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Hong Kong Express - Chongqing Senlin Anno: 1994 Regista: Wong Kar Wai; Autore Recensione: l.a. Provenienza: Hong Kong; Data inserimento nel database: 18-03-1998
Hong Kong Express (Chung King Express)
scritto e diretto da Wong Kar Wai. Con B. Lin Chin-Hsia, T.
Kaneshiro, T. Leung Chiu-Wai, F. Wang, V. Chow. Hong Kong, 1994.
"Hong Kong Express" (1994) sembra essere la prova generale di
"Angeli Perduti" (Fallen Angels, 1995). Come in quest'ultimo, Wong
Kar Wai lavora su più personaggi, e su più storie,
strutturando la narrazione non secondo alternanze, parallelismi e/o
intrecci, ma organizzandola in una sorta di "staffetta", in cui il
testimone è costituito dalla voce narrante dei protagonisti,
ed il risultato è un effetto di slittamento di focalizzazione:
i personaggi prendono la parola a turno e ci aprono le porte della
loro interiorità, commentando la situazione che stanno
vivendo. Meno complesso, organico e costruito di "Angeli Perduti",
meno legato e per certi versi meno classico, "Hong Kong Express"
è costituito da due blocchi drammatici indipendenti, da due
storie che si sfiorano in un solo punto: nel momento in cui, tanto
impercettibilmente quanto dichiaratamente, finisce il primo segmento
ed ha inizio il secondo. I protagonisti sono quattro: un poliziotto
in borghese lasciato dalla fidanzata, ed una dark lady organizzatrice
di traffici di droga, nella prima parte; un poliziotto in divisa
piantato dalla propria compagna, ed una giovane e sognatrice
cameriera di fast-food, nella seconda. Per rendere meno scollate le
due storie, ma soprattutto per sottolinearne l'appartenenza ad una
medesima realtà sociale e ad un determinato spazio (il
quartiere Chungking House), Wong Kar Wai fa muovere i suoi
looser lungo i medesimi percorsi, sfruttando un fast-food come
riconoscibile centro del babilonico e labirintico universo
rappresentato, punto di origine e di arrivo di ogni fuga e di ogni
vagabondare. Sequenze ambientate al fast-food aprono e chiudono il
film, e lo snodo tra la prima e la seconda vicenda si svolge ancora
una volta nel medesimo locale; al proprietario, dunque, il
regista-sceneggiatore delega anche il ruolo di saggio-mentore-padre
spirituale delle anime in pena che vengono a consolarsi con il cibo.
Come confermerà in "Angeli Perduti", l'attenzione di Wong Kar
Wai è per i personaggi, non tanto per le storie che vivono: il
regista si muove ai margini dell'heroic bloodshed (il genere action
hongkonghese per eccellenza, canonizzato da John Woo, impostato su
figure di gangsters dal codice d'onore cavalleresco che, attraverso
il "bagno di sangue", raggiungono l'affrancamento dalle loro colpe,
la catarsi)... Kar Wai imbastisce trame a sfondo gangsteristico per
introdurre le proprie figure tragiche, per poi abbandonarle
relativamente, e ritrarre i suoi anti-eroi nella solitudine,
umanizzandoli. Il cinema di Kar Wai è distante
dall'epicità, e predilige un realismo paradossalmente
supportato ed enfatizzato da una regia sperimentale ed espressionista
(portata alle estreme conseguenze in "Angeli Perduti"). Le soluzioni
formali che il regista adotta (basate su sfocature e sbavature che
improvvisamente si dissolvono per lasciare spazio ad immagini
abbaglianti nella loro nitidezza, o a oscurità in cui i corpi
risultano quasi indistinti dallo sfondo se non per improvvisi
bagliori e riflessi; articolate su alternanze frenetiche di
accelerazioni e rallentamenti che sembrano voler annullare il
concetto di tempo) isolano i personaggi dal contesto, creando per
contrasto sospensioni in cui i piccoli riti legati alla memoria o
alla disperazione si mostrano in tutta la loro poetica e tragica
natura di armi contro la solitudine e contro il caso. Sia in "Hong
Kong Express" che in "Angeli Perduti", infatti, sono proprio il Caso
e la Solitudine a regnare incontrastati, e a giocare con i destini ed
i sentimenti dei personaggi di Wong Kar Wai: una cappa opprimente di
ineluttabilità silenziosa grava sulle monadi messe in scena
dal regista, alle quali non resta che rifugiarsi in personali
microcosmi onirici ed in soliloqui mentali deliranti... E Wong Kar
Wai concede visibilità ai sogni, voce ai silenzi; ed una
speranza ai finali sospesi.
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