Il
pap’occhio. Renzo Arbore. 1980. ITALIA.
Attori: Renzo Arbore, Roberto
Benigni, Isabella Rossellini, Manfred Freyberger, Mario Marenco, Andy Luotto,
Luciano De Crescenzo, Diego Abatantuono, Ruggero Orlando, Martin Scorsese,
Mariangela Melato
Durata: 101’
Il Papa, convinto di voler
rimodernare il linguaggio della Chiesa, ma anche vittima delle potenzialità
della televisione, contatta Renzo Arbore per fargli dirigere un programma
musicale nel nuovo canale televisivo del Vaticano. Arbore accetta, chiamando a
sé tutti la sua “sacra famiglia” di collaboratori con i quali invade il palazzo
papale. Ostacolato da Roberto Benigni, comunista pentito, riesce ugualmente ad
arrivare alla prima del programma Magnum Gaudium che però, non appena finita la
sigla, è interrotto da uno squarcio nel muro e da uno nel pavimento che
inghiotte tutta la troupe. Dallo squarcio nella parete si affaccia l’occhio di
Dio.
Iperbole provocatoria per
l’esordio alla regia di Renzo Arbore su una sceneggiatura scritta da Luciano De
Crescenzo, e che permette così ad uno dei maggiori innovatori della televisione
italiana di passare con tutta la sua banda dell’Altra Domenica anche sul grande
schermo. Disordinato, confuso, (s)politicizzao, cantato quanto un musical, il Pap’occhio è un volenteroso omaggio al
cinema (due le citazioni sottolineate: Io
ti salverò (1945) di Alfred Hitchcock e Prova
d’orchestra (1979) di Federico
Fellini, ma tante quelle solo mostrate come il cinema di Chaplin cui Benigni si
rifà quando è scambiato come Papa davanti alla finestra), un omaggio alla
letteratura italiana (Dante), alla cultura dello spettacolo e
dell’intrattenimento americana (musical), ma soprattutto una divertente messa
in scena delle più celebri tappe della storia di Gesù, dall’ultima cena al
tradimento di Giuda per trenta gettoni, dal gallo che canterà (geniale il
cantante Gallo!) sino alla presenza di Dio in persona, in questo contesto
utilizzato in maniera classica come chiave di svolta della narrazione (Deus ex machina quindi). A metà strada
tra due circhi di diversa natura, quello felliniano appunto che spettacolarizza
l’istituto ecclesiastico e tutti i suoi partecipanti, e quello del cinema
underground alla Warhol e Morrisey, ricordato soprattutto nello stravolgimento
metropolitano dei costumi (le sorelle bandiera) ma anche nello stile visivo. È
sicuramente una pellicola autocelebrativa (il Papa che domanda “Chi è questo Arbore?”) ed in un certo
senso più d’autore di tante altre, nella quale viene fuori la vera natura del
regista, capace come istrione di saper gestire diverse personalità e presenze,
dosate in buona misura, quasi musicale. È questa, infatti, l’annunziacion più grande del film: il
futuro prettamente musicale di Arbore. È l’unico film italiano che ha goduto
della partecipazione straordinaria del regista americano, ma d’origini
italiane, Martin Scorsese (all’epoca in cui fu girata la pellicola, marito di
Isabella Rossellini). Per i temi trattati e per come furono trattati, il film
ovviamente fu bloccato in sala dal procuratore generale Bartolomei, e ne fu
disposto il sequestro per vilipendio della religione di Stato nel momento del
suo maggior successo. Fu ridistribuito solo nel 1998, e dopo che l’attore
Roberto Benigni ottenne tre premi Oscar per il film La vita Bella (1997), da lui diretto. Le scene d’interni furono
girate nella reggia di Caserta. La fotografia appartiene a Luciano Tovoli, lo
stesso direttore di Professione: reporter
(1975) di Michelangelo Antonioni e di diversi film di Dario Argento.
Bucci Mario
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