Il
commissario di ferro. Stelvio Massi. 1978. ITALIA.
Attori: Maurizio Merli, Janet
Agren, Ettore Manni, Chris Avram, Mariangela Giordano, Dora Calindri
Durata: 85’
Roma. Una banda di balordi sequestra la figlia di un ricco
industriale. Il commissario di ferro Mauro Mariani si occupa di rintracciare la
banda di malviventi ma, recuperato il denaro del riscatto e la figlia
dell’imprenditore, perde le tracce del Marocchino, il boss della banda. Il
giorno dopo, mentre è a casa della ricca moglie per festeggiare il compleanno
del figlio, irrompe nel commissariato Sergio Conforti, un ragazzo armato di
pistola che vorrebbe vendicare il suicidio del padre, avvenuto nel carcere dove
Mariani lo ha fatto rinchiudere. Ricevute notizie sul Marocchino, Mariani deve
abbandonare il figlio per cercare di stanare il boss che raggiunge
nell’appartamento della fidanzata di quello. Poiché costretto a ritardare
all’appuntamento con la famiglia per il pranzo, il commissario ne dà un altro
proprio al commissariato. Prima che egli vi fa ritorno però, Sergio Conforti,
che nel frattempo ha ucciso un poliziotto, sequestra il piccolo Claudio,
riconoscendolo come il figlio di Mariani. Sergio gli dà appuntamento dove
Mariani ha arrestato suo padre, e lì il commissario riesce a bloccare il
malvivente e salvare il figlio.
Soggetto (forse) originale, con un folle che tiene in
scacco la questura e che cerca una vendetta privata. Meno violento e poliziottesco
degli altri suoi cloni, il film di Stelvio Massi ha un’apertura meravigliosa,
girata in rallenti, che lascia prevedere ad un gran film di genere e che invece
si perde sulla pessima (come al solito, ma qui davvero insopportabile)
interpretazione di Maurizio Merli. Mariangela Giordano, una delle interpreti,
commenta a tale proposito “Merli era un rompiscatole come nessuno; credeva
di essere Dio in terra e non era neanche un buon attore” [i]. Per questa pellicola, girata molto sotto il
limite di low budget, il regista si affida ad un larghissimo uso di zoom
e carrelli (alcuni assolutamente riusciti e di buon gusto) attenuando il
commento musicale e limitandosi con i personaggi di contorno, vera
caratteristica delle pellicole di genere italiane.
Bucci Mario
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