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Deep impact
Anno: 1998
Regista: Mimi Leder;
Autore Recensione: Giampiero Frasca
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 04-06-1998


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Tra fantascienza, disater-movie e Apocalisse

DEEP IMPACT

Deep Impact

Tit. or.: id.; regia: Mimi Leder; sceneggiatura: Bruce Joel Rubin, Michael Tolkin; fotografia: Dietrich Lohmann; musica: James Horner; scenografia: Leslie Dilley; costumi: Ruth Myers; montaggio: Paul Cichocki, David Rosenbloom; effetti speciali: Industrial Light & Magic (ILM); cast: Robert Duvall, Téa Leoni, Elijah Wood, Vanessa Redgrave, Morgan Freeman, Maximilian Schell, James Cromwell, Ron Eldard, Jon Favreau, Laura Innes, Mary McCormack, Richard Schiff, Leelee Sobieski, Blair Underwood, Dougray Scott, Gary Werntz, Bruce Weitz, Betsy Brantley, O'Neal Compton, Rya Kihlstedt, Denise Crosby, Alexander Baluyev, Charles Martin Smith; prodotto da: David Brown, Richard D. Zanuck; produzione: Zanuck/Brown Productions / DreamWorks SKG / Paramount Pictures; Usa, 1998; durata: 2h.

In attesa che esca su tutti gli schermi il già pubblicizzato Armaggedon con Bruce Willis e Liv Tyler, la Terra, così - tanto per non rimanere inoperosa, deve industriarsi per fronteggiare l'arrivo di un asteroide che rischia di estinguere ogni sua forma di vita. Deep Impact di Mimi Leder (scritto da due sceneggiatori del calibro di Bruce Joel Rubin e Michael Tolkin) è un film che si divide esattamente in due tronconi narrativi, proprio come l'asteroide colpito dai razzi dello Shuttle incaricato di deviarne l'orbita: una prima metà fantascientifica, dove alla misteriosa scoperta del pericolo fanno seguito l'organizzazione delle prime difese, le dichiarazioni improntate alla speranzosa cristianità del presidente americano (Morgan Freeman, nero e quindi già di per sé poco probabile, non scelta interrazziale come ci si proporrebbe, ma assolutamente fantapolitica; senza contare poi il tatuaggio che campeggia sul suo avambraccio sinistro) e l'avventurosa attività del gruppo di cosmonauti superaddestrati per salvare l'umanità intera. Nel momento in cui la spedizione fallisce l'obiettivo di deviare l'orbita del corpo celeste, inizia la seconda parte della pellicola, quella legata al genere dei disaster-movie, i film catastrofici dove tutto è terrore e distruzione spettacolare nel nome dell'effetto speciale e stupefacente. Si genera così una lunga attesa (ed un prosciugante panico) per l'arrivo del distruttivo asteroide, le psicologie cominciano a delinearsi in modo un po' meno che bozzettistico, i nodi dei drammi familiari vengono al pettine, fino al sopraggiungere di una delle due parti in cui è stato diviso l'asteroide a minacciare di estinzione l'umanità. Ed in questo punto il film pare ricalcare le modalità d'esplosione di un ordigno con le polveri bagnate: a tanta costruzione di tensione narrativa non fa da degno contraltare un adeguato finale drammaticamente elevato, ben strutturato da un punto di vista dell'equilibrio del racconto. Infatti l'effetto prodotto, pur nella sua devastante forza d'urto, e forte di effetti digitali di buona qualità, non pare assolutamente in grado di sostenere e controbilanciare attivamente ciò che in sua funzione è stato preparato fino a quel momento, lasciando nello spettatore un sapore di frettoloso ed incompiuto che condiziona il giudizio generale su tutta la pellicola. Eppure dal punto di vista dei meccanismi messi in campo e sottesi alla narrazione, qualcosa di buono si era visto lungo l'intero arco della pellicola. Prima di tutto il riferimento costante alle Sacre Scritture: la natura matrigna che decide di fare un po' di piazza pulita in un universo sovrappopolato non può esimersi da un rimando all'Apocalisse biblica. Frasi come "Le stelle del cielo si abbatterono sulla Terra", "Come una gran montagna di fuoco fu scagliata nel mare", "Cadde dal cielo una grande stella, ardente come una torcia, e colpì un terzo dei fiumi e le sorgenti delle acque", presenti nell'Apocalisse di Giovanni, sono riferimenti obbligati iconograficamente in un film dove l'asteroide piove dallo spazio penetrando con violenza nel mare seminando panico e distruzione. Unica via di fuga per una parte dell'umanità ("gli eletti") le viscere della montagna in cui rifugiarsi ed attendere i due anni in cui le ceneri distruttive si depositeranno al suolo rendendo l'aria nuovamente respirabile. Anche qui giungono le Scritture, ed ancora il riferimento è all'Apocalisse: "gli uomini, schiavi o liberi, si nascosero tutti nelle caverne e fra le rupi dei monti". Ma ci sono altri riferimenti, alcuni molto evidenti (lo Shuttle che deve salvare la Terra prende il nome di "Messiah", il luogo che dovrà contenere i sopravvissuti sorteggiati e le specie animali atte alla riproduzione si chiama "Arca"), altri molto meno (il deus ex machina dei cosmonauti, colui che capisce come deviare il corso almeno del secondo letale asteroide sacrificando la sua stessa vita per l'intera umanità, è soprannominato "Fish", con il pesce che notoriamente viene considerato un simbolo cristologico; lo stesso gesto compiuto sempre da Fish nel togliere le bende dagli occhi di un membro dell'equipaggio diventato cieco, ricorda l'atto tramandatoci con cui il Cristo tocca gli occhi di colui al quale rende miracolosamente la vista; il ritrarsi delle acque al sopraggiungere del cataclisma ricorda l'aprirsi del mare grazie al quale Mosè riesce a condurre gli Ebrei fuori dall'Egitto). Un fantadisaster-movie filo biblico si potrebbe definire questo Deep Impact, un film che rimane nei canoni del genere catastrofico (coralità di personaggi, loro congiungimento in prossimità della fine, drammi esistenziali che si consumano nell'attesa, montaggio velocissimo all'approssimarsi della catastrofe), non colpendo particolarmente per nessun tratto veramente innovativo ma risultando infine apprezzabile per la sua fluidità di racconto.

G. F.