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Rien ne va plus Anno: 1997 Regista: Claude Chabrol; Autore Recensione: Giampiero Frasca Provenienza: Francia; Svizzera; Data inserimento nel database: 19-01-1998
Rien ne va plus
(id.) Sceneggiatura e regia: Claude Chabrol.
Fotografia: Eduardo Serra.
Musica: Matthieu Chabrol.
Montaggio: Monique Fardoulis.
Cast: Isabelle Huppert (Betty), Michel
Serrault (Victor), François Cluzet (Maurice),
Jean-François Balmer (Monsieur K), Jackie Berroyer
(Chatillon), Jean Benguigui, Mony Dalmès, Thomas
Chabrol, Greg Germain, Nathalie Kousnetzoff. Prodotto
da: Marin Karmitz, Jean-Louis Porchet, Gérard
Ruey. Vincitore del Festival di San Sebastian.
Francia/Svizzera, 1997. Dur.: 1h e 44'.
Rien ne va plus è la cinquantesima fatica
di Claude Chabrol. L'autore di A double tour, dopo la
sua ultima pellicola Il buio nella mente, torna con
questa sottile commedia che solo a tutta prima può
sembrare un divertissement. Storia di due piccoli
truffatori (Michel Serrault ed Isabelle Huppert) che vivono
ai margini di una società che non amano, adorano
"fregare il fisco" e trovarsi in costante viaggio alla
ricerca di vari colpi da mettere a segno. Convinti assertori
del "rubare poco in modo che il derubato non se ne accorga",
la coppia (cosa sono?, amanti, coniugi, padre e figlia, zio
e nipote, amici, colleghi, parenti in senso lato,
semplicemente complici? Chabrol si diverte, dissemina esche
che non conferma, fa in modo che i due si guardino, e da
distanza ravvicinata, profondamente negli occhi, allo
spettatore pare che si avvicinino l'un l'altra, che, forse,
finalmente arrivino a baciarsi chiarendo il legame... ma il
film finisce lasciando nello sconforto lo spettatore
più intransigente, ancora schiavo, nonostante anni di
rottura convenzionale e sintattica da parte delle varie
nuove ondate, dei canonici ed opprimenti criteri
narrativi hollywoodiani. Chabrol, sornione, sogghigna e si
beffa di questo) si trova in un affare molto più
grande di quanto non le accada solitamente, in mezzo a
malavita organizzata e traffici illegali con l'estero. E qui
i due istrionici personaggi mettono in scena una recita
dentro la recita, fingendosi spaventati dall'enormità
della situazione, portando di fatto fuori pista gli esperti
malviventi e, con loro l'ignaro spettatore, che
rimarrà ingannevolmente convinto fino alla fine della
sconfitta dei due complici. Ma a ben guardare Chabrol, con
un solo, piccolo, movimento di macchina su una misteriosa
valigia chiusa, suggerisce la giusta via da seguire per non
rimanere beffati come la crudele banda di delinquenti: sta
allo spettatore sfruttare quella che è una vera e
propria intrusione dell'istanza narrante nel semplice ed
immediato svolgimento dei fatti. Ma non importa poi un
granché: la storia è lì, ben narrata da
un grande maestro del cinema contemporaneo, e non importa se
si rimane sorpresi e spiazzati dall'andamento del film, non
c'è un premio per chi si accorge prima degli altri
della beffa. È tutto solo una dimostrazione del
perfetto modo di realizzare una pellicola cinematografica
senza essere schiavi del movimento aggirante ed iperbolico,
della trovata ad effetto, del ritmo mozzafiato. E, anche se
lo stesso Chabrol ammette candidamente di aver girato
qualche film veramente orrendo ("almeno una decina di cui
vergognarsi veramente") solo per procurarsi il denaro
necessario per tirare avanti, in Rien ne va plus la
dimostrazione di un buon film fatto con tante idee non
concretizzatesi in manierismo di facciata, è certo
ben evidente. Anche i costanti riferimenti alla commedia di
Lubitsch (Montecarlo e Mancia competente,
soprattutto) non sono altro che un gioco. Un gioco in cui ci
si ritrova tutti insieme ad amare il cinema nella sua forma
più compiuta.
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