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Tehroun
Anno: 2009
Regista: Takmil Homayoun Nader;
Autore Recensione: Roberto Matteucci
Provenienza: Iran; Francia;
Data inserimento nel database: 12-09-2009


In un Iran che vuole diventare potenza nucleare per soddisfare il desiderio delirante di potenza di una classe politica con mania di grandezza la popolazione vive quotidianamente le proprie difficoltà.

Teheran. La capitale è un vivace correre di persone, macchine, moto. Siamo di fronte ad una società viva, giovane.

La popolazione non è interessata al nucleare ma più semplicemente a mangiare giornalmente e a vivere degnamente.

Non è facile trovare lavoro, non è facile costruire un futuro.

Ibhraim, sposato con una moglie incinta, si trasferisce a Tehran dalla povera campagna nella speranza di qualcosa di meglio. 

Vive però alla giornata, chiedendo elemosina e per incrementare il “fatturato” affitta un bambino per impietosire la gente.

E’ un dramma familiare e personale quello che viviamo, lo sfondo sociale è sentito, fa da contrasto immediato da quello che sentiamo giornalmente del delirio di costruire una atomica o dalle proteste in piazza di una classe media.

Qui la classe media non la vediamo se no marginalmente, i ricchi sono quelli che danno di meno dei poveri nell’elemosina e quindi i loro quartieri sono da evitare.

Noi vediamo sono dei disgraziati che sono vittime di una mafia che controlla il racket dei miserabili, della prostituzione, che organizza rapine ai gruppi di giovani che si divertono e bevono.

Il film è molto bello, ci porta dentro ad una società intensa, prorompente e destinata ad un cambiamento violento.

La tensione umana dei personaggi ci viene rappresentata con molta onestà, si entra dentro di loro, li sentiamo, si partecipa alla loro speranza di un cambiamento e soprattutto proviamo dentro di noi, anzi corriamo con loro alla ricerca del bambino perso.

Un bambino perso non è solo un dolore profondo di un singolo, di una famiglia, è anche un simbolo di qualcosa che in Iran si è perso.

Noi corriamo con loro, partecipiamo alla ricerca sia del bambino sia della loro volontà a cambiare.

Un particolare che impariamo dal film è che il prestito islamico che le moschee concedono è subordinato da garanzie che devono assisterlo. Senza di quello non ci sono speranze, non abbiamo un microprestito.