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Shakespeare in Love
Anno: 1998
Regista: John Madden;
Autore Recensione: Federica Arnolfo
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 05-03-1999


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Shakespeare in love
Di John Madden
Con Joseph Fiennes, Gwyneth Paltrow, Colin Flirth, Geoffrey Rush, Judy Dench, Ben Affleck, Rupert Everett

Qualche giorno fa, su una rivista, ho letto di un albergo di gran lusso a Las Vegas che sta ricostruendo P.zza San Marco di Venezia a grandezza naturale. Buffi, questi americani, che quando non possono avere una cosa la copiano pari pari... magari dentro questa scenografia, l'illusione sarà anche perfetta, ma sempre di illusione si tratta...

Divago ancora: ve lo ricordate lo sceneggiato televisivo su "I promessi sposi" di qualche anno fa? Vi ricordate chi interpretava Don Abbondio? Il buon, caro, vecchio e bravissimo Alberto Sordi. Lo confermo: bravissimo. Peccato che un curato di Lecco difficilmente potrebbe parlare con uno spiccato accento romano.

"Shakespeare in love" mi ha fatto pensare a tutto questo, sin dalle prime inquadrature, che così tanto sanno di finto e stantio, e sin dall'apparire di Joseph Fiennes, che, seppure di natali inglesi, decisamente non possiede il "phisique du role"


La Paltrow, perlomeno, un visino inglese potrebbe anche far finta di averlo, anzi per dirlo con la regina Elisabetta, "l'illusione è quasi perfetta". Vero. Se si riesce ad ignorare il carton gesso che sta dietro alle pareti della finta basilica di San Marco, se si chiudono le orecchie quando parla don Abbondio, ci si diverte, ci si arriva (quasi) a commuovere.
Ed in fondo delle cose buone, e molto, in questo film non mancano: Rupert Everett continua a far salire le quotazioni dei film dove non recita da protagonista (anche se la rivalità Shakespeare-Marlowe suona troppo simile a quella Salieri-Mozart nel bellissimo "Amadeus" di Milos Forman per entusiasmare più che tanto), e l'accenno al grandissimo Webster è quasi un tocco di genio ("sì, mi e' piaciuto soprattutto quando lei si pugnala!"). Ma - purtroppo - per quanto perfetta (anzi, forse per questo) rimane tutto una grandissima illusione... di carton gesso. E se un americano vuole davvero vedere Venezia, gli tocca pur sempre prendere un aereo e attraversare l'oceano. Per fortuna.