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Il vampiro - Vampyr ou l'étrange aventure de David Gray
Anno: 1931
Regista: Carl Theodor Dreyer;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Francia; Germania;
Data inserimento nel database: 12-11-2004


La grande guerra

Il vampiro. Carl Theodor Dreyer. 1931. FRANCIA-GERMANIA.

Attori: Julien West (Nicolas de Gunzburg), Henriette Gérard, Jean Hieronimko, Maurice Schutz, Rena Mandel, Sybille Schmitz, Albert Bras, N. Babanini, Jane Mora

Durata: 83’

Titolo originale: Vampyr ou l'étrange aventure de David Gray

 

 

David Gray arriva in una misteriosa cittadina. Prende una stanza in una piccola locanda ma ben presto si accorge della presenza di alcune entità misteriose.  Un uomo, infatti, s’introduce nella sua stanza di notte e gli lascia un pacco sul quale scrive di aprirlo solo dopo la sua morte. Attirato da alcuni strani rumori, David fa un giro attorno alla campagna ed alle costruzioni che la circondano e scopre una serie di ombre che vivono di vita propria. Seguendo il suo istinto arriva ad un grosso maniero dove assiste all’omicidio dell’uomo che la notte era entrato nella sua stanza. Ne approfitta allora per aprire il pacco che questo gli aveva lasciato e scopre un libro che parla di una donna, la signora Chopin, Principessa delle tenebre, vampiro che si nutre del sangue di giovani vittime diffondendo un’epidemia fra gli abitanti della campagna. Ad aiutarla sono un anziano medico ed un uomo senza una gamba che usano le figlie dell’uomo ucciso per fornire alla donna il sangue necessario a sopravvivere. Corso in aiuto di una delle figlie tenuta legata in una stanza, David vede la propria anima separarsi dal corpo e ritrova, vicino al luogo dove questa è imprigionata, il suo corpo rinchiuso in una bara. In realtà si tratta di un incubo. Quando si risveglia nota uno dei domestici che sta profanando una tomba e gli dà una mano. Assieme uccidono il vampiro trafiggendogli il cuore e liberando così l’anima dei posseduti. Il medico prova a fuggire ma, rifugiatosi in un mulino, è sommerso dalla farina che lo soffoca mentre il suo aiutante muore cadendo dalle scale. 

Ispirato al racconto Carmilla dell’irlandese Joseph Sheridan Le Fanu ed all’aria tetra di altri suoi racconti racchiusi nella raccolta In the glass darkly, il regista Carl Theodor Dreyer realizza, dopo il religiosissimo successo del precedente La passione di Giovanna d’Arco (1928), una delle variazioni più significative ed interessanti del genere vampiresco. Il film, infatti, inizia e prosegue per tutta la sua durata come un incubo onirico nel quale il protagonista è da subito inserito, messo in scena attraverso suggestive rappresentazioni del maligno e dell’aldilà. Caratterizzato da un maggiore utilizzo degli spazi aperti, non circoscritto quindi solo agli interni (dove comunque il regista è perfetto nell’uso narrativo dei movimenti della m.d.p.), il film è tuttora geniale per intuizioni narrative che lo rendono una tra gli horror più sofisticati e raffinati mai realizzati. C’è aria del primissimo Bunuel in questa pellicola, ed è l’aria che la contraddistingue come surreale ed onirica. Ombre che si staccano dai corpi e vivono di vita propria, reverse movement, recitazione sospesa degli attori (considerando il fatto che il sonoro era ormai entrato nell’uso del cinema) e grande impatto delle immagini (la soggettiva di Gray nella bara, che guarda da sotto lungo tutto il tragitto verso la sepoltura) sono i pilastri di questo piccolo capolavoro di genere. Fu prodotto dal barone Nicolas de Gunzburg, in arte Julien West ovvero il protagonista di questa pellicola. Rispetto all’altro grande capolavoro realizzato sullo stesso tema, Nosferatu il vampiro (1922) di Friedrich Wilhelm Murnau, siamo però di fronte ad una scelta diametralmente opposta (e leggenda vuole dettata da un inconveniente tecnico) che preferisce la luce del giorno (e quindi il bianco cinematografico) rispetto alle oscurità notturne che caratterizzavano la pellicola tedesca (con quindi una maggiore presenza di nero in fase di realizzazione), pur rimanendo nella tradizione fantastica tedesca degli anni venti, gli anni cioè dell’espressionismo (dal quale movimento però si discosta moltissimo). Caso tecnico o scelta volontaria, l’effetto è comunque di novità e dietro questa scelta c’è pur sempre Rudolph Maté, uno dei fotografi più bravi del periodo. Nonostante il fatto che fu la prima pellicola sonorizzata realizzata dal regista, fu girata muta e le furono aggiunti solo in seguito i brevi dialoghi. La scelta fu dettata anche dal fatto che la produzione aveva deciso di stamparne tre versioni in altrettante lingue: francese, tedesco e inglese, il cui audio sarebbe stato quindi necessariamente aggiunto in post-produzione. Fu purtroppo un insuccesso che costrinse il regista ad una lunga inattività. Una versione originale e completa di questa pellicola non esiste più e quella che è attualmente in circolazione è stata ottenuta con le copie incomplete della versione tedesca e quella francese, assemblate nel 1998 a cura della Stiftung Deutsche Kinemathek e della Cineteca di Bologna, e riproposta in un’edizione tedesca con l’aggiunta del sottotitolo Der Traum des Allan Grey [i].

 

 

Bucci Mario

[email protected]



[i] Morando Morandini. Dizionario dei film 2004. Zanichelli