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Petits Frères
Anno: 1998
Regista: Jacques Doillon;
Autore Recensione: Andrea Caramanna
Provenienza: Francia;
Data inserimento nel database: 27-07-1999


Visto al
Taormina 
Film Fest 99
Petits Frères

Petits Frères

Regia: Jacques Doillon
Fotografia: Manuel Teran
Montaggio: Camille Cotte
Interpreti: Stephanie Touly (Talia), Iliès Sefraoui (Iliès), Mustapha Goumane (Mous), Nassim Izem (Nassim), Rachid Mansouri (Rachid)
Produzione: Marin Karmitz, MK2 Production
Origine: Francia, 1998
Durata: 92', 35 mm
In concorso

Solo pochi cineasti si cimentano in opere così "ortodosse", costruiscono con rigore geometrico un cinema severo, immune da condizionamenti e mode. Petits Frères è il ritratto preciso, meticoloso, di un gruppo di ragazzini, piccoli delinquenti, abitanti delle periferie, luoghi oscuri dove la polizia non è in grado di fermare o arrestare nessuno, perché il rapporto di forza è a favore dei piccoli criminali più numerosi e gli inseguimenti si concludono sempre con un nulla di fatto, giacché è impossibile per i poliziotti penetrare i segreti di tutti i nascondigli. Questi ragazzini parlano già come adulti, conoscono le regole dell'esistenza, di un'esistenza dalla quale non si aspettano alcunché, forse solo di diventare nel giro di pochi anni criminali più abili e esperti. Il cinismo dei loro dialoghi è pari e anche superiore a quello dei grandi, dai quali si distinguono esclusivamente per la taglia ridotta, per cui devono accontentarsi, per il momento, di piccoli furti, di scambi di favore con i criminali più forti. Siamo certo in una situazione paradossale, la descrizione di un mondo quasi incredibile, conosciuto solo attraverso le cronache dei giornali, poiché è difficile immaginare che a tredici anni questi petits frères abbiano completamente perso il candore della loro età.
Lo stile di Doillon è distaccato, uno sguardo neutro il cui obiettivo è di spogliare l'occhio della macchina da presa da considerazioni morali. Cosicché il comportamento criminale desta più che altro stupore invece che sgomento, perché la descrizione di Doillon tende a far percepire la condizione dei minorenni protagonisti come una situazione assolutamente normale.
La vicenda centrale della protagonista Talia, che disperata va alla ricerca della cagnetta Kim che le è stata rapita, è un pretesto per orientare lo sguardo verso uno dei mali della nostra società: l'addestramento crudele dei cani pitt bull al combattimento, causa di innumerevoli sofferenze per povere e innocenti bestiole, e in questo caso si spinge alla dolorosa descrizione del corpo martoriato e sanguinante dell'animale.