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L’infernale Quinlan - Touch of evil
Anno: 1958
Regista: Orson Welles;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Stati Uniti;
Data inserimento nel database: 22-06-2006


La grande guerra

L’infernale Quinlan. Orson Welles. 1958. USA.

Attori: Charlton Heston, Orson Welles, Janet Leigh, Marlene Dietrich, Joseph Calleia, Akim Tamiroff, Ray Collins, Dennis Weaver, Zsa Zsa Gabor

Durata: 93’

Titolo originale: Touch of evil

 

 

Tijuana. Frontiera tra gli Stati Uniti (California) ed il Messico. Un uomo stringe una bomba ad orologeria fra le mani. La mette in una macchina sulla quale sale una coppia. La macchina parte e si dirige verso il posto di frontiera. Sulla strada Mike Vargas e Susan, appena sposati, si baciano poco prima di passare la frontiera, mentre l’auto che li ha preceduti esplode. Vargas è un messicano, capo della commissione panamericana della narcotici, che decide di interessarsi al caso perché la macchina è uscita dal territorio di sua competenza. Poiché però l’omicidio è avvenuto sul territorio americano, decide di occuparsi del caso anche il comandante Hank Quinlan. Susan viene affiancata in strada da un giovane messicano e condotta di nuovo sul territorio appena lasciato dove ad attenderla c’è Joe Grande, uno dei pochi esponenti di una famiglia di delinquenti scampata alla retata fatta da suo marito Mike. Mentre Quinlan fa qualche sopraluogo nella zona messicana, dove incontra Tanya, una prostituta alla quale una volta era molto legato, Joe prova a spaventare Susan per costringere Vargas a rilasciare i suoi parenti arrestati a Città del Messico. La ragazza non lo teme e raggiunge Mike, al quale non racconta nulla. Quinlan intanto va in una miniera e scopre che Manelo Sanchez, un ex dipendente, ha sottratto alcuni candelotti di dinamite e che la ditta di lavori è della vittima. Raggiunto nel suo appartamento Sanchez si fa scoprire in compagnia di Maria, la figlia dell’uomo fatto saltare in aria, e Quinlan lo accusa di omicidio. Contro di lui non ci sarebbero prove, fino a che però nel bagno non vengono scoperti due candelotti. Mike, che poco prima aveva usato il bagno, intuisce che si tratta di prove false e decide di mettersi contro Quinlan. Susan viene accompagnata in albergo e Joe, scoperto a pedinarla, viene portato da Quinlan. Grande propone a Quinlan di trovare un accordo per liberarsi di Mike. Nel motel dove Susan si è sistemata, si presentano i ragazzi di Grande i quali dapprima cercano di tenere svegli per tutta la notte Susan e poi la rapiscono, inscenando un festino a base di marijuana. La stessa sera Mike si presenta nella fattoria di Quinlan dove scopre un ordine stampato per un carico di dinamite. Mike accusa ufficialmente Quinlan il quale, allontanatosi con alcuni colleghi, dice di aver scoperto che Susan è una drogata e il marito un trafficante. Studiando vecchi verbali, Vargas scopre che non è la prima volta che Quinlan ha fatto arrestare altri messicani con l’uso di prove false. Tornato in albergo trova la camera da letto in disordine, tracce di marijuana, e soprattutto scopre che Susan è stata rapita. La donna è stata portata a casa di Grande dove c’è anche Quinlan. Il comandate, dopo aver avvertito la polizia, strozza Grande inscenando un omicidio del quale vorrebbe accusare Susan, sul letto ancora stordita. Mentre Mike è costretto a fare a botte in un night per sapere che fine ha fatto sua moglie, sopraggiungono alcuni poliziotti che lo informano che la donna è stata arrestata con l’accusa di omicidio. Pete, amico fidato di Quinlan, mostra a Vargas il bastone del capitano ritrovato a casa di Grande e si convince che Quinlan non è un uomo pulito e che lo ha usato per tutti quegli anni per far condannare presunti innocenti. Quinlan, ubriaco, va a casa di Tanya dove chiede di farsi leggere le carte mentre Pete si fa mettere addosso un microfono grazie al quale Vargas potrebbe inchiodare Quinlan. Pete si presenta a casa di Tanya e portando all’esterno Quinlan gli fa confessare le sue colpe. Quinlan scopre però il doppio gioco e spara a Pete con la pistola sottratta a Vargas nella stanza d’albergo. Quinlan accusa Vargas dell’omicidio di Pete ma quest’ultimo, non ancora morto, spara proprio al comandante. Sopraggiunge la polizia, mentre il corpo di Quinlan cade in acqua morto: Sanchez ha confessato, è stato lui a far saltare in aria il padre di Maria. 

Se esistono buoni modi per iniziare un film ed introdurre alla storia, quello con cui inizia L’infernale Quinlan è uno dei migliori, e soprattutto perché non introduce ai fatti soltanto, ma ad un’aria ed a un ritmo che verranno mantenuti costanti per tutto il film. La macchina presa parte da un dettaglio, quello della bomba stretta tra le mani, per eseguire un lungo piano sequenza che porta all’esplosione (fuori campo) proprio mentre quelli che sembrano i due protagonisti le sono accanto per tutto il tragitto, fino alla frontiera. Sin da questa prima sequenza è chiara l’intenzione del regista di voler giocare sull’attenzione del pubblico, distribuendo cause ed effetti in maniera alternata, capace quindi di stuzzicare l’intelletto quanto l’emotività. È un perfetto esempio di padronanza del linguaggio cinematografico, dove grazie ad un movimento di macchina, alla concentrazione dell’oggetto di riflessione, l’attenzione del pubblico si sposta, passa da un oggetto ad un altro, per accennare solo ad un’iperbole di ambiguità che sta introducendo. È infatti, il comandante Quinlan, un perfetto surrogato di altri personaggi wellesiani, “un ottimo investigatore, ma un pessimo poliziotto, e un grand’uomo” (come lo chiama Tanya nell’epitaffio finale) e per dirla come il critico Morando Morandini “un fascista odioso ma di genio”. Razzista (Quinlan odia i messicani perché forse è stato uno di loro ad uccidergli la moglie strangolandola tanti anni prima) il capitano è lo sceriffo di un luogo di frontiera, che piega le leggi (e le prove soprattutto) a proprio piacimento, ma ha un intuito nel quale tutti maledettamente credono. Se per quasi l’intera pellicola si assiste alla caricatura del suo intuito (e del suo impegno come poliziotto) è nel finale che Orson Welles, in punto di morte, sceglie di affondare piuttosto che sentirsi dire che ancora una volta aveva ragione: Sanchez ha confessato. Quinlan quindi conosce bene il territorio della frontiera, conosce bene dunque entrambi i lati della medaglia, ma non si preoccupa delle regole, sebbene egli ne sia il rappresentante ufficiale (come contravviene alle sue, quelle personali, quando decide di tornare a bere). Il gioco dei doppi e dei rimandi sembra elevarsi in maniera esponenziale (Charlton Heston per esempio: attore americano che interpreta un messicano, su territorio americano, e che è costretto a tornare ad indagare sul territorio messicano; la telefonata di Charlton Heston a Janet Leigh, con il primo piano della donna cieca nel negozio) e di conseguenza il livello di ambiguità ottenuto con l’innesto dei contrari non fa altro che gettare ombre su un noir dove bene e male s’incontrano senza riconoscersi. Lo stile visivo poi, ha una sola firma, quella dell’Orson Welles più barocco, perchè il film è davvero ben girato. È questa ancora una volta la caratteristica principale del film di Welles, questa plasticità della quale egli è assolutamente padrone (il film per giunta è quasi tutto in grandangolo e la macchina da presa è raramente in asse, spesso anzi è puntata dal basso verso l’alto) ben si adatta ad una sceneggiatura nera forse anche troppo classica, perché ispirata ad un racconto minore (Contro tutti) di Whit Masterson (e già trasformato in sceneggiatura da Paul Monash per un film di serie B [i]), e che Orson Welles ha sporcato fino a renderla nerissima. Quinlan è il confine della giustizia, è l’ambiguità di una decisione, come la condanna di un essere umano, oppure Quinlan è forse solo un trofeo, la testa di un toro attaccata alla parete, e sul quale manto peloso sono ben conficcate tutte le banderillias che lo hanno accompagnato alla sua decapitazione. Prima di questo film il regista era stato lontano dal suo paese parecchi anni, (con due film in Europa) e non si può dire che in questo suo film non vi siano ulteriori e più profonde riflessioni politiche, in questo caso sull’atteggiamento persecutorio del suo paese nei confronti del più proletario (e abbandonato alla delinquenza ed al vizio) paese confinante. Girato in circa quaranta giorni, è un lavoro pregiatissimo anche per il ricco cast, con uno strabordante (nel vero senso della parola) Orson Welles, ed una partecipazione davvero straordinaria come quella di Marlene Dietrich, che entra in scena direttamente con un primo piano, capelli scuri e l’immancabile sigaretta fra le dita: fa la prostituta ed ammonisce subito Quinlan “è chiuso”.  E dire che all’inizio la Universal, la casa di produzione, lo aveva scelto solo per interpretare Quinlan, e fu proprio Charlton Heston che consigliò di passargli anche la regia. Quel che Orson Welles ha aggiunto ad una storia esile come quella scritta da Whit Masterson è il suo odio per l’abuso di potere della polizia, e che di fronte a questo, egli preferisce il delitto impunito [ii]. Si tratta comunque del crepuscolo del genere noir, quello più accreditato [iii], iniziato con Il mistero del falco (1941) di John Huston e concluso proprio con il lavoro di Orson Welles. Nel 1975 la casa di produzione fece circolare una versione in 16mm, di quindici minuti più lunga, perché quella precedente (originale) in realtà era stata modificata in fase di post-produzione, ed alcune scene erano state rigirate da Harry Keller. La casa di produzione infatti non avendo apprezzato il lavoro finale, considerato eccessivamente cupo, aveva messo mano la girato (modificandone la morale) ed aveva posto guardiani al cancello per evitare che Orson vi entrasse. Fu questa l’ultima esperienza americana del regista [iv]. Dal 1990 al 1998 il produttore Rick Schmidlin ha finanziato il restato della pellicola e la sua versione integrale, quella cioè girata completamente da Orson Welles, in Italia è stata distribuita dalla Sacher del regista Nanni Moretti. È divertente pensare che qualche anno dopo la realizzazione delle riprese e dell’uscita del film, la stessa Janeth Leigh avrà a che fare con un nuovo motel, ed un ragazzo magro come il custode notturno che in questo film l’accompagna in camera, perché in Psyco (1960) di Alfred Hitchcock, Janeth Leigh verrà uccisa nella shower sequence dal magro e folle Norman Bates.

 

 

Bucci Mario

[email protected]



[i] Paolo Mereghetti. Dizionario dei film 2000. Baldini & Castoldi.

[ii] Georges Sadoul. Dizionario dei film. Sansoni

[iii] Fabio giovannini. Storia del noir. Castelvecchi. pg. 104

[iv] Maurizio De Benedictis. Il cinema americano. Newton Compton Editori.