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Cosa piove dal cielo? - Un cuento chino
Anno: 2011
Regista: Sebastián Borensztein;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Argentina; Spagna;
Data inserimento nel database: 13-04-2012


“Voi vi siete dimenticati di inventarla e l’abbiamo inventata noi.” Il regista Kar Wai Wong nel bellissimo Happy Together del 1997, ci racconta di due cinesi che si ritrovano, dopo una breve visita alle cascate di Iguazu, a Buenos Aires. Sono isolati in un paese sudamericano, trainati all’angoscia dalle sfuggenti incomprensioni dell’animo umano. I loro tentativi di tornare a Hong Kong saranno complicati a causa dei loro enigmatici rapporti. È il 2011 e un altro ragazzo cinese, Jun, si troverà “come piovuto dal cielo” a Buenos Aires nel film è Cosa piove dal cielo? (Un cuento chino) del regista Sebastián Borensztein. Solo, abbandonato, triste con un passato crudele appena arrivato all’aeroporto è rapinato e scaraventato su una strada da un taxista. Casualmente – ma nel film la circostanza fortuita ha una sua scientificità – nello stesso frangente, l’argentino d’origine italiana Roberto, si stava rilassando su una via adiacente alle piste di volo per osservare gli aerei in arrivo e partenza. Il giovane Jun è spaventato, confuso. Di fronte al turbamento del cinese, Roberto si sente in obbligo di aiutarlo. Ignorava che un incontro ‘’casuale’’ avrebbe modificato la sua normale misantropa vita. Roberto ha una ferramenta a Buenos Aires. È come rimasto indietro nel tempo, il mondo corre e lui cerca di frenarlo nella sua quotidianità. Perciò la sua utensileria, la sua casa hanno degli arredamenti antichi, sfacciatamente puliti e ordinati ma antiquati, legati alla sua giovinezza. È pignolo, esasperante, fanatico. Il regista si diverte e ci diverte descrivendo la sua demenziale minuziosità. Lo osserviamo mentre conta tutte le viti delle scatole acquistate ed esasperarsi per la mancanza di una piccola quantità. Spegne la luce e si addormenta tutte le sere ineccepibilmente alle ventitré in punto. È ripreso a letto, desto, mentre osserva il conto alla rovescia della sveglia. Il sabato di tutte le settimane va al cimitero e compra costantemente gli stessi fiori dalla stessa fioraia. Tutto procede come una linea retta. Ha costruito il suo mondo antico, per trasformarsi in un solitario, un eremita. Nel suo trascorso ha avuto solo una leggera debolezza, una caduta carnale con una piacente donna – Mari – pazzamente innamorata di lui. Il regista Sebastián Borensztein è abile a delineare un Roberto perfetto, un personaggio antico, un uomo astorico, fuori del tempo. La scena non si sposta mai da lui. È ripreso con pazienza e ripetizione nel suo universo demodé. Il dettaglio storico è preciso. Tutto ha un ordine temporale. Se da una parte il mondo naviga ad alta velocità su internet, Roberto guida ancora la sua vecchia – ma ben tenuta – Fiat. Nonostante il volontario isolamento Roberto è una persona di cuore, generosa, altruista, coraggioso (non esita a colpire con una testata un poliziotto arrogante e maleducato). Queste qualità sono nascoste dietro l’alta cortina di artificiosa scontrosità. Il suo ambiente è antiquato ma tutto è terso, lucido, in ordine: come la copertina patchwork del suo lettino. Difende con orgoglio la sua filosofia e il suo isolamento: “Non sono abituato a stare con qualcuno.” Se su una felice barca può piovere una mucca dal cielo, parimenti un’anarchica esistenza può essere scompaginata. La mucca di Roberto è il povero Jun. Nell’attesa di poter trovare lo zio, Jun è accolto, con una ritrosia ostentata, a casa di Roberto. “La vita non ha un senso è assurda” questa è la filosofia di Roberto. Essendo un assurdo è inutile cercare di ottenere qualcosa di meglio, lottare, avere una moglie, dei figli, una famiglia, cercare la felicità. Se è l’inconcepibile, l’insensato, l’irragionevole a dettare i passi della vita, perché inseguire onore e piacere? Tutto potrebbe essere annullato per un destino micragnoso. Meglio è rinchiudersi in se stesso: Roberto esalta la concezione dell’assurdità e si ritira nella sua torre. Ha riempito il fossato di coccodrilli e impedisce a tutti di salirci. È la sua vita. La lettura cinematografica è una egregia raffigurazione: la scena imbottita di oggetti, una moltitudine di sottigliezze di tempo andato ma soprattutto l’attore Ricardo Darlin diretto con molta precisione. Anche lui è un articolo scovato in un mercatino dell’antiquariato. Quando computa le viti è di una passione unica. Oggi nel nostro mondo supersonico, effimero, chi potrebbe contare delle minuscole viti per sapere se sono quelle segnate sulla scatola? Sarebbe antieconomico a prescindere. Eppure Roberto compie quel gesto con meticolosità, e un’immensa umanità. L’onestà non è contrattabile. Lo sfracello accade, quando, fortuitamente, un essere umano riesce a entrare nella torre. Com’è riuscito a oltrepassare il fossato con i coccodrilli? Semplice, lo stesso Roberto lo ha portato dentro. Jun parla solo cinese, non conosce una sillaba di spagnolo, perciò fra i due il silenzio predomina. Eppure i due desiderano conoscersi e perciò la comunicazione diventa gestuale e teatrale. Roberto si farà parte in causa nel tentativo di comprendere, il perché e come mai, un ragazzo cinese si trova a migliaia di chilometri da casa, solo, senza comprendere una parola. Sarà il suo errore, il tentativo di intendere provocherà il crollo della torre. La seconda frazione della storia è un teatrino svolto in parte nel quartiere cinese di Buenos Aires. Roberto con la sua generosità e la sua bontà detta le regole. In casa è un mattatore, un funambolico appassionato dittatore della propria esistenza. Non c’è bisogno di altro. La sua psicologia è tratteggiata con passione, con bramosia certosina. Mai esce dalle righe, sempre dentro il personaggio. Eccolo segnare sul calendario i giorni mancanti alla scadenza dell’ultimatum. Roberto compie il gesto con stizza, ma non riesce a nascondere l’umana empatia. Il film si basa sulle coincidenze, ma sicuramente non c’è casualità nella buona struttura del disegno cinematografico. Il tempo di svolgimento è lento, ricercato, dettagliato e pure ironico e autoironico. La sensibilità e la psicologia prevalgono, quando tutto si svolge con perfezione. La dissacrazione accade, quando il cinese – involontariamente – distrugge i ricordi centellinati nel mondo per la madre, morta durante la nascita di Roberto. La vetrina va in frantumi e Roberto cambia: la vita è si un passato da ricordare, ma soprattutto da vivere con eccitazione.