Il
coltello di ghiaccio. Umberto Lenzi. 1972. ITALIA-SPAGNA.
Attori: Carroll Baker, Alan
Scott, Ida Galli, Eduardo Fajardo, Silvia Monelli, Carla Mancini,
Durata: 92’
Montseny. Francia. Nel piccolo
paesino arriva Jenny, la cugina di Marta, una donna rimasta muta da quando ha
perso entrambi genitori in un incidente ferroviario. Le due donne vanno a casa
di Marta dove ad attendere l’arrivo di Jenny c’è l’anziano zio ed un gruppo di
domestici. La notte Jenny viene assassinata e poiché vi è stato un altro omicidio
nei pressi della villa, il commissario sospetta di un serial killer. Alla morte
di Jenny segue quella della governante ed i sospetti ricadono su un tossico
satanista che viene arrestato. Quando una bambina, assidua frequentatrice della
casa, viene anch’ella ammazzata, la polizia è costretta a ricominciare tutto da
capo. Con l’aiuto del medico di famiglia, l’ispettore scopre che ad uccidere
Jenny è stata proprio Marta, invidiosa del fatto che quella fosse diventata una
brava cantante, e che aveva ucciso le altre donne per depistare le indagini.
La paura è un coltello di ghiaccio che lacera i sensi fino al fondo
della coscienza. Forse la citazione che introduce la storia, direttamente
tratta dagli scritti di E.A. Poe, sembra la cosa migliore del film, perché Il
coltello di ghiaccio è uno dei peggiori gialli realizzati da Umberto Lenzi,
mestierante che ha dato prove migliori al cinema di genere. Allusioni ovvie e
scontate all’incubo di Alice nel paese
delle meraviglie (anche uno specchio che viene rotto dalla stessa
assassina) ed i soliti buchi nella sceneggiatura rendono la storia scontata ma
al tempo stesso complicata, involontariamente. Attori distanti, tensione
impalpabile, il film non gode nemmeno di una buona musica (di Marcello
Giombini) solitamente una delle prime cose che si fa apprezzare in pellicole
come questa. Derivativo dei vari successi di Mario Bava, il film è stato
scritto dallo stesso regista con l’aiuto di Antonio Troisio in fase di stesura
della sceneggiatura. Se non fosse che si tratta di una produzione
italospagnola, non si spiegherebbero i titoli di testa girati durante una
corrida, anche perché la storia è ambientata in Francia (al confine ovviamente
con la Spagna).
Nessuno spunto creativo nella rappresentazione visiva, l’unica cosa divertente
è il personaggio del tossico satanista, il cui riferimento alla figura di
Charles Manson non è nemmeno nascosto. È l’ultimo film di Lenzi con la Baker.
Bucci Mario
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