Le
colline hanno gli occhi. Wes Craven. 1977. USA.
Attori: Susan
Lanier, Robert Houston, Martin Speer, Dee Wallace, Michael Berryman
Durata: 90’
Titolo originale: The
hills have eyes
USA. Deserto. Una numerosa famiglia di pellegrini sta
andando verso la California,
ma si trova bloccata a causa di alcuni problemi con la macchina. Un paio d’elementi
si allontanano per trovare aiuto alla vicina stazione di benzina, mentre altri
rimangono al buio, nel deserto, confortati solo dal fatto di avere a rimorchio
una roulotte. Un gruppo di cannibali, frutto di alcuni esperimenti atomici in
zona, assedia il gruppo fino allo scontro finale.
Seconda pellicola per il talentuoso Wes Craven, uno dei
maggiori autori capace di reinventare un genere, quello horror, che in questo
periodo si stava appiattendo su formule ormai da troppo tempo consolidate. Le colline hanno gli occhi, infatti,
fa da anello di congiunzione tra il primo horror (quello d’ambientazione “provinciale”)
e il new horror (con riferimenti alle metropoli o comunque al decadimento della
società occidentale), arricchito però di colpi di scena, attitudine che presto
diventerà marchio del regista stesso. Quello che, infatti, Wes Craven compie, è
soprattutto un lavoro di svecchiamento del genere, a livello di sceneggiatura
soprattutto, introducendo elementi caratteristici del western crepuscolare (la
famiglia di cannibali è come una tribù d’indiani) dove ad una serie di passaggi
obbligati fa corrispondere intuizioni narrative spiazzanti e comunque
divertenti (il finale che ricorda per certi versi la parodia del classico Duello al sole (1948) di King Vidor). È
soprattutto in chiave sociologica che il film può essere riletto oltre
l’aspetto visivo cui l’horror è legato, poiché gli aggressori altro non sono
che il risultato di una comunità abbandonata a se stessa e sulla quale vengono
incautamente fatti degli esperimenti nucleari che li trasformano in cannibali,
elemento principale nell’antropologia, per indicare una deriva della comunità
sociale, nonché un’involuzione vera e propria del concetto di confronto ed
accoglienza tra diversi gruppi d’appartenenza. Oltre questi elementi, anche il
sottotesto religioso, non trascurabile, dovuto soprattutto all’educazione che
il regista ha subito da piccolo: la famiglia di pellegrini è assalita da uomini
che hanno nomi pagani (Giove, Plutone, Mercurio e Marte) ed ogni elemento, che
non rispetta l’ordine delle regole (il consiglio del benzinaio a fuggire dalla
zona), è punito selvaggiamente dalla tribù di folli cannibali. Il film ottenne
il primo premio al Festival di Sitges. Il regista diresse poi il sequel, The
hills have eyes 2 (1985), ma la
pellicola, nonostante il successo del primo episodio, è rimasta inedita in
Italia. La locandina del film, il primo, è nella cantina del film La casa (1983) di Sam Raimi [i]. Prima
di Wes Craven anche il regista Tobe Hooper, con la famiglia di cannibali ne Non aprite quella porta (1974), aveva
cercato di fare la stessa cosa, con eguale successo, ma con qualcosa in meno a
livello di novità narrative.
Bucci Mario
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