NearDark
database di recensioni
Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!
Twin Town Anno: 1997 Regista: Kevin Allen; Autore Recensione: Luca Aimeri Provenienza: UK; Data inserimento nel database: 05-11-1997
Credits:
Directed by Kevin Allen. Sceneggiatura Kevin
Allen, Paul Durden. Prodotto da Peter McAleese.
Produttori esecutivi: Andrew Macdonald, Danny Boyle.
Direttore della fotografia: John Mathieson.
Production designer: Pat Campbell. Montaggio
Oral Norrie Ottey. Costumi: Rachel Fleming.
Musica Mark Thomas. A PolyGram Filmed
Entertainment presentation of a Figment Films
production, in association with Agenda.
Cast:
Llyr Evans, Rhys Ifans, Dorien Thomas, Dougray Scott,
William Thomas, Sue Roderick, Jenny Evans, Huw Ceredig,
Rachel Scorgie, Brian Hibbard, Biddug Williams, Ronnie
Williams, Di Botcher, Mary Allen, David Hayman, Michael
Cunningham, Morgan Hopkins, Sion Tudor Owen.
Swansea, Galles: città natale di Dylan Thomas,
scrittore, poeta, giornalista, conduttore radiofonico... non
lo conoscete? Beh, se siete degli amanti di Dylan Dog
dovreste sapere che il nome dell'"investigatore
dell'incubo" è un omaggio a questo autore (la
famosa battuta circa la pronuncia del nome proprio di Dog:
"Dylan, come Dylan Thomas"). Relativamente al film, vi basti
sapere che in una poesia Thomas definì Swansea "la
tomba dell'ambizione". Ed è proprio in tale "tomba"
che Twin Town è ambientato. Kevin Allen
utilizza una coppia di fratelli lisergici, liberi e
selvaggi, per scoperchiare una due tre... tombe, l'intera
cittadina; per spalancare armadi quattro-stagioni(/una vita)
zeppi di scheletri; per dimostrare che a Swansea l'ambizione
sarà pure morta, ma la corruzione, la
meschinità, la cattiveria, il cinismo, non solo sono
vivi e vegeti, ma costituiscono una maglia negativa che non
risparmia nessuno... La lucidità e la violenta ironia
sono probabilmente sinceri e motivati, tuttavia regista e
(co)sceneggiatore commettono l'errore di inserirli in un
contesto black-comedy piuttosto standard: il brulicare delle
carni putrefatte svelato oltre le staccionate ordinate e
bianche, aldilà dei giardinetti puliti e curati, non
si distacca da tante operazioni analoghe ambientate nella
provincia americana. E purtroppo, i personaggi dei due
fratelli rappresentano, pur nella loro (potenziale) forza
dissacratoria, quasi un accessorio, un espediente per
penetrare in una certa realtà e da accantonare subito
dopo l'ingresso: qualcosa di posticcio, e di poco
convincente. Delineati superficialmente, quasi relegati a
ruolo di macchiette, perdono la loro carica anarcoide per
strada, nelle loro scorribande automobilistiche su mezzi
fiammeggianti rigorosamente rubati, mentre si fa
vieppiù evidente una vena picaresca che ne cancella
progressivamente ogni forza d'impatto. Ciò che resta,
dunque, non è altro che una commedia nera in cui,
come da copione, un incidente insignificante genera una
escalation di violenza - grottesca nella sua
gratuità. Campionario completo degli insospettabili:
i poliziotti (corrotti), i ricchi (sfruttatori, boriosi,
disonesti), i figli (scapestrati e vittime), le mogli
(sottomesse, alla ricerca di un riscatto e di una via di
fuga, di un'uscita di sicurezza)... Altrettanto
completo l'abbecededario di intrecci, intrighi e sottotrame:
partite di droga, amori proibiti, prostituzione, vendette...
Fino a quando il gioco sfugge di mano. Il tutto strutturato,
nelle sue dinamiche interne di relazioni e contesto, come un
western classico: una cittadina dominata dal proprietario
terriero che compra tutto e tutti. Ed ecco che, quando la
matassa è bene intricata, viene recuperata la
"dinamica coppia": i fratelli escono dal loro torpore e,
novelli deus-ex-machina-al-funghetto-allucinogeno, risolvono
la situazione vendicando il vecchio padre in un finale
ampiamente prevedibile. Abbrutimento; innocenza assente,
forse perduta, più probabilmente mai esistita: certo
sempre simulata dietro una facciata di moralismo e di
fedeltà alla tradizione; partenze che sono fughe,
fughe che paiono rosee partenze verso nuovi orizzonti... Non
brutto, non noioso, ma nemmeno così "stupefacente" e
dirompente come poteva far supporre il nome di Danny Boyle
("Piccoli Omicidi tra Amici", "Trainspotting") nel ruolo di
produttore.
|