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Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto
Anno: 1970
Regista: Elio Petri;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Italia;
Data inserimento nel database: 12-11-2004


La grande guerra

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Elio Petri. 1970. ITALIA.

Attori: Gian Maria Volonté, Florinda Bolkan, Gianni Santuccio, Orazio Orlando, Salvo Randone

Durata: 103’

 

Roma.Un uomo va a trovare una donna, la uccide e semina la scena del delitto di prove evidenti, poi chiama la polizia. Uscendo dal palazzo incrocia lo sguardo di un ragazzo. L’assassino è il capo della Sezione Omicidi e quando fa ingresso alla questura festeggia la sua promozione alla Sezione Politica. Dopo i festeggiamenti torna con tutta la squadra sul luogo dell’omicidio dove ricorda di come alla vittima, Augusta Terzi, piaceva farsi fotografare come vittima di altri casi risolti proprio dal suo amante, il capo della Omicidi. L’uomo torna a casa e si ricorda anche di come si erano conosciuti: era stata lei a perseguitarlo con telefonate anonime che lo avevano convinto a incontrarla. Il giorno dopo l’omicidio, l’ormai ex capo della Omicidi assume la direzione dell’Ufficio Politico e tiene un solenne e duro discorso che associa la sovversione politica alla criminalità ordinaria. Per il nuovo capo della Sezione Politica la libertà è contraria alle istituzioni. Scende a visitare l’archivio degli schedati e scopre di Pace Antonio, anarchico con il telefono sotto controllo, è il ragazzo che ha incrociato nel palazzo dove ha commesso l’omicidio. Poco dopo torna ad interessarsi delle indagini e il brigadiere Panunzio gli fa vedere le innumerevoli impronte che ha trovato sulla scena ma alle quali non dà nessuna importanza proprio perché sono del suo superiore. Nel frattempo stanno interrogando il marito di Augusta Terzi il quale, omosessuale, parla di un’amante che la sua ex moglie aveva e che lo minacciava per telefono. Una volta solo in casa, il nuovo commissario della Sezione Politica lascia una confessione su un nastro magnetico nella quale ammette di aver compiuto il gesto per provare la sua assoluta insospettabilità, anche di fronte ai fatti. Il giorno dopo ritorna all’ufficio intercettazioni e chiede di ascoltare quelle di Antonio Pace. Il brigadiere Biglia, che sta seguendo il caso di Augusta Terzi, gli domanda di una cravatta che lui indossava il giorno dell’omicidio e che potrebbe assomigliare a quella che l’assassino aveva con sé durante l’omicidio poiché ne è stata trovata una traccia sotto le unghie della vittima (in realtà lasciata appositamente proprio dall’ex capo della Omicidi).  Lui dice di essere disposto a fargliela pervenire per un controllo ma poco dopo va nel negozio dove l’ha comprata e convince uno stagnino ad acquistarle tutte per lui. Ne prende una e, lasciandogli tutte le altre, confessa a questo di essere l’assassino di Augusta Terzi e gli ordina di andare alla polizia a denunciarlo. Torna in questura per dare la sua cravatta al brigadiere Biglia e viene sottoposto ad un confronto con lo stagnino il quale però, confuso, prima lo riconosce ma poi si ricrede. Un momento dopo c’è un’esplosione nella fogna della questura e poi altre due in città. Il capo della Sezione Omicidi ordina così una retata negli ambienti sovversivi e rivoluzionari e, dopo aver fatto cedere un compagno in un interrogatorio, ottiene un confronto con l’anarchico individualista Antonio Pace il quale però lo accusa di omicidio perché lo ha riconosciuto, ma decide di non denunciarlo. L’assassino ricorda di aver visto una volta Augusta e Pace e di aver provato gelosia. Decide allora di autodenunciarsi alla Omicidi e poi si ritira a casa propria. Poco dopo arrivano tutti i rappresentanti dell’autorità i quali, piano piano, una ad una, smontano le prove e non credono al fatto, o almeno non vogliono farlo. Sembra un sogno, il capo della Sezione Politica si risveglia sdraiato sul letto, ma in realtà tutti arrivano veramente a casa sua per discutere del fatto e fargli firmare, su carta bianca, la confessione della sua innocenza.

Non c’è dubbio che Indagine su un cittadino… sia uno dei capolavori del cinema nazionale e uno dei film più importanti dell’intero settore cinematografico mondiale. Costruito difatti come un giallo poliziesco, tutto fa tranne proprio che percorrere le intenzioni del giallo (l’assassino è subito svelato nelle prime immagini) perché nella realtà quello che Petri vuole fare è descrivere le dinamiche del potere costituito ed istituzionalizzato, rendendole provocanti e marce, dispotiche e folli, rigide ed assolutamente irrazionali e contraddittorie. Il significato di autorità, in questa pellicola, è soprattutto legato a quello del potere ed il potere, come sempre accade, è in grado di salvare se stesso, sebbene ci sia tutta la volontà di porre fine a questo circolo vizioso. Il finale, infatti, è più che chiaro: anche se si è dimostrata la sfiducia o l’impossibilità da parte dell’autorità di credere che un suo elemento costituente possa compiere un gesto antiautoritario o illegale, di fronte alla propria accusa, non si riesce ugualmente a fare in modo che l’autorità stessa possa essere messa sotto giudizio, accusata ed infine condannata. Per Elio Petri allora, il rapporto tra legale ed illegale si trasforma in psicosi soprattutto quando chi è messo a gestione del potere vi rimane per troppo tempo (lo stato). Gran parte del successo del film si deve al suo interprete principale, Gian Maria Volontà, impagabile ed iperrealista come non mai, che consegna all’immaginario collettivo una delle più alte e concrete rappresentazioni di questo potere psicotico, che condanna e non riesce a farsi condannare, che uccide e non riesce a farsi uccidere, che reprime senza giustizia. Accanto a questo, lo sguardo del regista verso la condizione politica in cui l’Italia si trovava, e la fredda descrizione della strada che stava scegliendo (“Repressione è civiltà” grida Volontè al microfono durante il suo primo discorso\comizio alla Sezione Politica) fatta di confusione tra criminalità ordinaria (scippi, stupri e violenze tout court) e rivendicazione politica (sovversione e scontro frontale su questioni politiche e sulle dinamiche del potere). “Sotto ogni criminale può nascondersi un sovversivo e sotto ogni sovversivo può nascondersi un criminale”… è bigottismo politico e autoritario, è il potere che trema di fronte alle accuse e le rivendicazioni e che si organizza costruendo una propria legge repressiva adatta, con ogni strumento, a cancellare ogni forma di atto dotato d’interesse antiautoritario nel senso più alto del termine. La figura di Augusta Terzi infine, potrebbe rappresentare l’Italia che l’autorità dovrebbe difendere, che lo chiama e che poi lo istiga a compiere atti illegali, che ha scelto la morbosità dannunziana della morte, e che alla fine lui uccide più che per gelosia, perché affascinata dal movimento rivoluzionario che sta scendendo nelle piazze alzando la voce (incontro tra Augusta e l’anarchico Pace). Incisivo e diretto, Petri descrive, con le battute di Augusta Terzi, un poliziotto che è come un ladro e come un prete, come colui cioè che ha i suoi segreti e dei quali non può e non deve rendere conto a nessuno, esattamente al contrario di quanto invece accade a coloro che in questura ci finiscono o che sono pedinati o dei quali è tenuto sotto controllo il telefono. Infantile ed immaturo (piange quando messo di fronte ai propri limiti, urla quando aggredito) il funzionario dell’autorità, qualunque impressione faccia su di noi, è sevo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano, come lo stesso Petri ci tiene a chiarire alla fine della pellicola, rifacendosi alle parole dello scrittore Franz Kafka (anche se l’idea del film ha una natura dostoevskiana). L’autorità confonde quindi, chi gli sta di fronte ma anche chi ne fa parte, tranne Elio Petri che, con lucidità invidiabile (e grazie alla collaborazione di Ugo Pirro nella stesura del soggetto e della sceneggiatura) racconta tutto questo con una freddezza glaciale e dirompente. Bellissime le musiche di Ennio Morricone, dirette da un altro grande maestro, Bruno Nicolai. Pulitissima, infine, la rappresentazione: fotografia di Luigi Kuveiller (autore anche della fotografia del meraviglioso Profondo rosso (1975) di Dario Argento) mentre l’operatore è Ubaldo Terzano. Oscar come miglior film straniero, premio speciale della giuria al Festival di Cannes, fece ottenere il Nastro d’argento a Gian Maria Volonté per la sua proverbiale interpretazione, volutamente sopra le righe. L’uscita in sala della pellicola fu ritardata a causa della strage di Piazza Fontana, avvenuta poco dopo la conclusione delle riprese. Il poliziotto che dorme durante il comizio di Volontè alla Sezione Politica è il regista Elio Petri, mentre il caratterista Fulvio Grimaldi, che nella pellicola interpreta il giornalista Patanè, all’epoca militava in Lotta Continua [i].

 

Bucci Mario

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[i] Marco Giusti. Dizionario dei film italiani Stracult. Sperling & Kupfer