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Eye of the beholder
Anno: 1999
Regista: Stephan Elliott;
Autore Recensione: Federica Arnolfo
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 16-09-1999


Untitled Document

Visto a Venezia 99

Eye of the Beholder
Di StephanĘElliott
Con Ewan McGregor, Ashley Judd, Patrick Bergin, Jason Priestley, Genevive Bujold

"La bellezza è nell'occhio di chi guarda", sussurra un uomo ad un rilevatore vocale. La frase è una "frase d'ordine", lui è un investigatore segreto, e sta seguendo una donna. La sua vita è un disastro, sua moglie lo ha abbandonato anni prima portandosi via la figlia piccolissima e non dando più notizie di sé. Lui ha le allucinazioni, sogna spesso la figlia, e non sa nemmeno se l'immagine che associa alla bambina è quella giusta. Ma poi succede qualcosa: quando sta denunciando la donna per omicidio, una vocina lontana gli sussurra di non parlare... e di seguire il suo destino.
Parte così sia l'uomo che il film, singolare ed affascinante mescolanza di thriller, road-movie, noir, dramma d'amore psicologico e maledetto. Ciò che lega "eye" a Joanna è qualcosa di impalpabile e terribile: lui è un padre che ha perso la figlia, lei è una figlia che molti anni prima era stata abbandonata dal padre, proprio il giorno di Natale. Eye all'inizio non capisce, la segue, forse per sorvegliarla, forse per difenderla, forse per amarla. Due esistenze solitarie e dannate che si incroceranno definitivamente ai confini del mondo.

Eye è un ottimo Ewan McGregor, allucinato e perso, perfettamente in parte, tanto bravo da farci dimenticare l'opaca prova nei panni di Wan Kenobi. La macchina da presa è il suo occhio, come lui segue la donna la macchina da presa, fedele, segue lui, attraverso posti sempre diversi e sempre più lontani. Molti elementi alla fine non tornano, o tornano poco, in un film che mette davvero troppa carne al fuoco: l'immagine della bambina ossessiona più noi di eye, e certi passaggi sono oscuri e difficilmente comprensibili ad una prima occhiata. Ma quell'abbraccio finale, tra il ghiaccio del circolo polare, così vicino eppure così lontano rispetto ad uno dei film più belli visti alla precedente edizione della Mostra del cinema di Venezia ("Gli amanti del circolo polare), è difficile da dimenticare.