Easy rider – Libertà e paura. Dennis Hopper. 1969. U.S.A.
Attori: Peter
Fonda, Dennis Hopper, Jack Nicholson, Luana Anders, Karen Black, Robert Walker
Durata: 94’
Titolo
originale: Easy rider
Los Angeles. Due uomini a bordo
di due chopper acquistano una partita di cocaina e poco dopo la rivendono
incassando parecchi soldi e nascondendoli nel serbatoio delle motociclette. I
due si chiamano Billy e Capitan America. Si mettono in marcia e subito danno un
passaggio ad un autostoppista che li conduce in una comune di hippies. Dopo
aver trascorso poco tempo con loro, i due si rimettono in strada ed arrivati in
una cittadina, Texas City, poiché in coda ad un corteo, vengono arrestati. In
prigione entrambi fanno la conoscenza di un avvocato, George Hanson, dentro per
ubriachezza, che li aiuta ad uscire su cauzione e poi si mette in viaggio con
loro per raggiungere un bordello molto famoso a New Orleans, dove i due sono
diretti e dove è in programma il carnevale. Di passaggio da una cittadina
agricola, i tre sono presi di mira dagli uomini del paese a causa del loro look
appariscente e la notte sono aggrediti a colpi di mazza. A perdere la vita è
proprio George. Billy e Capitan America decidono allora di andare nel bordello
e festeggiare in memoria dell’avvocato e con due prostitute assumono LSD in un
cimitero dove Capitan America ha un’illuminazione. Ripartono per la Florida, ma entrambi sono
abbattuti a colpi di fucile da un agricoltore.
Road movie (da ovest verso est) che
è entrato di dritto nella storia del cinema grazie ad una serie di coincidenze
e capacità artistiche e tecniche di notevole fattura. In direzione della
santificazione di due martiri (morte finale), il pubblico affronta un lungo
viaggio nella rarefatta realtà della provincia americana, dove le illusioni del
mito (soprattutto di Capitan America) svaniscono per razzismo e ignoranza,
miseria intellettuale ed approssimazione di giudizio. Ma anche la coppia di
questa pellicola, equilibrata (Capitan America il più riflessivo e Billy il più
polemico), tutto sommato gentile, è una coppia di fenomeni da baraccone, senza
un ideale preciso (in fondo trafficano cocaina), e che affronta l’America senza
partito preso, a cavallo di due chopper, inseguendo a loro volta il proprio
sogno (il denaro). La non correzione della rotta, li condurrà alla morte. Peter
Fonda e Dennis Hopper (entrambi autori anche di soggetto e sceneggiatura con la
collaborazione di Terry Sothern), entrano nel mito, passandogli attraverso. Cocaina,
LSD, marijuana, vento fra i capelli, libertà sessuale, a cavallo di un chopper
che solca il bollente asfalto del deserto, questi gli ingredienti di un mito
cantato dai brani migliori dell’epoca (una delle colonne sonore più invidiate
del cinema) ma che cade in terra abbattuto da un contadino rozzo e lontano dal
mondo. La città resta un mito, essa sparisce sebbene citata e chiamata in causa
spesso, perché è la provincia il problema dell’America che vorrebbe cambiare,
il suo bigottismo e la sua ingenuità usata come scudo per il conservatorismo
più bieco e subdolo. Jack Nicholson, avvocato di provincia e bevitore di razza,
che prova per la prima volta uno spinello, è anche chi è massacrato a colpi di
mazza. Fotografia viva di Laslo Kovacs e montaggio singolare di Donn Cambren
(al quale hanno collaborato anche Bob Rafelson, Henry Jaglom e Jack Nicholson [i]), due
buoni attori (Hopper e Fonda) ed uno eccellente (Nicholson), senso del gusto
visivo e visionario (tutta la parte in acido è girata in 16 mm), un mito
irresistibile, citato e parodiato in tantissime pellicole successive, è
diventato un’icona del movimento di ribellione dei figli dei fiori, sebbene vi
sia qualche appunto sulla figura delle donne, ancora senza un effettivo rilievo
o riconoscimento nel movimento di protesta (esse sono ancora donne di casa e
compagne, infatti). Visto sotto certi versi, Easy rider è anche (e ancora) un film western, di due cavalieri
solitari che affrontano il deserto accostandosi ai vari significati della vita
e che vengono uccisi da delinquenti della ragione e della tolleranza. Viaggio,
natura e senso di ribellione (caratteristiche fondamentali del mito americano
portato sullo schermo soprattutto dal genere western) sono così aggiornati in
uno dei primi youth movie [ii] che
grazie ad un progetto indipendente riesce comunque a sbancare il botteghino. A
questo punto però torna utile una precisazione, cioè che è vero che il film fu
girato in maniera indipendente (costato solo 400 mila dollari) ma è anche vero
che la distribuzione fu affidata ad una major, la Columbia, che ne garantì il
successo ed anche un incasso superiore ai 19 milioni di dollari [iii]. Per
certi versi infine, il doppio omicidio finale, allude a quelli più autorevoli
di Kennedy e Malcolm X. Easy rider
segna anche l’esordio di Dennis Hopper dietro la macchina da presa, e fa da
trainante per le produzioni indipendenti riscuotendo ovunque un notevole successo.
Quando il regista underground Paul Morrissey, accompagnato da Andy Warhol,
assistette ad una visione privata della pellicola ed ancora incompleta,, a casa
di Peter Fonda, commentò “Che idea
geniale fare un film sulla tua collezione di dischi!”, riferendosi al fatto
che per lui la cosa migliore del film era proprio la selezione musicale [iv].
Bucci Mario
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