NearDark - Database di recensioni

NearDark - Database di recensioni

Africa

Godard Tracker


Tutte le
Rubriche

Chi siamo


NearDark
database di recensioni
Parole chiave:

Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!


I misteri del convento
Anno: 1995
Regista: Manoel de Oliveira;
Autore Recensione: Giampiero Frasca
Provenienza: Portogallo;
Data inserimento nel database: 17-05-1998


I MISTERI DEL CONVENTO

I misteri del convento. Scritto e diretto da Manoel de Oliveira. Con J. Malkovich, C. Deneuve, L. M. Cintra. Portogallo, 1995. Dur.: 1h e 30'.

LO SCEMPIO. E' un vero e proprio scempio culturale quello di far uscire I MISTERI DEL CONVENTO del maestro portoghese De Oliveira più di un anno dopo (luglio 1996) la presentazione al Festival di Cannes. Questi sono film considerati "minori" dalla distribuzione italiana e sistemati nella programmazione delle sale intorno al periodo estivo come proiezioni "cuscinetto" che preparino alle grandi (sic!) uscite di settembre. Se il cinema è sempre più un fatto economico, ci conviene godere di questi effimeri momenti di gloria.

IL REGISTA. Ormai è ottantenne, ma è sempre lucido e fine nelle sue riprese lente che ricalcano lo stesso denso e fenomenologico fluire della vita. Manoel de Oliveira, sin dal suo primo documentario "Douro, Faina Fluvial" (1929), regala pagine di raffinatissimo cinema. Non sempre compreso, non sempre amato, ma degno del più grande rispetto.

LA STORIA. John Malkovich è un professore che, in compagnia della moglie (Catherine Deneuve), giunge in un convento per suffragare, grazie ai testi ivi presenti, la sua teoria che ipotizza Shakespeare di origine ebraico-spagnola. Ma un diabolico custode ed un'angelica assistente, con il loro gioco di tentazioni e seduzioni, innescheranno reazioni che porteranno lo studioso e la consorte a riscoprire il valore primario del loro legame.

L'ANTITESI. E' la figura retorica che governa il film. Tutto è fondato su confronti antitetici: uomo e donna, bene e male, luce e tenebre, segreto e conoscenza, santità e demonismo. La grande capacità di de Oliveira è di far emergere questi concetti attraverso un uso accorto, quasi lineare, del campo e controcampo che sottolinea adeguatamente le posizioni ben delineate dei personaggi, la loro morale evidenziata dai sottili dialoghi.

L'AMBIENTE. Ha tutti i crismi per essere considerato un personaggio della vicenda. Sia il convento con le sue arcate, i teschi, le statue decapitate dal tempo o da costumi satanici, gli anfratti bui...; sia lo spazio circostante, con rami ed alberi contorti che sembrano quasi insinuarsi nelle coscienze e nei dubbi degli individui, interagiscono con i personaggi della storia. Ambiente come principio motore e deposito delle menti: da un lato muove la situazione, dall'altro si pone come momento di riflessione per l'acquisizione della verità pacificatrice.

IL DEMONIO. A prescindere dal riferimento continuo al "Faust" di Goethe, Luis Miguel Cintra nei panni di Baltar, il custode dell'ex-convento ormai biblioteca, è un demonio con le carte perfettamente in regola: contorno degli occhi marcato, sguardo desiderante e bramoso, giacca nera e camicia rossa. Sin dalla sua prima apparizione il solforico Baltar rende palese la sua appartenenza al regno degli inferi, sovrapponendo la sua figura al drappo rosso appeso al muro con il pentacolo rovesciato, noto simbolo demoniaco. Tralasciando poi gli effetti luministici che caratterizzano la sua stanza con una soffocante luce rossastra o con un'espressionistica ombra sul suo volto quando discute con il professore. O ancora, i controcampi che lo vedono spesso inquadrato dall'alto per evidenziare il suo emergere dalle viscere. E se non fosse ancora chiaro dalle modalità della messa in scena, ci penserebbero le sue parole a fugare qualsiasi dubbio.

DISCORSO SULLA TECNICA. Poco da dire oltre ai già menzionati campi e controcampi; colpiscono alcune "soggettive sfalsate", sguardi che si concretizzano in un'inquadratura nel momento in cui la fonte visuale si rivolge altrove, o che addirittura anticipano la visione da parte del personaggio. Infine, le musiche di Sofia Gubaidulina e Igor Stravinski sono inquietanti e sufficientemente lugubri per assolvere la funzione di un lungo basso continuo che accompagni il pubblico per tutta la durata della pellicola.