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Easy rider. Libertà e paura - Easy rider
Anno: 1969
Regista: Dennis Hopper;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 20-04-2005


Easy rider

Easy rider – Libertà e paura. Dennis Hopper. 1969. U.S.A.

Attori: Peter Fonda, Dennis Hopper, Jack Nicholson, Luana Anders, Karen Black, Robert Walker

Durata: 94’

Titolo originale: Easy rider

 

 

Los Angeles. Due uomini a bordo di due chopper acquistano una partita di cocaina e poco dopo la rivendono incassando parecchi soldi e nascondendoli nel serbatoio delle motociclette. I due si chiamano Billy e Capitan America. Si mettono in marcia e subito danno un passaggio ad un autostoppista che li conduce in una comune di hippies. Dopo aver trascorso poco tempo con loro, i due si rimettono in strada ed arrivati in una cittadina, Texas City, poiché in coda ad un corteo, vengono arrestati. In prigione entrambi fanno la conoscenza di un avvocato, George Hanson, dentro per ubriachezza, che li aiuta ad uscire su cauzione e poi si mette in viaggio con loro per raggiungere un bordello molto famoso a New Orleans, dove i due sono diretti e dove è in programma il carnevale. Di passaggio da una cittadina agricola, i tre sono presi di mira dagli uomini del paese a causa del loro look appariscente e la notte sono aggrediti a colpi di mazza. A perdere la vita è proprio George. Billy e Capitan America decidono allora di andare nel bordello e festeggiare in memoria dell’avvocato e con due prostitute assumono LSD in un cimitero dove Capitan America ha un’illuminazione. Ripartono per la Florida, ma entrambi sono abbattuti a colpi di fucile da un agricoltore.

Road movie (da ovest verso est) che è entrato di dritto nella storia del cinema grazie ad una serie di coincidenze e capacità artistiche e tecniche di notevole fattura. In direzione della santificazione di due martiri (morte finale), il pubblico affronta un lungo viaggio nella rarefatta realtà della provincia americana, dove le illusioni del mito (soprattutto di Capitan America) svaniscono per razzismo e ignoranza, miseria intellettuale ed approssimazione di giudizio. Ma anche la coppia di questa pellicola, equilibrata (Capitan America il più riflessivo e Billy il più polemico), tutto sommato gentile, è una coppia di fenomeni da baraccone, senza un ideale preciso (in fondo trafficano cocaina), e che affronta l’America senza partito preso, a cavallo di due chopper, inseguendo a loro volta il proprio sogno (il denaro). La non correzione della rotta, li condurrà alla morte. Peter Fonda e Dennis Hopper (entrambi autori anche di soggetto e sceneggiatura con la collaborazione di Terry Sothern), entrano nel mito, passandogli attraverso. Cocaina, LSD, marijuana, vento fra i capelli, libertà sessuale, a cavallo di un chopper che solca il bollente asfalto del deserto, questi gli ingredienti di un mito cantato dai brani migliori dell’epoca (una delle colonne sonore più invidiate del cinema) ma che cade in terra abbattuto da un contadino rozzo e lontano dal mondo. La città resta un mito, essa sparisce sebbene citata e chiamata in causa spesso, perché è la provincia il problema dell’America che vorrebbe cambiare, il suo bigottismo e la sua ingenuità usata come scudo per il conservatorismo più bieco e subdolo. Jack Nicholson, avvocato di provincia e bevitore di razza, che prova per la prima volta uno spinello, è anche chi è massacrato a colpi di mazza. Fotografia viva di Laslo Kovacs e montaggio singolare di Donn Cambren (al quale hanno collaborato anche Bob Rafelson, Henry Jaglom e Jack Nicholson [i]), due buoni attori (Hopper e Fonda) ed uno eccellente (Nicholson), senso del gusto visivo e visionario (tutta la parte in acido è girata in 16 mm), un mito irresistibile, citato e parodiato in tantissime pellicole successive, è diventato un’icona del movimento di ribellione dei figli dei fiori, sebbene vi sia qualche appunto sulla figura delle donne, ancora senza un effettivo rilievo o riconoscimento nel movimento di protesta (esse sono ancora donne di casa e compagne, infatti). Visto sotto certi versi, Easy rider è anche (e ancora) un film western, di due cavalieri solitari che affrontano il deserto accostandosi ai vari significati della vita e che vengono uccisi da delinquenti della ragione e della tolleranza. Viaggio, natura e senso di ribellione (caratteristiche fondamentali del mito americano portato sullo schermo soprattutto dal genere western) sono così aggiornati in uno dei primi youth movie [ii] che grazie ad un progetto indipendente riesce comunque a sbancare il botteghino. A questo punto però torna utile una precisazione, cioè che è vero che il film fu girato in maniera indipendente (costato solo 400 mila dollari) ma è anche vero che la distribuzione fu affidata ad una major, la Columbia, che ne garantì il successo ed anche un incasso superiore ai 19 milioni di dollari [iii]. Per certi versi infine, il doppio omicidio finale, allude a quelli più autorevoli di Kennedy e Malcolm X. Easy rider segna anche l’esordio di Dennis Hopper dietro la macchina da presa, e fa da trainante per le produzioni indipendenti riscuotendo ovunque un notevole successo. Quando il regista underground Paul Morrissey, accompagnato da Andy Warhol, assistette ad una visione privata della pellicola ed ancora incompleta,, a casa di Peter Fonda, commentò “Che idea geniale fare un film sulla tua collezione di dischi!”, riferendosi al fatto che per lui la cosa migliore del film era proprio la selezione musicale [iv].

 

 

Bucci Mario

        [email protected]



[i] Paolo Mereghetti. Dizionario dei film 2000. Baldini & Castoldi.

[ii] Franco La Polla su Cinema di tutto il mondo a cura di Alfonso Canziani. Mondadori.

[iii] Antonio Costa. Saper vedere il cinema. Bompiani. A tal proposito Costa lo definisce come uno dei colossali affari economici del cinema.

[iv] Andy Warhol, Pat Hackett. Pop. Meridiano zero