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Scream
Anno: 1996
Regista: Wes Craven;
Autore Recensione: Andrea Caramanna
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 05-11-1997


 "La provincia del terrore"

Il terrore viene dalla provincia, il terrore abbandona in questo fine millennio le città, quelle grandi, le immense metropoli, le cui immagini, per un effetto moltiplicatore rimbalzano nei media, diventano familiari, rassicuranti e anche poco oscure. Così a nessun regista verrebbe in mente di ambientare un thriller o un horror all'ombra della statua della Libertà o della torre Eiffel o del Colosseo. Che vuoi che ci sia da quelle parti? Solo frotte di avidi turisti a caccia di icone. La provincia diventa Altro. Ambiente inesauribile, percorso cinematografico di fine secolo obbligato. Già Fargo, uno degli esempi più illuminanti di "provincializzazione" del cinema (che colpisce anche gli altri generi, vedi un Dante's peak per esempio) suggeriva che orrore e provincia vanno a braccetto. Si tratta di una provincia del Luogo per eccellenza.. Il terrore ormai ha bisogno di un'essenza virtuale, non può essere rappresentato in un contesto che non si provincializzi, che non si nutra di piccole cose quotidiane. Un orrore-terrore divora i territori più intimi del nostro universo tattile-visivo-olfattivo-uditivo quotidiano. Craven opera un lieve spostamento rispetto a Nightmare, il sogno vivo, (cir)confuso di/con la realtà diventa realtà suggerita dal sogno, dall'immaginario cinematografico del genere horror, dove le sequenze si incrociano o si succedono per scelta di un regista che operi dall'altra parte dello schermo (lo stesso Craven, i giovani protagonisti cinefili).

Ma oltre alla deterritorializzazione del genere, c'è anche un massacro del meccanismo cinematografico di rappresentazione, dove gli elementi diegetici e non, vengono continuamente destabilizzati, privati del luogo di origine, alle volte ripercorsi con ironia e sottolineature varie. Si passa quindi da una sequenza classica all'altra: l'assassino che parla con la vittima, ci giuoca, la spia, come avviene in tutti i classici del genere. Basterebbe sfogliare qualche titolo per salvarsi dagli omicidi.

In questo massacro dove l'invenzione risulta impossibile è la ripetizione ossessiva oggetto di perversione: la visione che si ripete, si ritualizza (i protagonisti si riuniscono per assistere alla proiezione delle videocassette: proiezione delle loro-nostre paure primordiali), passa attraverso le innumerevoli sfumature catartizzandosi, per (ri)vivere, per continuare la sua esistenza. E non è un caso che il titolo Scream, l'urlo, richiami una dimensione primitiva della Paura, dell'Angoscia, che metonimicamente si fa Urlo.