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La commare secca
Anno: 1962
Regista: Bernardo Bertolucci;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 21-06-2011


“A me capitano i più disgraziati di Roma.” La povera prostituta uccisa per una manciata di soldi conosce bene i propri clienti. Sono tutti disgraziati e poveracci, i ragazzi perditempo trovati di notte gironzolare nel parco Paolino. Intorno al parco ci sono le borgate di Roma, affollate di disgraziati, nullafacenti. Girano per le strade cercando di sopravvivere, di arrangiarsi. Sono dei ladri ingenui e pure sfortunati; a volte finiscono a prendere delle grandi botte per nulla. Tratto da un soggetto di Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci ci racconta la parte più emarginata della Roma degli anni sessanta. Sarà poi lo stesso Pasolini nei suoi romanzi, usando gli stessi caratteri e gli stessi ambienti, a consegnarci un momento poetico e non ruffiano di questa folta classe di emarginati o sottoproletariati, come si diceva un tempo. Bertolucci si cimenta in questi primi tentativi, ma è diverso. Ancora la mitizzazione dell’ambiente deve essere costruita. La storia non procede linearmente anche se ha degli spunti validi. I racconti orali dei sospettati e dei testimoni alla polizia sono – in modo divertente – diversi dalla realtà raccontata dalle immagini. E’ un modo per esaltare le immagini; le quali sono ad ampio respiro, con inquadrature in primo piano, lente e comode. Si creare una dicotomia, da una parte il racconto, dall’altro l’accaduto. Balordi, sfruttatori, marchettari, ladri si aggirano nell’oscurità nel parco con fare inquieto. Tutti sono posizionati nel modo giusto, recitano in modo guascone. I ragazzi – attori della strada – si atteggiano alla commedia dell’arte, vanno sopra le righe. Ma non è una loro scelta, è una motivazione del regista. I ragazzi sono argilla nelle mani di Bertolucci. Maneggia questa grezza materia in modo artistico. Alcuni di questi personaggi scompariranno nei suoi successivi film. Troppo popolari. Troppo poveri. Troppo ignoranti. Saranno scacciati da Bertolucci per dedicarsi esclusivamente al suo mondo borghese e snob. Rimane la stesura della storia, la mano volitiva del regista, la commovente interpretazione dei suoi ragazzi. Ma Bertolucci si riconosce dalla sua esasperata iconografia, minima e dettagliata; il particolare dello smalto della morta all’inizio, per passare alla stanza minimalista della ragazza e finire al pavone del parco. Inoltre Bertolucci sa muovere la camera dolcemente, avvicinandosi e allontanandosi in modo lento, per poi utilizzare il montaggio in modo strategico e concedere velocità. E’ stato bello rivedere un film scomparso. Piacevole ritrovare un modo di recitare particolare. E’ stato interessante rincontrare un giovane attore americano - Allen Midgette – recitare nella parte del soldato calabrese Costantino, dedito alla caccia delle ragazza con metodi poco ortodossi. Lo ritroveremo sempre con Bertolucci in Prima della rivoluzione, e soprattutto con Andy Warhol.