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Alice in Wonderland
Anno: 2010
Regista: Tim Burton;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 11-03-2010


Il Coniglio Bianco inforcò gli occhiali: “Da dove devo iniziare, Maestà?” chiese. “Inizia dall’inizio,” disse il Re con solennità, “e va’ avanti finchè non arrivi alla fine: poi fermati.” Questa che è un assioma incontrovertibile del libro di Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie (www.bookerang.it/review/show/id/31949) non viene percepito da Tim Burton nel suo Alice in Wonderland. Burton inizia proprio dalla fine, precisamente 13 anni dopo dal primo viaggio di Alice nel Paese delle meraviglie. Alice è diventata una bella ragazza, volitiva, decisamente ribelle. Una vera femminista ante litteram. Deve fare scelte coraggiose e contro corrente. Per trovare questo coraggio si getta a capofitto di nuovo nel suo Paese delle meraviglie. Solo in questo mondo può trovare, come quando era una bambina, le risposte alla sua vita. Burton ci riporta nel mondo immaginario. Lo fa con la sua determinazione a stupirci. I personaggi che circondano Alice sono il massimo per la sua inventiva. Burton è come Alice, entrambi sognano e fantasticano. Il Paese è ricco di colori, accesi, vivi. Il rosso prevale, come nei quadri di Rothko. Il rosso è in contrasto con il bianco freddo. Un bianco di ghiaccio che non si può fissare tanto è forte. Questo mondo colorato è riempito da personaggi strampalati, ma profondamente veri. Sono umani in parte, irriconoscibili da trucchi pesantissimi. I loro volti sono colorati, deformati, piene di estremità. Se nel libro Carroll si diverte e ci diverte con non sense e giochi di parole, Tim Burton lo fa con giochi di immagine. Una camera sempre in movimento, nevrotica, esalta l’animazione delle scene. Tutto fluttua verso una ribellione della buona sorella bianca contro la cattiva sorella rossa. Ritornata nel mondo grazie a questa esperienza Alice prende atto di una sua consapevolezza verso quello che vuole essere. Trova la forza di ribellarsi, di dire dei no e di scappare via verso ciò che vuole essere: libera, indipendente, emancipata. Se tutti noi non avessimo una valvola di sfogo nella fantasia, nell’immaginazione non potremmo affrontare una dura realtà, un mondo pieno di compromessi e di lacerazioni interne ed esterne. Invece sognando, senza bisogno di essere schizofrenici, troviamo il carburante per la nostra vita e comprendiamo ciò che siamo. Il film è un’esaltazione della fantasia, della creatività, della genialità. Solo un estroso come Tim Burton poteva farcelo vivere.