide), Ana López Mercado (Ana Morelos), María Aura (Cecilia Huerta), Andrés Almeida (Diego ¨Saba¨ Madero), Verónica Langer (María Eugenia Calles de Huerta), Arturo Ríos (Esteban Morelos), Daniel Giménez Cacho (narrador),

Mexico, 2001, durata 103'


C´è una battuta che spicca sul resto del testo, perché non è sgangherata come all’inizio, non ha nulla – in apparenza – a che fare con il romanzo di formazione o con l´iniziazione sessuale (già tema di Great Expectation, il dickensiano lungometraggio del 1998, tradotto Paradiso perduto, dove la ammaliatrice Estella – Gwineth Paltrow, che è accompagnata da una profezia di morte – seduce il ragazzino in un profluvio di atmosfere da realismo magico sudamericano presenti in Princesita, il primo lavoro di Cuarón, del 1995, dove si riscontrava già il conflitto di classe attraverso il sesso), invece fa accenno alla morte, un aspetto che in Mexico è sempre presente, anche durante le bevute di mezcal con il gusano. In quella frase si rispecchiano le paure più rimosse nel mondo: fino a quando rimarremo nel ricordo di qualcuno dopo la nostra morte?

Strana domanda da porsi in un road movie scollacciato verso la costa del Pacifico, da parte di una giovane e avvenente donna con due adolescenti intenti a dar sfogo alle loro tempeste ormonali. Sagacemente la sceneggiatura decolla gradualmente dal pecoreccio iniziale, scandendo le singole tappe attraverso quella che è l´idea del film: rendere personaggio autonomo la macchina da presa, facendola diventare con la sua appendice vocale fuori campo un personaggio totalmente estraneo alla vicenda, grazie a quella pausa che sospende la situazione a mezz´aria, mantenendo il silenzio per alcuni secondi tra il dialogo del film e il commento che puntualizza la situazione, normalmente delucida sugli sviluppi futuri dei personaggi incrociati e a quel punto abbandonati, spesso commentando amaramente. Eppure si tratta di un tono da commedia giovanile, insaporito dal confronto tra problemi diversi di ragazzi che si tengono compagnia per alcuni giorni, infarcendo alla tipica amicizia per la pelle dei due ragazzi il bisogno di tuffarsi nella vita di una poco più adulta spagnola; però all´epilogo ci s´accorge che in realtà era un accompagnamento alla Jarmush – intendiamoci, un Jarmush messicano, colorato e colorito – che ha come fine del viaggio la morte in una "buca del cielo" che va concretizzandosi lentamente da quella di fantasia, buona per il baccaglio iniziale, a quell´oasi naturale dell´arrivo (che si trasformerà in incubo turistico di lì a qualche anno nelle parole dell´aggiornamento in voce off). Nonostante gli autori facciano uso dei più classici espedienti narrativi, il linguaggio adottato riesce sempre a scrostarli dallo stereotipo: ad esempio la presentazione delle famiglie dei due amici, così differenti tra loro, introdotte verbalizzando il capitolo dopo che era già palesata la differenza attraverso le immagini, che si affidano a dei grandangoli quasi deformanti sugli ambienti, riuscendo a inquadrare due stanze diverse, lo stipite a dividere il quadro a metà, per scegliere poi nel movimento di macchina di privilegiare un dettaglio da cui si dipana la digressione del narratore.

Nella stessa direzione vanno le soluzioni registiche sorprendenti alla fine dei vari quadri: geniale lo schizzo di sperma che si inabissa nella piscina alla fine della masturbazione contemporanea dei due ragazzi, dei quali è evidente l'attrazione reciproca nascosta sotto un machismo adolescenziale, che fa il paio con il film spagnolo dell´anno scorso, Krámpack. Riprende le molte sequenze subacquee che sono teatro della sfida tra i due, metafora della costante rivalità, che sfocia in cameratismo e poi in dirompente atto amoroso tramite Luisa, mediatrice.

Più volte la cinepresa, sovente intenta a oscillazioni e spostamenti in piano sequenza, lascia la scena che sta riprendendo, giudicandola conclusa e fa letteralmente spazio all´intervento della voce fuori campo – nel senso che va a cercare uno spazio diverso da quello dove si svolge (o si è appena conclusa) l´azione – per consentire un commento tangenziale o incidentale alla sequenza appena conclusa: dagli impegni che aspettano il presidente (probabilmente Salinas de Gortari) dopo la cerimonia mondana con gli altolocati parenti di Tenoch alla totale digressione avulsa dal racconto che si riaggancia soltanto per la comunanza della strada che si va percorrendo, quasi a voler seguire il pensiero di un eventuale guidatore (infatti l´inquadratura ritaglia proprio il campo visivo di un conducente) che ricorda un incidente surreale con tante piume di pollo svolazzanti: di nuovo la costante presenza della morte nell´immaginario messicano, che fa capolino in questo film in ogni situazione, ma sempre sorprendendoci, come nel caso del racconto da auto delle loro esperienze: Luisa narra di un folle amore adolescenziale con dovizia di particolari scabrosi, per concludere rivelando la morte diciassettenne di quel suo primo amore.


"La vita è come la schiuma, bisogna abbandonarsi come nel mare"


Notevoli esempi del piano sequenza che diventa ricerca autonoma al di là dei personaggi, abbandonati a loro stessi sono la scopata iniziale, realistica e scoperta da una intrusione della macchina da presa in una camera, poi lasciata con un percorso a ritroso dopo che l´intero coito viene ripreso in piano sequenza, comprese le ridicole promesse tra i due adolescenti; l´uscita di casa di Luisa, ripresa nei suoi gesti definitivi e poi lasciata scendere per le scale, mantenendosi rigorosamente aggrappati al piano sequenza, preferendo dunque seguire la partenza dalla finestra, raggiunta dal nostro occhio alla chiusura della porta d´ingresso. Ed è lo stesso appartamento in cui s´invola la macchina da presa nel momento in cui Luisa è ripresa mentre lascia un messaggio al marito: noi lo sentiamo attraverso la segreteria telefonica di quell´alloggio, visitato in precedenza con la stessa inquadratura e il medesimo movimento di macchina a ritroso, come a volersi allontanare dopo essersi intrufolati nella privacy di qualcun altro, che è la costante manovra del film che oscilla tra scandaglio curioso della vita dei tre protagonisti e allontanamento attraverso divagazione, espediente per non rimanere troppo coinvolti dalla trama (dalla vita). Solo che poi ci s´accorge che le digressioni finiscono su altrettante "fitte alla bocca dello stomaco": l´esilarante episodio della rivelazione dei tradimenti è utile anche per svelare un procedimento adottato dagli autori: mettere insieme i dettagli di un puzzle, facendosi raccontare ogni più piccolo indizio, tutti i particolari più insignificanti, quelli che con la voce off passano sotto quel silenzio di sospensione, sostituiti dalla voce che ci devia su altre informazioni.


È un sistema che permette di puntualizzare quell´unità di spazio e tempo che rimane stampata nel ricordo, quando si vuole recuperarlo: di ogni evento totalizzante, che rappresenta una svolta nella vita, si coltiva una memoria nitida di ogni gesto, eppure permane un distacco dato dalla lontananza della ricostruzione che ce lo fa rivivere con quel distacco che sempre si frappone quando esiste una narrazione. Il sistema di Cuarón è affascinante proprio perché ricalca lo stesso procedimento di rivisitazione, aggiungendovi la più evidente interferenza narrativa, quella che è a tal punto distaccata dalla realtà descritta da poter rivelare gli eventi che avverranno dopo la conclusione dell´intreccio; intanto nel presente diegetico ci vengono fornite altre informazioni che si trasformano in denunce della precarietà: le tantissime pattuglie di policia armata fino ai denti, i posti di blocco, le innumerevoli manifestazioni (introducendo la figura militante zapatista di Trotzkyna, la sorella di Julio). Però nell´epilogo si sancisce la preminenza della narrazione sul narrato: la più evidente forza dell´autorialità sul soggetto, del futuro sull´oggetto di narrazione, per assunto passato, infatti all´unisono il saluto tra i due amici ritrovatisi qualche tempo dopo ("Ci sentiamo, no?") viene annientato dalla voce che sa tutto, l´autore: "Non si vedranno mai più".