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Face/Off
Anno: 1997
Regista: John Woo;
Autore Recensione: Andrea Caramanna
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 19-01-1998


FACE/OFF ha la magia dei grandi film, delle opere realizzate tutte d'un fiato. Film imbevuti di coerenza stilistica dal primo all'ultimo minuto. Personaggi densi, sequenze d'azione (girate con sei/sette telecamere) da seguire in apnea per la deflagrazione che creano sullo schermo. Dopo cinque anni passati a Hollywood, l'"hongkonghese" John Woo è tornato sé stesso. SENZA TREGUA e BROKEN ARROW mostravano alcune falle da attribuire allo scarso controllo del regista non solo sul copione, ma anche sulle scelte stilistiche di regia (Woo ricorda di aver sollecitato alcuni suoi operatori "americani" a girare alla Peckinpah o alla Leone, ma questi non sapevano neanche chi fossero!); con FACE/OFF Woo è riuscito a costruire un'opera intensamente personale. Ogni parte del film porta visibilmente la sua firma.

C'è innanzitutto l'idea del duello, dello scontro tra due personaggi, due eroi, quello buono e quello cattivo. Non si tratta della classica contrapposizione tra Bene e Male, perché i due protagonisti attraverso lo scambio di identità, di volti, metteranno in gioco i propri codici morali ed etici: Archer/Cage si calerà nella parte di bravo marito, buon padre e poliziotto; Troy/Travolta nel ruolo di terrorista sanguinario, senza scrupoli. Ogni azione si carica di tensione, di momenti di thrilling, perché non sappiamo se questo gioco pericoloso continuerà a lungo e quali saranno i suoi effetti. Così tremiano quando Castor Troy/Travolta si rivolge in galera a Pollux Troy, e, tremiamo ancora, quando Sean Archer/Cage varca la soglia di casa - la casa del vero Archer - e incontra la moglie Eve e la figlia Jamie. Ma ancora di più, attraverso il rimescolamento dei ruoli, i due personaggi, i due corpi diventano le differenti facce di un'unica identità, due realtà psicologiche dell'universo psicologico della mente umana. Così i due eroi, i due cavalieri, si sfideranno in mortal duello, ciascuno per sopprimere l'altro, ma ben sapendo che alla fine non riusciranno ad eliminare l'altro, perché è un'alterità ineliminabile, sempre pronta a riemergere. E il bambino di Castor Troy alla fine viene accolto in casa Archer, come a simbolizzare il rientro, l'accettazione di una parte perduta (che simbolicamente è figlia del Male in quanto emanazione di Castor).

Gli eroi si affrontano in stile western, come ne IL BUONO, IL BRUTTO E IL CATTIVO di Sergio Leone. Gli sguardi, i silenzi, precedono l'ecatombe di corpi, le esplosioni di proiettili, che in Woo diventano pregnante cifra stilistica per le originali scelte coreografiche. Le sparatorie parossistiche si evolvono spesso a passo di danza, con l'aerea leggerezza di un balletto, come in un musical. Il tempo musicale ha una funzione determinante nella composizione filmica e si estrinseca nel montaggio e nello slow-motion che dilata le scene, immergendole in una dimensione astratta, di pathos, di crescente e pulsante drammaturgia. Le scelte dei brani sono esemplari: dai Preludi di Chopin, al Messiah di Haendel, al Flauto Magico di Mozart.

La scenografia spettrale del carcere, il mantello gonfiato dal vento, l'iconografia della chiesa con le candele che piangono, i crocifissi, la vergine Maria e le colombe svolazzanti fanno parte dell'immaginario del regista. Appaiono chiare a riguardo le reminiscenze con THE KILLER.

L'infanzia tenera e innocente rappresenta la speranza di un mondo migliore: il bambino non conosce il dissidio che esaspera l'adulto, una conflittualità esterna ed interna ad ogni individuo. In una delle sparatorie il figlio di Troy viene protetto con una cuffia che emette le dolci note di "Over the rainbow" del Mago di Oz. Lo stesso o quasi succedeva in HARD BOILED quando a proteggere un bambino dalle violente esplosioni di fuoco erano dei batuffoli di cotone, cercando di "salvare i bambini prima che sia troppo tardi".

Sono gli attori il vero epicentro di FACE/OFF. È visibile il lavoro di Woo sugli interpreti, soprattutto sulla scelta dei corpi e delle espressioni. Se i due giganti protagonisti, Cage e Travolta, sono perfetti e non sgarrano una battuta, stessi apprezzamenti possono farsi nei confronti del personaggio di Eve (Joan Allen). La moglie di Archer, ha un ruolo fondamentale perché è lei che dovrà scoprire nel corpo, nel viso di suo marito, un altro essere umano, una parte diversa dell'uomo che ama. Ciò che esalta l'interpretazione, le vicende di questi personaggi è il meccanismo delicato di implosione/esplosione delle loro vite. È come se ci fosse suggerito l'equilibrio precario della pura apparenza, di una posizione, di una scelta morale. Ciascuna di queste posizioni, di queste scelte è pronta a trasformarsi rapidamente nel suo opposto, perché questo opposto è sempre molto vicino e più di quanto si possa immaginare. La conflittualità allora risiede nel tentativo frustrante di decifrare una realtà ambivalente, sulla quale ogni sogno di potenza è destinato a naufragare.