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Rudao longhu bang Il combattimento modello di judo tra la tigre e il drago Anno: 2004 Regista: Johnnie To; Autore Recensione: Andrea Caramanna Provenienza: Hong Kong; Data inserimento nel database: 01-09-2004
Rudao longhu bang
Rudao longhu bang
Il combattimento modello di judo tra la tigre e il drago
Throw Down
Regia: Johnnie To; Sceneggiatura: You Nai Hoi Yid Im Shing
Au Kim Yee
Fotografia: Chen Siu Keung; Scenografia: Tony Yu; Montaggio: David Richardson;
Musica: Peter Kam; Costumi: Stanley Cheung; Interpreti: Louis Koo, Aaron Kwak,
Cherrie In, Tony Leung Ka-Fai; Produttori: Johnnie To, Stephen Lam; Produzione:
China Star Milkyway Image; Anno di produzione: 2004; Durata: 94’ Formato:
1:2,35, 35 mm, colore; Sonoro: Dolby SR; Versione originale: Cantonese;
Origine: Hong Kong
Venezia Fuori concorso
$align="left"; include "image1.php3"; ?>Immagine spropozionata rispetto al gioco
paralogico del judo. La mdp di Johnnie To è sempre sospesa tra un'immersione
completa nella fisicità viandante dei personaggi e l'atmosfera tesa verso un
sostanziale luogo iperrealistico. Basti vedere un angolo di Cina: Bank of China
o Italian Restaurant o meglio, i locali clandestini dove l'azzardo è l'aria più
forte che si respira. To tesse instancabilmente le coreografie dei passagges
benjaminiani metropolitani, laddove neon, luci notturne colorate, forniscono
l'accesso a una dimensione altra della città. Il judo sopravvive come
performance primitiva viscerale di una presenza corporea, dell'organismo, che
ha continuamente bisogno di rinnovarsi, di trovare e di tornare all'equilibrio,
di estendersi nel villaggio surreale del lounge bar con un'anima rigenerata o
rinnovata. Tanto che le varie posizioni del judo sono un segno vitale pronto a
riconquistare un'appartenenza perduta. In questo senso la parabola di Sze To
altro non è che la riconquista del corpo, dell'unica forza vitale sopravvissuta
e da rielaborare. Quindi un corpo da non abbandonare alle straripanti
ossessioni giornaliere di alcol e gioco, in un riferimento che potrebbe
apparire didascalico. Più volte vediamo il balletto appassionante delle
banconote, lo spargimento inesausto lungo le strade vuote, ne seguiamo la
stessa totale idolatria, la forma di riusucchiamento totale verso un abisso
improduttivo. Lo stesso denaro è continuamente perso e riacquistato da Sze To,
la paralisi dei flussi di denaro è chiarissima, ma raramente il cinema l'aveva
espressa in questo modo: la banconota, come lurida carta trasportata dal vento,
infangata dalle stesse luminescenze del paradiso notturno delle metropoli e
acchiappata, rincorsa fino all'esaurimento delle forze.
To rappresenta istanze, figure da computer grafica, modellini che articolano
movimenti improvvisi, oltre alle strepitose sequenze di lotta. E, dall'altra
parte, una serie di smorfie, ironie, sberleffi, alle logiche narrative. To è in
grado di produrre continuamente gag visive che si lasciano ammirare solo perché
catturano l'occhio, lo costringono a godere l'attimo attraverso il ralenti, il
montaggio disarticolato, le luci ridotte spesso solo a bagliori cromatici, a
fumi che si diffondono negli interni, avvolgendo completamente la scena.
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