Crimes of the future. David Cronenberg. 1970. CANADA.
Attori: Ronald Mlodzik,
Tania Zolty, Jon Lidolt, Jack Messinger, Paul Mulholland, William Haslam
Durata: 72’
Il dermatologo Eugene
Tripod racconta di se stesso, della clinica nella quale è stato impiegato, e
nella realtà di una società ormai a rischio. Allievo del dottor Antoine Rouge
nella Casa della Pelle, ucciso dallo stesso morbo da lui scoperto, egli vaga
nelle diverse sezioni della clinica alla ricerca della sua memoria, per trovare
un rimedio ad un’infezione che, per cause cosmetiche, ha condannato l’intero
genere femminile. Nella sezione di Pediatria Oceanica egli instaura un rapporto
attraverso i piedi con tre ragazzi, introdottisi o in fuga nella struttura e
più tardi, nella sezione dell’Import/Export, ha a che fare con futuri manager
ai quali somministra indumenti intimi da suddividere in bustine di plastica.
Subentra a questo punto la figura del professor Tomkin, successore di Rouge,
che dà vita alla cospirazione dei pedofili eterosessuali. Per risolvere la
questione della riproduzione, egli, infatti, propone di ingravidare una bambina
perché la malattia di Rouge si mostra nelle donne dopo la pubertà. Fra tre
canditati ad ingravidare la bambina, dopo che il primo si è rifiutato, tocca a
Tripod concludere l’esperimento. La bambina però mostra i segni della schiuma
di Rouge. Una lacrima scende sul viso di Tripod.
Pellicola dagli alti
contenuti provocatori, capaci di smascherare il futuro prossimo dissoluto
attraverso l’infrazione di tabù secolari a loro volta infranti dalla scienza e
dal senso di sopravvivenza della specie umana. In sostanza tutti gli espedienti
narrativi utilizzati nelle pellicole successive del regista canadese sono già
presenti in questo secondo mediometraggio. Dal vampirismo legato alla
diffusione epidemica del morbo, che colpisce Tripod nella prima parte della
storia, e che è ripreso nelle sue due prime pellicole, Il demone sotto la pelle (1975) e Rabid – Sete di sangue (1976), al cancro creativo, ripreso sia in Brood – La covata malefica (1979) che in
Videodrome (1983) con il rilancio
della nuova carne ed alla comunicazione telepatica di Scanners (1981), dalla demonizzazione dell’ambiente clinico al
finale che rilancia l’infezione avvenuta anche nel corpo più ingenuo, e la
lacrima di sconfitta che accompagna il declino di un delirio genetico. La
scienza ha il sopravvento sulla natura e sull’uomo che partecipa ad entrambe, e
che rimane affascinato a sua volta dalla deriva della scienza nella natura.
Proseguendo sul carattere “mentale” della condizione umana, ci sono già i temi
di M. Butterfly (1993) sulla
compensazione sessuale, e che si basa sull’approccio liberatorio del regista
che considera il tabù dell’omosessualità una normale evoluzione dei costumi e
del concetto di corpo umano. Il tema sarà sviluppato ampiamente anche ne Il pasto nudo (1991). Mancherà invece in
tutti i suoi lavori successivi il richiamo al cinema espressionista con innesti
del nuovo cinema underground di New York (uno dei ragazzi che si fa massaggiare
i piedi ricorda in qualche maniera l’attore Joe Dalessandro dei film di Paul
Morrisey). I riferimenti alla natura omosessuale del protagonista però sono indissolubilmente
legati alla perdita della femminilità nel contesto sociale, il che è sinonimo
soprattutto della fine stessa dell’umanità. Certo, vi sono forme di rinascita
del corpo, come le redici che escono dal naso di un paziente, o le protuberanze
che il cancro crea nel suo ex collega, ma senza l’innocenza del corpo
femminile, il genere umano è comunque spacciato. La sconfitta e la vittoria
dell’infezione diventa il dogma principale. Quello che Cronenberg racconta
allora è una ritribalizzazione della società, indicandone la natura prettamente
matriarcale la cui gestione però è affidata al maschio, incapace a sua volta di
impedire la diffusione della malattia di Rouge. Il finale, agghiacciante nella
sua rappresentazione, con un atto pedofilo in fieri interrotto dall’infezione
del corpo angelico, ed il crollo d’ogni speranza: la conclusione di una
cospirazione mossa da pedofili eterosessuali, in una delle sequenze più
scioccanti del cinema proposto dallo stesso regista, con Tripod che si spoglia
davanti ad una bambina (l’oggetto più sacro della società) pronto a possederla.
Sembra una caccia la sua, disgustosa ma necessaria, e per questo motivo
condannata a non sortire alcun effetto. Arrivati a questo punto, sembra voler
dire il regista, non c’è spazio più per niente tranne che per una lacrima. A tutto
il lavoro narrativo\visivo va aggiunto anche il grande lavoro sui suoni,
assolutamente estranei al contesto visivo, che a tratti ricordano quello degli
insetti (prima grande passione del regista) e paragonabili nel loro uso\significato
a quelli off utilizzati più avanti in
Eraserhead – La mente che cancella
(1977) di David Lynch. La figura del medico vestito di rosso sabbatico sarà
ripresa più in là anche in Inseparabili (1988).
Bucci Mario
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