C’era
una volta in America. Sergio Leone. 1984. USA.
Attori: Robert De Niro,
Elizabeth McGovern, James Woods, Joe Pesci, Danny Aiello, Scott Tyler, Jennifer
Connelly, Burt Young, Tuesday Weld, James Russo, Mario Brega, William Forsythe
Durata: 218’
Titolo originale: Once upon a time in America
New York. 1933. Tre uomini
uccidono la donna di Noodles, cui danno la caccia, e torturano Moe, un suo
vecchio amico, costretto alla fine ad indicargli il teatro cinese dove l’uomo
si trova a fumare oppio. Nel teatro Noodles, leggendo il giornale, scopre della
morte dei suoi tre compari ed aiutato dal proprietario riesce a sfuggire ai tre
che lo vogliono uccidere. Si rifugia da Moe, ancora in terra dopo essere stato
massacrato di botte, ma poi prende una chiave e va alla stazione. Qui apre una
cassetta deposito bagagli e ritira una valigia piena di giornali anziché di un
milione di dollari, come lui immaginava. Decide di partire per Buffalo. 1968,
trentacinque anni dopo Noodles torna a New York e ritrova Moe al quale domanda
chi può, dopo tutto quel tempo, avergli inviato una lettera per invitarlo a
tornare a N.Y. L’incontro con Moe gli fa tornare in mente i primi anni della
sua infanzia, quando cioè, intorno al 1922, spiava Deborah da una
fessura in bagno, o di quando con la sua banda di ladruncoli bruciava edicole
per chiedere il pizzo e derubava gli ubriachi. Proprio in quest’ultima
occasione aveva conosciuto Max ed a lui si era legato per profonda amicizia.
Con Max era riuscito ad incastrare il poliziotto di quartiere scoperto in un
rapporto sessuale con una minorenne, per l’amico aveva rinunciato a Deborah, la
sorella di Moe, ed era stato picchiato dalla banda di Bugsy alla quale avevano
cercato di rubare la zona. In seguito, grazie ad una sua idea capace di far
recuperare al contrabbando le casse di superalcolici gettate in mare, avevano
ottenuto da Al Capuano la zona di Bugsy. Grazie ai primi proventi tutta la
banda aveva cambiato stile, passando dagli stracci agli abiti di lusso, ed
aveva creato un fondo collettivo, nascosto in una valigia in una cassetta deposito
bagagli della stazione ferroviaria. La vendetta di Bugsy aveva colpito il più
piccolo del gruppo e lui aveva reagito uccidendolo. Per quell’omicidio aveva
guadagnato le porte del carcere. 1968. Noodles va a visitare la nuova
cappella dove gli amici sono stati seppelliti. Qui trova una chiave a lui
dedicata e tornando alla stazione ferroviaria, aprendo un’altra cassetta, trova
una valigia piena di soldi ed un invito ad una cerimonia. 1930.
All’uscita dal carcere ad attenderlo c’è Max, il suo compagno più fedele. È
ricco ed ha tirato su, assieme al resto della banda, un importante commercio
illegale di superalcolici. Nel locale da loro gestito, è data una festa ed è
l’occasione per rivedere i suoi vecchi amici e Deborah, ormai ballerina
affermata del Palace Theatre. La stessa sera gli è presentato Frankie, un
italoamericano che gli commissiona una rapina di diamanti a Detroit per nome di
Joe, un altro mafioso italoamericano. I ragazzi realizzano il colpo, Noodels
violenta la ninfomane Carol, la donna che lavora nel posto, ed all’incontro per
lo scambio eliminano anche la banda di Joe. 1968. Alla televisione
riconosce James Crowning, un sindacalista accusato di corruzione, vecchia
conoscenza di Noodles. Nel 1933 il sindacalista era nelle mani della
malavita gestita dai padroni delle fabbriche ma il gruppo di Noodles e Max
aveva ottenuto il suo rilascio portando in cambio proprio il rappresentante dei
padroni. Nelle fabbriche però questi si erano alleati alla polizia corrotta e
la sua banda era stata costretta a rapire il figlio del capo della polizia per
ottenere che le fabbriche fossero occupate dai manifestanti operai. Nella
locale gestito da Betsy, i quattro ritrovano Carole che questa volta decide di
andare con Max. La sera stessa Noodles va a cena con Deborah la quale però gli
confessa che è pronta per partire alla volta di Hollywood. Sulla strada del
ritorno, Noodles la violenta in taxi. Trascorrono i giorni e Carol diventa la
compagna fissa di Max. Il sindacalista James Crowning viene gambizzato ed in tutta
risposta la banda di Max e Noodles organizza una rappresaglia nella quale
vengono uccisi gli uomini del rappresentante dei padroni. La battaglia tra
sindacato e padroni è vinta dal primo. Nel frattempo è stata approvata la legge
che abolisce il proibizionismo e per la banda si preannuncia un futuro incerto.
Max convince gli amici a tentare allora il colpo della vita alla Banca
Federale. Noodles si lascia convincere da Carol che quella è un’impresa folle.
La sera durante l’ultimo trasporto di contrabbando d’alcolici, Noodles informa
la polizia del colpo convinto che un breve periodo di carcere sia meglio di
un’impresa come quella alla Banca Federale. In realtà l’agguato della polizia
si rivela mortale e tutti quelli della banda, Noodles escluso perché lasciato a
casa, muoiono crivellati dai colpi della polizia. 1968. Noodles incontra
Carol che gli racconta come andarono i fatti. Poco dopo incontra anche Deborah
che ammette di essere diventata l’amante del senatore che lo ha invitato a N.
Y. al suo ricevimento. Uscendo dal camerino nel quale ha incontrato la donna
incrocia il figlio del senatore, identico a Max. Capisce allora che l’amico si
è salvato ed è diventato Senatore. Va ugualmente al ricevimento e lo incontra.
Max, legato a troppi segreti e sotto inchiesta, chiede a Noodles di ucciderlo
per sottrarsi alla vendetta di chi lo vuole morto, ma offrendogli anche la
possibilità di vendicarsi per quello che aveva fatto, poiché era d’accordo con
la polizia quella volta per far finta che egli fosse morto assieme ai compagni.
Noodles si rifiuta. Uscito dalla villa dove si tiene la festa, gli pare di
scorgere Max sparire nel tritarifiuti di un camion della spazzatura. 1933.
Noodles entra nel teatro cinese, fuma dell’oppio, sorride.
Ultimo lavoro dell’inventore del genere spaghetti
western, e grandioso lavoro di rivisitazione e rilancio del genere gangster,
tratto dal romanzo Mano armata di Harry Grey (David Aaronson). Realizzato
a distanza di tredici anni dal suo precedente lavoro, C’era una volta in America è la parabola di un gruppo di
delinquenti, di una città intera, ma soprattutto di un uomo, Noodles (De Niro)
che nato con gli stracci in strada, ne diventa presto prima padrone, poi sempre
più vittima, fino alla fuga ed alla redenzione tramite il rifiuto della
vendetta e dell’omicidio del suo migliore amico. Strutturato su tre piani
fondamentali, l’infanzia degli anni ’20, la giovinezza degli anni ’30 e la
vecchiaia della fine degli anni ’60, C’era una volta in America è una
costruzione ad incastro di ricordi e rimandi che forse non sono nemmeno reali
ma frutto di un’immaginazione abbandonata ai fumi dell’oppio (l’ultimo sorriso
di De Niro\Noodles ancora giovane, la beffa di un’idea che prende corpo e
diventa film). Il tempo sul quale scorrono le immagini è il tempo della
memoria, fatto di porte che si aprono sul buio, fatto di buchi e fessure attraverso
le quali sbirciare, a volte vergognandosene (come Noodles da giovane quando
vede Deborah ballare) a volte con estremo coraggio (Noodles anziano che
affronta il figlio del senatore e scopre che è il figlio di Max). Sebbene vi
sia una linearità in questo processo mnemonico, l’avventura onirica nel
percorso dei ricordi impostata da Leone si avvale di un montaggio che collega
(da Coney Island alla Grande Mela attraverso la stazione) ma che sa anche
slegare, saltare senza paura di continuità, senza giustificazioni (il frisbee)
come in un fiume di ricordi sparsi e sonnacchiosi, che per la loro vivacità
cercano spazio per emergere (il trillo del telefono che accompagna i primi
minuti della storia). Mai troppo lontano dal suo genere preferito (scena della
tazzina) Leone inizia il film come se fosse un western di poche parole e dove
tira una cattiva aria, dove tre amici sono introdotti sulla scena che sono già
cadaveri, per creare poi un sontuoso omaggio al cinema americano e di genere al
quale era molto affezionato, ma più ampiamente anche al mito decadente delle
realtà metropolitane, governate da uomini violenti sin da bambini, misogini e
destinati ad una vita senza gloria (il finale nei rifiuti). A differenza dei
suoi precedenti lavori però, Leone sceglie immagini più larghe (evitati,
infatti, molti dei primissimi piani che hanno reso celebri anche le comparse
dei suoi films), e che godono di una temporalità, un valore narrativo di
maggior respiro e sul quale il montaggio
interno interviene molto meno. Il tema della rivalità maschile, che fa da
struttura portante dell’intero lavoro, si conclude in un gesto d’improbabile
amicizia (il finale onirico della festa) al quale il regista sceglie di far
corrispondere, dopo una delusione lunga una vita, la scelta di evitare la
vendetta. Girato superbamente, fotografato da Tonino Delli Colli, ed
interpretato con altrettanto impegno, il film consegna alcune scene memorabili
al genere gangster (la rapina di preziosi con stupro) e qualche visione storica
marcatamente provocatoria (la mafia che scambia il capo dei padroni con quello
degli operai), il tutto musicato dal maestro Ennio Morricone, capace
quest’ultimo di scrivere brani dalle grandi potenzialità evocative. Trattandosi
di un gruppo di banditi d’origine ebrea, e trattandosi di un omaggio al cinema
americano, il film potrebbe avere un’altra chiave di lettura nella volontà, da
parte del regista, di parlare a distanza della nascita e del modello
hollywoodiano del cinema. Tra i piccoli cammei, anche quello del produttore del
film, Arnon Milchan (il tassista) che per il mercato statunitense pensò bene di
ridurre il film alle due ore, con il risultato di ottenere un fiasco
commerciale [i].
Bucci Mario
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