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Ahingsa-Jikko mee gam
Anno: 2005
Regista: Kittikorn Liasirikun;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Thailandia;
Data inserimento nel database: 28-12-2011


“Your can’t escape from your karma.” Nessuno può fuggire dal suo karma. Le nostre scelte passate incidono sul nostro futuro. Il nostro comportamento deve sempre essere adeguato, altrimenti saremo chiamati a pagare con conseguenze disumane, pure a distanza di secoli. Leo Kittikorn è il regista di questo film tailandese sulla determinazione visiva del karma. Il suo scopo è più profondo. Tenta la descrizione di un disagio giovanile tailandese: droga, porno, stupri, violenza ma anche tradizione. La partenza è quella di un bambino, Ahingsa, con una grave malattia. Nessun dottore riesce ad accertare una diagnosi esatta. La decisione dei genitori è di accompagnarlo da un guaritore. Il bambino sopravvive e diventa adolescente, ma questo non gli consente di liberarsi del suo karma. In lui si accenderanno delle allucinazioni, la cui causa è da ricercare nella droga, nell’uso spropositato del crack, ma anche da un destino segnato in precedenza. L’allucinazione si materializza nella percezione fisica del karma, un ragazzo con una tutina rossa: “I am your karma.” Le conseguenze del suo passato – a noi sconosciuto - saranno atroci, egli vede il tragico futuro suo e delle persone amate. C’era solo un sistema per evitare il karma, quello di avere un comportamento leale ed onesto nelle vite future. Invece Ahingsa non ha questo atteggiamento e quando si sente in pericolo ritorna dal suo guaritore. Egli lo biasimerà, cacciandolo : “You never pay me respect, but you’re asking for my help?” Il cervello di Ahingsa si dissolve nel dolore e nella droga, il suo destino è già segnato, senza possibilità di salvezza, con una punizione spietata. È un tipico film adolescenziale tailandese, custodendo alcuni aspetti della gioventù come la droga, la musica ed il ballo. Ma soprattutto è una pellicola sul confronto – attuale – fra modernità e tradizione. Il mondo dei ragazzi tailandesi si fonda su un fanatismo per la tecnologia elettronica. Anche le donne venditrici di cibo sulla strada hanno il loro Iphone, i bambini delle elementari studiano sull’Ipad e l’uso del computer è dominio universale in una città moderna. “Computer help us. But don’t solve problems.” perciò, a fianco di giganteschi ed ultra moderni centri commerciali ci sono ancora dei piccoli rifugi sacri; dei tempi dove gli stessi giovani, abbandonando temporaneamente l’Ipad, pregano. Soltanto l’acquisizione di meriti può allontanare o migliorare il proprio karma. Sulla base di questo contrasto il film ha una struttura semplice, ma vivace. Nulla è nascosto, perfino gesti crudeli come lo stupro. I bassi comportamenti dei giovani non aiutano al miglioramento del karma. Il disagio giovanile cresce e si sviluppa, un comportamento di maggior ritegno è necessario. Alla fine la modernità si deve confrontare con la tradizione, la quale non può essere abbandonata, anche per salvaguardare quella ancestrale cultura di un popolo millenario. Il linguaggio è la sommatoria di vari generi: giallo, ghost story, umoristico, romantico. Infatti, nonostante l’argomento opprimente, il tono del regista è molto soft. Il ragazzo karma è violento e dispettoso, ma è solo uno spiritello fastidioso ed irritante. Il giovane Ahingsa si lamenta di lui con una incredula dottoressa: “My karma hit me on the head.”, ma non può evitarlo. Lo colpisce brutalmente per opprimerlo con il peso delle sue colpe, inoltre il suo karma lo deridere: “Your car broke down, but you blame your karma. What a bad habit.” A questo punto il destino di Ahingsa è segnato. La colpa è solo sua. I travestiti, attori del video porno, sono delle caricature; i balli dei ragazzi in discoteca sono uguali a quello dei pazzi della città e persino del poliziotto all’incrocio del traffico cittadino. La morale del film è semplice ed il linguaggio pure. Il regista si diverte, in alcuni momenti, con delle clip elettrici per descrivere la mente “Out of Order” del ragazzo.