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Hwajang – Revivre
Anno: 2014
Regista: Im Kwontaek;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Corea del Sud;
Data inserimento nel database: 17-11-2014


“Il nostro forno crematorio non fa fumo e non crea inquinamento.” La tradizione asiatica confuciana della famiglia è un modello di sopravvivenza. Obblighi e doveri sono a volte incomprensibili e faticosi ma consentono di avere una speranza di vita migliore. Un esempio di famiglia è quello di Hwajang – Revivre film del coreano Im Kwontaek. L’inizio è un elogio alla spettacolarità cromatica. Nella processione di un funerale tutto è di un bianco limpido e luminoso. In contrasto i partecipanti sono tutti rigorosamente in nero. Un uomo davanti si gira e vede una ragazza, fra loro c’è qualcosa. Inizia la storia, la quale è intrecciata con delle sfasature temporali. La defunta è la moglie di OH. Siamo di fronte a una morte attesa, la donna sta male da molto: “non si spiega il motivo di una nascita, lo stesso vale per un tumore.” La moglie soffre molto, forse il marito non la ama più, lo capiscono anche i figli: “non nutrivi una grande passione per lei” ma OH si dedica alla sua cura con dedizione, passando tutto il tempo libero in ospedale con lei. La pulisce con premura, dorme al suo fianco. Nell’inquadratura dall’alto si osserva il letto con marito e moglie vicini. OH è direttore responsabile marketing di un’azienda di cosmetici. Mentre la moglie è ricoverata in ospedale, arriva al suo servizio una preparata e bella ragazza. Al tempo passato con la moglie, e quello per il lavoro, arriva la passione per la nuova collega, d’altronde ricambiato. Fra i due ci sono momenti di tensione, come quando OH la rimprovera ed essa rimane tutta la notte in ufficio. In realtà fra i due sta nascendo un amore. La vittoria sarà della famiglia, per quanto a brandelli. Un film bello, contrassegnato dal presupposto di un triangolo impossibile. Una sensazione concessa con un intreccio sfalsato nel tempo. Una regia esemplare per la ricerca d’inquadratura, collocazione fisica, consacrazione nei colori decisi, come al funerale e gli spazi immensi bianchi della fabbrica. L’autore coreano ci permette perfino di percepire gli odori e i sapori della malattia. Un finale perentorio è determinante, i personaggi si muovono divergenti nella loro decisione della vita.