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Tee Rak - Eternity
Anno: 2010
Regista: Sivaroj Kongsakul;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Thailandia ;
Data inserimento nel database: 23-06-2011


“Io ho pregato per vincere la lotteria.” A Bangkok impazzano i film adolescenziali. Amati dal numeroso pubblico giovane dei cinema. Specchio di quella adolescenza colorata ed esuberante in fase di cambiamento. Oltre a questo genere in Thailandia si possono apprezzare registi come il pluripremiato Apichatpong Weerasethakul, vincitore di Cannes dello scorso anno con Lo zio Boonme che si ricorda delle sue vite precedenti, ma soprattutto lo stupendo fantastico sogno tailandese descritto in Tropical Malady. Segue le sue orme il regista Sivaroj Kongsakul. Siamo lontani dalle luci fantasmagoriche di Bangkok. Siamo nelle campagna tailandese. Un mondo a parte, con i suoi ritmi e le sue storie; come il Ramakian e le sue battaglie fra dei e demoni. Fonte della cultura tailandese il Ramakian influenza ancor oggi il vivace regno di Re Rama IX. Si inizia dalla fine e si torna indietro. Esempio della circolarità del tempo e della vita. Wit, figlio di contadini, e la sua ragazza abitano e lavorano a Bangkok. Sono in viaggio nella campagna in visita ai genitori di lui. Tra i due ragazzi l’amore è immenso ed eterno. Infinito, senza limiti. Una sensualità non materiale, ma pura e semplice, come semplice è la vita quotidiana dei contadini tailandesi. Sono felici, giocano fra di loro. Sono amati dalla famiglia ed invitati nel tempio. Lei è bella come può esserlo una ragazza tailandese: “Sei bella. Hai la pelle chiara.” Come due dei del Ramakian il circolo della vita si interrompe con la morte di lei. Al cimitero per pregare sulle tombe degli antenati la ragazzi gli chiede una promessa, segue il silenzio … ed il ragazzo inizia a piangere. Sono le stesse lacrime dell’inizio del film. Una moto viaggia lentamente su una strada lunga una eternità. La camera ferma inquadra la scena, solo il rumore leggere della moto. Ma la tristezza sta già affiorando. Non ci sono urla o scene drammatiche. Solo la semplicità di un viaggio senza fine. Un viaggio nella memoria di un amore. “Ricorderò per l’eternità.” Dopo venti minuti l’uomo scende dalla moto e piange. Le stesse lacrime del cimitero alla richiesta di una promessa della sua amata. A differenza di Apichatpong Weerasethakul non ci sono spettri, fantasmi, animali impossibili, inseguimenti nella foresta. Però l’atmosfera è la stessa. Un tempo leggero, una ricerca della vita e del suo significato. Il tutto con una pacatezza esemplare, con una passione ed un amore unico. La moto prima va avanti e poi torna indietro nella stessa strada. La barca prima va avanti e poi torna indietro nello stesso fiume e la prima parole viene pronunciata a rompere un silenzio emblematico. La parola è Wit il nome del ragazzo, la sua conseguenza è l’amore eterno.