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Passion
Anno: 2012
Regista: Brian De Palma;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Germania; Francia;
Data inserimento nel database: 20-09-2012


“Ti insegnerò a fare discorsi inutili.” Brian De Palma ci presenta un nuovo avvincente lavoro, basato su una trama visibile e invisibile. Passion è un film di talento, con una predisposizione a realizzare legami passionali e impulsivi. L’autore crea dei personaggi con una psicologia complicata, a volte normale e a volte devastata dagli umani impulsi più feroci: erotismo, falsità, vendetta. Ma sarà la superbia a provocare l’ira fatale. L’ambiente è di una società di pubblicità, un’azienda americana con sede in Germania. Avete mai visto due donne in competizione nel lavoro? Iosì! Beh, è uno spettacolo superbo. Fra loro inizia una lotta senza esclusione di colpi, non si fanno prigionieri, e si colpisce per uccidere. Solo una deve sopravvivere. Eppure quelle stesse donne, sono gentili, carine, educate e non farebbero mai male a nessuno. Rachel McAdams è Christine, il capo della sede. Per la McAdams è la seconda pellicola a Venezia, dopo la recitazione totale con Malick in To the Wonder. La sua subalterna collaboratrice è Isabelle, una rabbiosa Noomi Rapace. Christine non esita a sfruttare le capacità di Isabelle per ottenere l’agognato trasferimento a New York: “Tu hai talento, e io lo sfrutto al meglio.” Non lo nasconde, perché possiede doti naturali a dominare gli altri, a soggiogarli, a utilizzarli, per scaricarli una volta senz’altra nessuna utilità. I mezzi di dominio sono totali, Christine conosce le persone e si avvantaggiano dei loro più nascosti bramosi segreti. Comprende il desiderio inconscio e lo provoca fino a scatenare la furia. È fredda e spietata. Tuttavia Isabelle reagirà, non vuole sottomettersi e per controbattere utilizzerà gli stessi strumenti. Il rapporto fra le due donne s’incrementa con primi piano dilatati, si vuole accentuare le loro esagerate emozioni, anzitutto di quelle false e meschine. Il trucco e l’abbigliamento sono sempre eccessivi. I particolari sono perfidi: maschere, falli, e tanti altri oggetti sessuali. Perché fra loro si genera un gioco di amore/odio, attraverso delleistigazioni lesbico e sado maso. Ci cerca di ottenere l’umiliazione per la vittima, perché è la vergogna più dolorosa. La seconda parte il film si trasforma. Diventa preda di un montaggio frenetico, la scena si divide come le due protagoniste. Siamo di fronte alla resa dei conti, stiamo assistendo a un duello moderno. La scena diventa bipartitica, lo schermo si spezza: c’è un balletto spettacolare ed energetico, dall’altra una festa viziata. Il sacrificio umano sta per avvenire. È un racconto di donne malvagie e crudeli, con una bella suspense finale, il tutto accompagnato dalle musiche di Pino Donaggio. Brian De Palma ci assicura divertimento, soprattutto nella prima sezione, nella rissosa contesa fra le due donne. Il suo linguaggio è capace di offrire ritmo e velocità. La seconda frazione appartiene in pieno al suo stile – tipo Omicidio a luci rosse – è bella, intensa, ma purtroppo si accavalla, si confonde perdendo un pizzico di sana freschezza.