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L'arrière-pays - L'entroterra
Anno: 1998
Regista: Jacques Nolot;
Autore Recensione: Andrea Caramanna
Provenienza: Francia;
Data inserimento nel database: 09-09-1998


Tao 98
Visto a TaoCinema 98L'arrière-pays (Hinterland - L'entroterra)

di: Jacques Nolot; sceneggiatura Jacques Nolot

fotografia Agnès Godard; montaggio Martine Giordano; scenografia Patrick Durand; suono Jean-Louis Ughetto; interpreti Jacques Nolot (Jacques), Henri Gardey (Yvan), Henriette Sempé (Aimée), Mathilde Moné (la madre), Raphaëlline Goupilleau (Annie), Simone Artus (Simone), Christian Sempé (Alain), Christine Paolini (Thérèse), Yvette Etchegaray (Jeofrette), Eloïse Mignot (Jeanine), Germaine Levrel (Germaine), Cathy Pagès (Aurore), Roland Moné (Roland); produttore esecutivo Philippe Missonnier; produttore delegato Laurent Bénégui produzione Magouric Productions; origine Francia, 1998, colore, 35 mm., 90'

Sembra quasi un film "normale" l'Arrière-pays, costruito con una semplicità davvero rara, intenso dal primo all'ultimo minuto. Opera poetica sulla memoria, alla ricerca del tempo perduto, di un'infanzia lontana. Percorso di luoghi familiari del paese natale, ritorno nella casa dei genitori. Il primo lungometraggio di Nolot, noto attore e sceneggiatore tra cui Niente baci sulla bocca di André Téchiné, è girato a Marciac, il paese dove è nato e dove ha vissuto le più grandi emozioni della sua vita. Il racconto autobiografico ha un'eccezionale impronta stilistica. Una sequenza forse, mai vista al cinema: le ultime ore della madre malata, distesa sul letto poi, appena morta, nuda in attesa di essere vestita dai familiari, per il funerale. Alla mdp non sfugge alcun particolare: come la scelta del vestito o l'orologio al polso della madre che il figlio slaccia e poi il padre furente riallaccia e il momento in cui la veste è trascinata sotto il corpo immobile. Operazioni che si svolgono in una dimensione temporale autentica senza alcuna ellissi, senza alcun compiacimento, in un'atmosfera di sincero dolore. Segue il momento in cui il corpo della madre è posto nella bara, l'accompagnamento nella camera ardente dove riceve la benedizione di un prete, la messa di addio, il saluto dei parenti, degli amici al cimitero: ognuno di loro getta un pugno di terra nella fossa tombale. Sono queste lunghissime sequenze - la vestizione della madre e il rito funebre al cimitero - la parte più emozionante del film.

Il protagonista si racconta con un tono sempre dimesso, con una sottile ironia che affiora all'improvviso, con poche parole e molti sguardi, sottolineando al contempo come alcuni momenti della nostra vita, anche quelli più drammatici, possono, e basta una situazione che improvvisamente si capovolge, risultare ridicoli: Jacques, volto noto della televisione, concede autografi ad alcuni fan all'uscita del cimitero dove è stata appena seppellita la madre; il suo amico, padre della ragazza con cui si reca in discoteca una sera, gli chiede se sono stati insieme, e noi sorridiamo per l'equivoco, perché l'autore ci ha appena dichiarato la propria omosessualità, nell'incontro "clandestino" nella toilette della stessa discoteca.

Altri particolari si aggiungono, si sommano, come lo svelamento di segreti: Yvan non è il vero padre di Jacques perché la madre aveva un'amante. E lo stesso padre incapace di un rapporto "tranquillo" con il denaro, che sperpera impunemente comprando polpa di granchio da offrire sui tetti alle lucertole che ne sono ghiotte.