NearDark - Database di recensioni

NearDark - Database di recensioni

Africa

Godard Tracker


Tutte le
Rubriche

Chi siamo


NearDark
database di recensioni
Parole chiave:

Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!


The Jackal
Anno: 1997
Regista: Michael Caton-Jones;
Autore Recensione: l.a.
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 11-02-1998


The Jackal (id.). Regia: Michael Caton-Jones. Dal romanzo: The Day of the Jackal di Frederick Forsyth (non accreditato). Basato sulla sceneggiatura di Kenneth Ross (The Day of the Jackal/Il giorno dello sciacallo, 1975). Sceneggiatura: Chuck Pfarrer. Fotografia: Karl Walter Lindenlaub. Musica: Carter Burwell. Montaggio: Jim Clark. Special fx: Foundation Imaging/Illusion Arts, Inc. Cast: Bruce Willis (The Jackal), Richard Gere (Declan Mulqueen), Sidney Poitier (Cater Preston), Diane Venora (Valentina Koslova), Mathilda May (Isabella), J.K. Simmons (Witherspoon), Richard Lineback (McMurphy), John Cunningham (Donald Brown), Jack Black (Lamont), Tess Harper (The First Lady). Produzione: Universal Pictures [MCA/Universal Pictures]/ Mutual Film Company/Alphaville Films. Usa, 1997. Dur.: 2h e 4'.

Nella colonna sonora (MCA): Prodigy, Bush, The Charlatans Uk, Massive Attack, Ani DiFranco, Goldie & J. Majik, Moby, Dollshead, Primal Scream, Fatboy Slim, Black Grape, BT featuring Richard Butler, Agent Provocateur, Lunatic Calm, Apollo Four Forty, L.T.J. Bukem.

Remake de Il giorno dello sciacallo di Fred Zinneman (The Day of the Jackal, U.K./Fra, 1973; sceneggiatura di Kenneth Ross, dal romanzo omonimo di Frederick Forsyth). Un remake di cui, come spesso accade, non si sente necessità guardando all'originale: thriller tanto lucido, nervoso, teso, calibrato, quello di Zinneman, quanto appannato, sgraziato, sbilanciato, prevedibile, risulta quello di Caton-Jones. Gli sceneggiatori giocano con troppe pedine, muovono troppi personaggi per riuscire poi a concedere loro lo spazio necessario per assumere spessore, perché emergano le relazioni tra di essi: tentano chiaramente di supplire ai limiti imposti dal "minutaggio" (già così alto) appiccicando senza sosta accenni a backstories stereotipate veicolate da dialoghi e situazioni più che standard... Lo stesso meccanismo viene applicato al co-protagonista Richard Gere, che viene relegato in secondo piano rispetto alla figura vieppiù invadente di Bruce Willis: Gere ci viene mostrato a smozzichi fino all'ultimo, semplicemente "tenuto in caldo" per il finale in cui i due nemici si fronteggiano nell'ennesimo inseguimento nei tunnel della metropolitana. L'attenzione è perlopiù focalizzata su un mutante Jackal/Willis misterioso terrorista mercenario che va avanti e indietro tra Canada e States con cannoni nascosti nella sacca da golf e profusione di baffi posticci e parrucchini; e che quando fa tappa si cimenta in omicidi - almeno due dei quali, conditi in humor nero e pennellati di splatter, rappresentano forse i momenti più riusciti dell'operazione. I protagonisti di "The Jackal" vorrebbero essere due, speculari ed opposti; le due facce del terrorismo: quello mercenario, e quello a fondamenta ideologiche; ma lo spunto viene appiattito, non risultando altro che uno dei tanti accessori inutilizzati della macchina narrativa. Analogamente non viene sviluppato il meccanismo della "partita" tra queste due figure: in particolare, essendo, come detto, il personaggio di Gere in ombra (al limite della s/comparsa) rispetto a quello dell'antagonista, agli sceneggiatori non resta altra soluzione che attribuirgli l'ormai stravista capacità di immedesimazione nel nemico, mentre ogni snodo della detection è risolto grazie alle sue intuizioni e folgorazioni (nel partorire le quali Gere sfoggia tutto il suo bagaglio di occhi-a-fessura per lo sforzo loico, di sguardi "altrove" e spalle all'interlocutore, di scatti trattenuti e pettorali gonfiati da lunghi sospiri di autocontrollo ecc.: una fastidiosa galleria di tic recitativi che, se è vero che questa è l'ultima interpretazione dell'attore, non ce lo farà rimpiangere). Parimenti mal condotto il gioco sui "generi" e modelli di riferimento: la sceneggiatura raffazzonata e grossolana (senza alcuna trovata) non permette a "The Jackal" di essere un valido thriller, né un ben orchestrato "plot of pursuit" (intreccio di caccia all'uomo); tantomeno viene esplorata la potenziale (ed esigente) natura "action" del confronto. "The Jackal" è come un pallone che viene gonfiato, gonfiato, fino al limite, ed infine, invece di esplodere, si sgonfia con un sibilo fastidioso: per un'ora e quarantacinque seguiamo i preparativi di un attentato che quando si verifica ha del grottesco nella sua semplicità e frettolosità, e nella sua povertà di impianto spettacolare. E non si tratta di una "caduta" in quel preciso momento narrativo, piuttosto di un errore di costruzione più generale: in "The Jackal" è totalmente assente la progressione drammatica, l'escalation del conflitto tra protagonista e antagonista (è la conseguenza più diretta ed esplicita della distanza dal nucleo dell'azione di Gere); nel finale, segmento deputato all'esplosione fragorosa di ogni tensione impostata nell'arco del racconto, la mancanza di deflagrazione si fa più evidente. La regia di Caton-Jones, dal canto suo, non può supplire alle carenze di scrittura: illustrativa, quasi "di servizio", senza invenzioni che amplifichino la portata della materia narrata, senza alcuna volontà di creare suspense (probabilmente sarebbero comunque state energie sprecate). Sceneggiatori che girano a vuoto su stereotipi e che trascurano, al limite della caparbietà, qualsivoglia regola o "contro-regola" di scrittura e di orchestrazione drammatica; ricerca formale, visiva, latitante; come se l'etichetta "remake" sancisse la garanzia del prodotto e non la necessità di uno sforzo ancora maggiore nella prospettiva di un superamento del modello pre-esistente; come se il trio di star (Gere, Willis, Poitier, tutti sottotono, al pari del resto del cast) fosse sufficiente a dare vita a personaggi credibili; come se i volti noti e la "preconoscenza" di essi da parte del pubblico fossero elementi bastanti a creare empatia tra spettatore e personaggio... Team (non)creativo in pieno relax per un remake superfluo e superficiale sfacciatamente in odore di operazione commerciale: risultato gelido, asettico, noioso; troppa carne al fuoco senza nemmeno l'odore di bruciato.