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Walls of soap and chocolate
Anno: 1997
Regista: Maggie Vaughan;
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: Sud Africa;
Data inserimento nel database: 24-03-1998


Walls of Soap and chocolate

Walls of soap and chocolate

Regia: Maggie Vaughan
Sceneggiatura: Marion Fallon, Nelius Resha
Montaggio: Maggie Vaughan
Suono: David Green
Formato: Betacam
Durata: 27'
Provenienza: South Africa
Distribuzione: Ubuntu TV and Film Production,
tel.: (2711) 244402, fax: (2711) 244501

"Tutto può essere poco, ma poco può essere tutto". É una sorta di cartello programmatico di questo film, che ha il pregio di offrire uno sguardo realmente nuovo su un aspetto tipicamente Sudafricano: le township. Normalmente l'obbiettivo europeo è filtrato da moralismi e cattiva coscienza e dunque al cospetto di quella realtà ha un moto di rifiuto, pietà, quando va bene di condanna, invece questo film permette di capire che non solo si può vivere in una realtà marginale, senza servizi essenziali per l'uomo bianco e sentirsi soddisfatti: "Conosci te stesso finché il muro è dietro di te" è un'altra scritta sui muri, che sottolinea l'autocompiacimento di quanto si è creato dal nulla e soprattutto il piacere di affermare il proprio gusto; quello che sorprende infine è il fatto che anche noi, imbevuti di pregiudizi occidentali, attraverso il film riusciamo a considerare plausibile il messaggio mediato dal film più di quanto non possa fare un autentica immersione fisica in quel contesto, perché parlando con la gente che vive nelle township ("gente senza sapienza, priva di cultura propria" recita un altro graffito efficacemente inquadrato dalla ripresa, che rimarca la condizione di partenza di totale nudità di questa gente sradicata anche dal Transkei, loro territorio di appartenenza) non si riesce a dimenticare che la nostra cultura non ci consentirebbe di gioire di quelle immagini e di quei colori; invece la loro conquista è proprio rappresentata dal poter imporre i propri gusti, espressi da deliziosi patchwork di colori, che non ci appartengono, ma possiamo capire che arrechino godimento nella loro estetica e il regista riesce a fare apprezzare anche ai nostri occhi quei cromatismi, che si confondono in un connubio perfetto con i tramonti in controluce e i panni stesi, che non sono mai banali estetizzazioni, ma sempre espressioni della loro conquista di una casa che, per quanto precaria, risponde ai loro canoni e soprattutto segna il passaggio dalla semplice sopravvivenza alla imposizione del proprio gusto. La differenza sottolineata sapientemente dal film è che ora quella gente ha uno scopo e dei desideri, che passano anche attraverso la scelta della carta da appiccicare alle pareti non solo per ingentilire i muri del titolo con i colori e le scritte pubblicitarie che adottano non in base ai prodotti, ma facendo affiorare una nuova significazione, prima di tutto cromatica e poi di assimilazione e inglobamento in quella comunità in frenetica evoluzione.

Al termine i nostri occhi sono sicuri di aver assistito alla costruzione di interi quartieri, che rispondono a criteri nuovi e giocosi. Il gusto per la vita è concentrato nella frase: "Ci piace così, con questa carta colorata, perché è la nostra casa", ed è la volgarizzazione della frase di Mandela, scritta sui residui di manifesti appiccicati anch'essi in modo da completare il mosaico dei muri: "Let's make happen where we live". Alla fine il quadro prodotto ci convince che è bello vivere in una township: "É umido e freddo, ma con il sole è di nuovo tutto a posto". A produrre questa impressione è anche una fotografia precisa, persino di notte i colori riescono a trasmettere il calore di una comunità soddisfatta di sé, che si produce in canti; la musica risulta centrale per completare l'atmosfera: si ha l'impressione di assistere alla nascita di qualcosa di nuovo. Somiglia, anche per i cromatismi a La Boca di Buenos Aires, dove nacque il tango e arrivarono pieni di speranze gli emigranti europei a creare qualcosa di nuovo, solare, gioioso. Anche qui c'è un progetto in grado di animare ciascuno: infatti, come all'inizio del film, vengono inquadrate scritte che si confondono con i molti messaggi sui muri e una di queste riassume: "Un investimento per il futuro".