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Totò che visse due volte
Anno: 1998
Regista: Franco Maresco; Daniele Ciprì;
Autore Recensione: Giampiero Frasca
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 27-04-1998


Se níË parlato troppo e molto spesso a proposito

Ruderi esistenziali e filtri religiosi: censure irragionevoli

TOTO' CHE VISSE DUE VOLTE

Totò che visse due volte

Regia: Daniele Ciprì e Franco Maresco. Sceneggiatura: Daniele Ciprì, Lillo Iacolino, Franco Maresco. Fotografia: Luca Bigazzi. Montaggio: Daniele Ciprì, Franco Maresco, Cesar Augusto Meneghetti. Cast: Salvatore Gattuso (Totò), Marcello Miranda (Paletta), Carlo Giordano (Fefe), Pietro Arciadiacono (Pitrinu), Camillo Conti (prostituta del villaggio), Leonardo Aiello, Baldassare Catanzaro, Francesco Anitra (Giuda), Fortunato Cirrincione (Lazzaro), Gioacchino LoPiccolo, Francesco Arnao (Maddalena). Produzione: Lucky Red/Instituto Luce/Tea Nova. Prodotto da: Rean Mazzone. Bianco/nero. Italia, 1998. Durata: 1h e 33'.

Se n'è parlato troppo e molto spesso a proposito. Critici, uomini di spettacolo, addetti ai lavori, tutti uniti e pronti a stigmatizzare l'abominio di Totò che visse due volte nel nome di una moralità che, chissà perché, esce sempre allo scoperto in modo prepotente (fortunatamente) per svelare quali sono gli oscurantisti medievaleggianti dell'italica penisola. Si fa presto a guardare con ironico e sollevato distacco film come Il destino di Chahine o Keep Cool di Zhang Yimou, pensando a che società arretrate siano quelle in cui pellicole di questo tipo hanno problemi giudiziari. Si tira un lungo sospiro e ci si bea al pensiero di non vivere nel mondo islamico od in quello veterocomunista. Ma allora cosa è successo? Possibile che un'umanità dolente formata da personaggi sdentati, flaccidamente obesi, malati, formalmente analfabeti se non addirittura acefali, spaventi così tanto degli oscuri censori che, chiusi nelle loro buie stanzette, forse hanno perso il contatto con il reale? E perché poi questa analisi pretestuosa di note personalità, negativa ancor prima di aver visto il film in questione? Forse perché si toccano i nostri valori fondamentali, a volte così acriticamente lontani dalla cruda verità dei fatti? Totò che visse due volte, a prescindere dal valore della pellicola o dal gradimento del pubblico, è un film che sconvolge perché si serve delle nostre certezze per comunicarci a bruciapelo il disfacimento del mondo. Uomini che perdono la loro consistenza di esseri umani per diventare semplice dècor, ruderi esistenziali mimetizzati tra le rovine di un universo postindustriale che non ha alcuna speranza di rinnovarsi vista l'endemica mancanza di donne a cui affidare una possibile palingenesi. Ed anche la religione, l'ultima ancora a cui attaccarsi prima del naufragio definitivo nel nulla esistenziale che già ossessiona il microcosmo illustrato da Ciprì e Maresco, non offre alcuna garanzia: un povero cristo di periferia, Totò appunto, è la perfetta immagine della perversione dei tempi che non permettono nemmeno ad una icona sacra di svolgere pienamente il proprio compito. Infatti, in un capovolgimento molto più tragico di quello che può apparire a tutta prima, il periferico messia non morirà sulla croce nell'attesa di una speranzosa resurrezione, ma sciolto nell'acido dalla mafia in seguito ad una vile delazione. Sul Golgota palermitano vengono crocifissi tre disperati sicuramente già condannati dalla vita, per un rilievo metaforico che ben poco fa trasparire di positivo. Ciprì e Maresco conoscono profondamente il cinema ed il suo funzionamento, ogni loro inquadratura sfrutta apertamente ogni possibilità - anche sovvertendola - che il linguaggio cinematografico offre: la riflessione non è solo sul depauperamento incontrovertibile di una società ma anche sulle potenzialità linguistiche della macchina cinema. Superando, tra l'altro, anche i difetti concezionistico-strutturali che assillavano il loro primo lavoro Lo zio di Brooklyn, troppo debitore dell'esperienza televisiva di Cinico Tv per poter essere considerato un lavoro riuscito: infatti il problema del film precedente della coppia siciliana era che la "violenza" delle immagini arrivava sullo schermo con le stesse modalità con cui usciva dallo schermo televisivo. Ora, se nel medium domestico l'immagine arriva a bruciapelo mentre, ad esempio, una famiglia sta cenando, sortisce un certo effetto che può essere di raccapriccio, schifo o ribrezzo, ma se la stessa famiglia paga un biglietto per vedere le medesime cose al cinema, il gioco si fa scoperto ed il concetto di immagine che investe all'improvviso travolgendo viene sicuramente meno. Totò che visse due volte ha invece il merito di proporre una storia che può essere considerata paradigmatica di un'intera umanità allo sbando essendo, al contempo, rivestito da una struttura narrativa solida e valida.