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Uscita dalle officine Lumière. Louis
Lumière. 1895.
FRANCIA.
Attori: .
Durata: 1’
Titolo
originale: Sortie des ouvries de l'usine Lumière
Lione. Vicolo Saint Victor n° 25, sede della società
Lumière, specializzata in lastre e carta fotografica. La macchina da presa è
fissa su un portone che si apre e dal quale escono operai diretti alle proprie
abitazioni. Uomini, donne, cani, biciclette, cavalli e poi una carrozza
lussuosa che trasporta Antoine Lumière e suo figlio Auguste. È l’alba del
cinema, è il primo atto ufficiale che ne testimonia la sua nascita: un
documentario freddo e necessario che
permise alla famiglia Lumière di constatare gli sforzi fatti durante gli anni
precendenti per inventare il cinematografo. Grazie infatti a questa singolare
ripresa, proiettata poi privatamente a Parigi, il 22 marzo 1895, davanti ai
rappresentanti della Société d’Encouragement pour l’industrie Nationale, i depositari del
brevetto ottenere che fossero finanziate ben 20 riproduzioni della stessa
macchina. Esso rappresenta il primo modello di cinema, inteso come
rappresentazione del reale senza alcune manipolazione narrativa. Illuminò tutti
i futuri documentaristi. Fu una delle pellicole proposte alla prima proiezione
pubblica nel 1895 dentro il privè del Grand Cafè a Parigi. L’importanza di
questa pellicola non è solo nel suo rapporto con la storia del cinema, ma nel
principio di spettacolarizzazioneche
arriva alle fabbriche, passando per treni (L'arrivé
e d'un train à la Gare de la Ciotat girato nello stesso anno) e sviluppi
economici e sociali del nuovo secolo. Con il suo documentarismo sperimentale
(in questo caso inteso nel vero senso di sperimentazione della macchina da
presa) il film contribuì a dividere sin dalle sue origini la produzione
cinematografica in due distinti tronconi, quella realista e quella di fantasia,
rappresentata quest’ultima principalmente da Georges Méliès, il mago degli
effetti speciali. De L’uscita dalle
officine Lumiére son arrivati ai giorni nostri solo due fotogrammi, ma
esistono altre versioni dello stesso tipo di ripresa, ambientate in altri
periodi dell’anno, a dimostrazione di una teoria che vorrebbe questo lavoro,
decantato dai movimenti documentaristi, come invece il risultato di un’ampia messa
in scena e non più come il reale
impresso su pellicola.