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Assassin(s)
Anno: 1997
Regista: Mathieu Kassovitz;
Autore Recensione: Federica Arnolfo
Provenienza: Francia;
Data inserimento nel database: 06-08-1998


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Assassin(s)
di Mathieu Kassovitz, Francia, 1997

Prendete uno dei due giovinotti coi guantini bianchi di "Funny Games". Magari il più furbetto, quello bruno. Fatelo crescere, meglio, fatelo invecchiare. Fatelo trasferire in Francia e dategli le fattezze del bravissimo Michel Serrault (qui, straordinario). Continuerà ad uccidere, ma non lo farà più per gioco, per divertimento, per "intrattenimento". Lo farà per lavoro, seguendo una ferrea etica professionale. E non cercherà più un pubblico cui strizzare l'occhiolino, perché non ne avrà più bisogno: il suo pubblico è il giovane allievo che si è scelto per insegnargli il mestiere e passargli il testimone.

Michel Serrault è Wagner, sicario professionista che ha deciso di trovarsi un sostituto e mettersi a riposo. Sceglie Max (Mathieu Kassovitz, regista del film), un ladruncolo da quattro soldi, e comincia a spiegargli tutto: che ogni omicidio va compiuto con l'arma giusta, che un lavoro una volta pagato va portato fino in fondo (reminescenze dal Lee Van Cliff di "Il buono, il brutto, il cattivo"?), che non bisogna lasciarsi corrompere dalle vittime, "altrimenti potevi fare il politico", afferma non senza cinismo. Ma Max non ce la fa, forse non è marcio sin nel midollo come il ragazzino che prenderà il suo posto...

Cinismo, dicevo. Che è senza dubbio la parola chiave di questo film. Cinismo e televisione, lo schermo quadrato con le sue immagini sempre uguali che entra dappertutto ed invade ogni luogo: la stessa violenza che è lì fuori, è anche lì dentro, ed i piani della visione si intersecano l'uno nell'altro facendoci perdere, forse volutamente, più di una volta le coordinate. La televisione "spara", né più né meno dei personaggi del film. Che non mutano espressione se sparano ad un uomo o ad una sagoma in un videogame, o ad un'automobile in un garage abbandonato. Violenza sottile, inquietante, spiazzante, fino all'incredibile e splendido piano sequenza finale: un minuto prima era scomparso l'audio, un minuto dopo lo spegnimento. Il nulla. Il puntino bianco su fondo nero.
Un film straordinario, di quelli che prendono e ti entrano dentro, ti scavano e ti ammutoliscono. Come Michel Serrault, che ad un certo punto entra in una discoteca e ne esce stordito, tanto che Max, spaventato, lo porta al Pronto Soccorso. Ed un fortissimo atto d'accusa verso la violenza che si consuma sui media, verso la violenza "commercializzata", più che spettacolarizzata.
Bravissimo Mathieu Kassovitz. Mi aspettavo un gran film, dal regista de "L'odio". Con questo "Assassin(s)" riesce anche a superare le mie aspettative.