Ascensore
per il patibolo. Louis Malle. 1957.FRANCIA.
Attori: Jeanne
Moreau, Maurice Ronet, Georges Poujouly
Durata: 92’
Titolo
originale: Ascenseur
pour l'échafaud
Julien Tavernier e Florence
Carala, moglie di un industriale che produce armi e per il quale Julien lavora,
sono amanti ed hanno organizzato il finto suicidio del marito di lei. Un
mattino, infatti, arrampicandosi con una fune fino al piano in cui si trova
l’ufficio dell’industriale, Julien uccide Simone Carala con una pistola. Terminato
l’orario di lavoro, una volta in strada si accorge di aver dimenticato la fune
con la quale è salito fino all’ufficio del suo capo e torna nello stabile per
toglierla ma rimane bloccato nell’ascensore poiché il guardiano, sicuro che non
ci sia più nessuno, ha staccato la luce generale. Una fioraia ed il suo ragazzo
bullo rubano l’auto di Julien e a sera, mentre quello è bloccato in ascensore,
si macchiano del delitto di due turisti tedeschi. La stessa notte Florence è in
giro per le strade alla ricerca di Julien, con il quale aveva appuntamento, e
che crede invece con la fioraia in giro da qualche parte. Al mattino i giornali
riportano la notizia dell’omicidio dei due tedeschi incolpando Julien
Tavernier, del quale è stata trovata l’auto, il cappotto e la pistola. S’incarica
di trovare l’uomo l’ispettore Cherrier il quale chiede che la polizia vada a
rovistare nel suo ufficio. Riattivata la luce generale nel palazzo, Julien
intanto può uscire ma, entrato in un bar per fare colazione, è denunciato ed
arrestato, mentre la polizia trova il cadavere di Carala. Florence, per
scagionare Julien, va a casa della fioraia, che nel frattempo ha cercato di
suicidarsi con il suo ragazzo, e dopo averli accusati entrambi d’omicidio,
insegue lui mentre torna al motel per recuperare una piccola macchina
fotografica che apparteneva a Julien e che avevano usato la sera prima con i
due tedeschi. Nel laboratorio fotografico del motel ad attenderlo c’è Cherrier,
che lo arresta, e che poco dopo arresta anche Florence per l’omicidio del marito,
tramato e realizzato assieme a Julien.
Tratto dall’omonimo romanzo di
Noel Calef, Ascensore per il patibolo
è al cinema un triangolo perfetto costruito su tre punti principali: Jeanne
Moreau, Maurice Ronet e Louis Malle (i loro tre nomi, infatti, aprono i titoli
di testa). Pur trattandosi, infatti, di un soggetto solido, ed una
sceneggiatura ancor più resistente (scritta dal regista con i dialoghi di Roger
Nimier), è proprio grazie al lavoro di questo trio che il film è entrato di
diritto nella storia del cinema, ed in quella del genere noir in particolare. Su
tutto e tutti loro tre appunto: lo sguardo folle, inquieto di Jeanne Moreau che
sola e di notte va in cerca del suo uomo per le strade, stringendosi nel
cappotto, e poi quel primo piano conclusivo, in cui rimpiange la vita che se ne
sta per andare, prossima ad una condanna; il silenzio di Maurice Ronet, amante
vittima del destino e della passione focosa di Florence, ed infine lui, Louis
Malle, quasi esordiente, che dosa con cura ogni inquadratura, ogni parola,
consegnando il giusto tempo a tutto, senza tralasciare una realtà politica
difficile, come quella post-coloniale che la Francia stava affrontando, tra Algeria e
Indocina, ed alla quale vicenda tutti i personaggi sono collegati. Per loro,
infatti, nessuna pietà sembra dire il regista: coloro che alla guerra sono
direttamente collegati muoiono ammazzati (l’industriale produttore d’armi
Carala ed il tedesco dalla comicità frizzante “Non ve lo abbiamo tolto tutto lo champagne durante la guerra allora!”),
coloro che millantano la guerra sono condannati a morte (i due ragazzi che
mentono di essere la coppia Tavernier) e per coloro che anche se hanno dato
l’impressione d’essere contrari (Tavernier che dice al suo capo “Abbia rispetto della guerra lei, che almeno
ci guadagna da questa”) sono comunque accusati e condannati a venti o dieci
anni, perché colpevoli d’omicidio (la guerra è solo un omicidio collettivo).
C’è un totale rifiuto dunque per tutti questi personaggi, tutti protagonisti di
un destino che ha scelto la macabra soluzione di una condanna in ogni modo dura
da accettare, e che comunque è sempre mortale (la disperazione di Florence nel
finale, anche se non sarà condannata alla pena capitale). Ciò che accade invece
alla figura di Tavernier ha il sapore hitchcockiano del destino beffardo, quel
malsano accanimento contro il quale nemmeno un eroe di guerra, quale Tavernier
potrebbe rappresentare, può far nulla: la sua strada è segnata dal momento in
cui riattacca il telefono dopo aver deciso di uccidere Carala. Ancora, il
rapporto tra la coppia d’amanti, sublime, intenso (fino alla morte), folle e
disperato, ed al quale nessuno dei due vuole rinunciare. Al loro opposto, la
coppia d’amanti imbecilli e suicidi, stupidi, distanti (lei che pensa a Tavernier
e lui che se ne infischia di lei), nemmeno capaci di morire l’uno con l’altra,
mentre mentono di essere altre due persone, una coppia che si ama veramente. Detto
questo, un breve accenno allo spazio metacinematografico, dove il tema della
fotografia come rivelatrice di verità, asseconda la possibilità, attraverso
istanti impressi su pellicola che celano segreti e svelano realtà nascoste, che
un rullo d’immagini sia capace di mischiare più vite, dando loro un percorso,
un senso, ed una fine: il cinema. È questo anche uno degli aspetti più
interessanti del film, la soluzione nell’immagine impressa. Con questo film, ma
soprattutto con il seguente Les amants
(1958) il regista fu apprezzato dai suoi colleghi ed inserito nella grande
ondata del cinema francese che divenne presto la Nouvelle
Vague. Si aggiunga a tutto ciò la bellissima resa fotografica
di Henry
Decae e le musiche di Miles Davis (improvvisate durante la registrazione), per
avere la certezza di aver a che fare con un vero pezzo di cinema noir. Il film
ottenne il Premio Delluc nel 1957.
Bucci Mario
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