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L'amore molesto Anno: 1995 Regista: Mario Martone; Autore Recensione: Andrea Caramanna Provenienza: Italia; Data inserimento nel database: 06-05-1998
l'amore molesto
L'AMORE MOLESTO
REGIA: MARIO MARTONE
SCENEGGIATURA: MARIO MARTONE dal romanzo di ELENA FERRANTE
FOTOGRAFIA: LUCA BIGAZZI
INTERPRETI: ANNA BONAIUTO (DELIA), ANGELA LUCE (AMALIA), GIANNI
CAJAFA (FILIPPO), PEPPE LANZETTA (ANTONIO POLLIEDRO), GIOVANNI
VIGLIETTI (CASERTA ANZIANO), LICIA MAGLIETTA (AMALIA GIOVANE), ENZO
DE CARO (CASERTA GIOVANE)
NAZIONALITÀ: ITALIA 1995
Martone, in questo suo secondo
lungometraggio, dopo il bellissimo ed intenso "Morte di un matematico
napoletano", cavalca decisamente l'onda della napoletanità.
Intendiamoci, la sua "quasi" operazione culturale è una scelta
improba, perché oggi, fare o proporre o anche semplicemente
parlare di cultura è difficile; perché si è
persa l'abitudine di ascoltare, riflettere, e di essere totalmente
disponibili di fronte ad un'opera d'arte, in questo caso un film, che
può avere caratteristiche del tutto aliene dal carattere e
dalla personale cultura ed educazione di chi guarda o ascolta.
L'opera di Martone è una efficace prova autoriale, un
tentativo di scavare a fondo nella misteriosa e sfuggente psicologia
dei rapporti umani, in questo caso profondamente influenzati e legati
alle atmosfere claustrofobiche e indolenti di una Napoli degradata e
fatiscente vicina al collasso. La protagonista, Delia (Anna
Bonaiuto), è una giovane disegnatrice sulla trentina, che ha
lasciato Napoli per Bologna. Da qui riceve alcune strane ed
inquietanti telefonate dalla madre Amalia (Angela Luce), che presto
morirà annegata non si sa bene se suicida. Delia così
ritorna nella città natale. Fa una sorta di viaggio a ritroso
nel tempo, rivivendo emotivamente il passato, grazie all'incontro con
i personaggi della sua infanzia. La madre di Delia, benché
morta, è il fulcro di tutta la vicenda per avere determinato
con il suo amante i turbamenti di Delia bambina e del marito pittore.
Si scopre presto che i rapporti tra madre, marito e figlia sono
alquanto complessi, inesorabilmente soffusi da perversioni, gelosie,
e nevrosi di ogni tipo. Per esprimere i cangianti gradienti emotivi
dei protagonisti risulta determinante l'apporto della fotografia di
Luca Bigazzi, capace di ricostruire i grotteschi e lugubri ambienti
della metropoli campana. Insomma un film di cui senz'altro suggerire
la visione, se non altro per la sincerità di un autore che
dimostra anche questa volta l'impellente necessità di
raccontare una vicenda attraverso personali ed originali mezzi
espressivi e dialettici (utilizzando giocoforza l'idioma napoletano),
infischiandosene completamente di compiacere larghe fasce di
pubblico.
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