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La Gabbianella e il Gatto
Anno: 1998
Regista: Enzo D'Alo';
Autore Recensione: Adriano Boano
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 24-12-1998


Lanterna Magica

La Gabbianella e il Gatto

Regia e Soggetto:
Enzo D'Alò

Fedele al dettato del romanzo di Sepulveda, nonostante l'inizio indulga maggiormente a scavare le vicende della tribù dei gatti, in omaggio ai cliché dei cartoons, rispettati al punto da introdurre una guerra con i topi, che nel testo non aveva questo rilievo; i roditori risultano utili però per proporre un punto di vista esterno in certe situazioni e perché il pubblico non solo infantile se l'aspetta. Quello che si attende molto meno sono tre o quattro inserimenti di ottimo cinema d'animazione e quasi tutti utilizzati per rappresentare il sogno: bellissimo poi come viene risolto il dialogo con l'umano, che nel libro era verboso e molto retorico, mentre nel film attinge la poesia dalla visiva connotazione onirica e dal tratto meno definito l'idealità della situazione.

Rispetto ai prodotti industriali si nota un'attenzione per i cromatismi che mescolano ottimamente colori uniformi e acquerelli, usati soprattutto negli sfondi che al contrario del solito vivono di vita propria, conferendo non solo spessore, ma raccontando anch'essi la storia.

Il lavoro di D'Alò e compagni mantiene lo spirito del libro, perché esalta entrambi i temi essenziali: il rispetto per il diverso come tale, evitando il fanatismo di chi vorrebbe uniformare e fagocitare la natura altrui, e la denuncia ecologista. Ben introdotto a questo proposito il volo dello stormo, a tratti ridotto a virgole bianche, che rimangono realiste come i "primi piani" (perfetti nel dettaglio e nel movimento), mentre di forte impatto, pur senza toni minacciosi, è la rappresentazione dell'onda nera di petrolio. Si perde un po' il fervore sperimentale della Lanterna magica, probabilmente se ci fosse ancora Gianola gli inserti di fantasia liberata dalla coerenza di ambienti, luoghi e tempi, sarebbero stati molti di più; probabilmente a detrimento del successo della pellicola, ma fornendo un prodotto al servizio dei molteplici universi, che si indovinano ogniqualvolta si scatena il sogno o l'incubo (la sequenza della rivelazione a Fortunata della sua natura pennuta all'interno del museo di scienze naturali, tenebroso e che trascolora sui toni bruni dell'incubo e del temporale, coglie a pieno l'equilibrio cercato dagli autori tra animazione classica e bizzarrie). Quegli universi sono la peculiarità del disegno animato con la sua capacità di trascorrere dall'uno all'altro attraverso movimenti di macchina che non sono tali, inabissamenti e impennate dell'intero piano visivo, oggetti che si scompongono e trascolorano in modo innaturale.

Nota di biasimo per la colonna sonora: a parte Albanese; Melba Ruffo poteva essere evitata senza traumi, come non si sarebbe sentita la mancanza di Verdone, mentre le canzoni sono non solo oltremodo discutibili, ma spesso spiacevoli e musicalmente diseducative. Bravissima la voce della gabbianella: rimane in testa la richiesta di cibo, accompagnamento preciso delle movenze dell'animaletto. "Pappa, pappa, pappa ...".