NearDark - Database di recensioni

NearDark - Database di recensioni

Africa

Godard Tracker


Tutte le
Rubriche

Chi siamo


NearDark
database di recensioni
Parole chiave:

Per ricercare nel database di NearDark, scrivete nel campo qui sopra una stringa di un titolo, di un autore, un paese di provenienza (in italiano; Gran Bretagna = UK, Stati Uniti = USA), un anno di produzione e premete il pulsante di invio.
È possibile accedere direttamente agli articoli più recenti, alle recensioni ipertestuali e alle schede sugli autori, per il momento escluse dal database. Per gli utenti Macintosh, è possibile anche scaricare un plug-in per Sherlock.
Visitate anche la sezione dedicata all'Africa!


Quartet
Anno: 2012
Regista: Dustin Hoffman;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: UK;
Data inserimento nel database: 11-02-2013


“Questa non è una casa di riposo. Questo è un manicomio.” È moda degli autori americani mostrare la vecchiaia incombente, la senilità incontrovertibile. Clint Eastwood mostra ogni ruga con orgoglio e sfida in Gran Torino. Stessa predisposizione fisica recentemente tenuta pure in Di nuovo in gioco. Dustin Hoffman, classe 1937, nella sua prima pellicola come regista ci racconta la storia di una casa di riposo per musicisti. La bellissima magione si trova nella campagna inglese ed è gestita con competenza da un gruppo di giovani dottori e infermieri. Appare come un posto magnifico per passare una maturità avanzata, salvo che non siano persone con un trascorso di grande successo, fama, onori, gloria. I degenti sono delle prime donne, sono un’umanità ricca e valida, con la necessità, nonostante l’età avanzata, di un proprio palcoscenico. Il film è una parata, un’esibizione musicale e canora di tanti veri professionisti delle arti musicali ora ritirati in pensione. Hoffman, con questo pensiero stilistico, costruisce fin dall’inizio la sua storia. Si comincia con il Brindisi della Traviata e il suo invito a brindare insieme. In un veloce montaggio, accompagnati dalla musica di Puccini, captiamo le loro debolezze fisiche, le rughe, i doppi menti, le grinze. Non c’è solo un normale decadimento fisico, ci sono anche malattie inclementi per gli anziani: ictus, problemi di prostata, anca da trapiantare, memoria precaria e tanta demenza senile. Uno dei giochi preferiti dall’autore è divertirsi con le capacità mnemoniche degli abitanti della casa. Essi hanno una memoria latente per i pensieri e gli atti compiuti poco prima, e loro si ammattiscono nell’esausto tentativo di ricordarseli. La terza età è mostrata in modo limpido, senza trucco, senza inganno, con onestà, perciò il fisico è coerente con l’età, tuttavia, ancora elegante, raffinato, colto. L’atmosfera della casa procede animatamente fra balli di salsa cubana, prove continue di orchestrali e di canto. Modifica gli equilibri, l’arrivo della più grande solista d’opera: Jean Horton. Attempata è caduta in disgrazia, però mantiene sempre il suo egocentrismo. Parla solo di lei, si crede in primo piano, non ascolta gli altri. Era abituata a essere corteggiata dai suoi ammiratori ma ora anziana, sola, senza soldi è costretta a ritirarsi nella casa. Qui incontra un suo ex marito, lasciato solo dopo nove ore di matrimonio. Con lui e con altri due cantanti – residenti nella casa - Wilf e Cissy hanno cantato il quartetto del Rigoletto di Verdi in modo sublime. Nonostante la vecchiaia, i timori di Jean, il film è la storia dei quattro amici e del desiderio d’immortalità prodotto dalla musica. Per il gala annuale ripresentano insieme il famoso quartetto verdiano. Al film gli manca però vivacità, un’agitazione nel edificare gradualmente il pathos emotivo della storia. C’è una tensione nella descrizione della fisicità senile, anche in confronto con giovani rappisti: “Il rap è qui per restare.” C’è la paura della solitudine: “Deve essere bello avere una visita della famiglia”, simboleggiata da un obsoleto giradischi suonare un 33 giri. C’è sicuramente una dose di goliardia, grazie a uno zozzone Wilf, eternamente pronto a corteggiare giovani ragazze raccontando dei suoi ‘legnosi’ attributi. Ma la via per raggiungere l’acme è tortuosa; soprattutto il montaggio diventa lento e confuso. Il finale sarebbe dovuto essere l’apoteosi per la musica e per i suoi cantanti, invece si trasforma in un frammento leggero e poco degno.