Ottobre.
Sergej M. Ejzenštejn. 1928. URSS.
Attori: V. Nikandrov, Vladimir
Popov, Boris Livanov, Eduard Tisse, i soldati dell’Armata Rossa ed i contadini
di Leningrado
Durata: 108’
Titolo originale: Oktiabr'
Russia. Pietrogrado (San
Pietroburgo). 1917. La statua dello Zar Alessandro III è tirata giù dal popolo
in rivolta. Purtroppo vi sono dei dissidi interni e la guerra porta fame. Alla
stazione ferroviaria della Finlandia arriva però Lenin a spingere il popolo
contro il Governo provvisorio per trasferire il potere ai soviet. Il primo
grande raduno è però disperso dall’intervento dei militari che sparano sulla
folla ed il progetto bolscevico affonda e le sue sedi sono distrutte. Si
riuniscono gli stati generali e il militare Alessandro Karenskij è messo a capo
del Governo provvisorio. In nome di Dio e della Patria è chiesto l’intervento
del generale Kornilov mentre la propaganda bolscevica contatta e riunisce tutte
le rappresentanze militari e rivoluzionarie del paese. Il governo, inerme, è
costretto a difendersi facendo ricorso ai detenuti e schierando tutto il
proprio arsenale, ma nel frattempo lo stesso Karenskij con rappresentanti degli
Stati generali fugge dal Palazzo d’Inverno. Il proletariato di Pietrogrado
impara ad imbracciare le armi mentre al contempo è votata l’insurrezione dal
Comitato centrale della Rivoluzione. È il 25 ottobre e viene bloccato l’accesso
della nave da guerra Aurora poiché i rivoluzionari conquistano i ponti della
città. I cosacchi preferiscono tenersi fuori mentre si riunisce al contempo il
secondo Congresso dei soviet nel quale vince la posizione bolscevica su quelle
moderate. Il palazzo d’Inverno è difeso da un gruppo di fedelissimi ma al
segnale convenuto, le forze bolsceviche e rivoluzionarie lo assaltano e danno
la caccia stanza per stanza agli ultimi rimasti. È rovesciato il Governo
provvisorio e Lenin, che sale sul palco del Congresso dei Soviet, può
annunciare l’avvenuta rivoluzione operaia e contadina a tutto il mondo.
Molto legato ancora all’idea
intellettuale del montaggio delle attrazioni, dallo stesso regista
teorizzato, Ottobre è una sontuosa opera di valore storico non solo
perché ricostruisce un periodo che ha segnato la svolta delle ideologie
mondiali, ma anche per la ricca capacità che questo regista mostra, ancora
giovane, di saper costruire immagini così complesse e di forte ed ampio impatto
visivo. Concentrato assolutamente sulla moltitudine (massa) come soggetto
principale della pellicola (e del nuovo stato sovietico), Ottobre non
vive nell’esperienza del singolo (se non nel mito di Lenin che aggrappato alla
bandiera affronta il mal tempo nel suo comizio alla stazione in Scandinavia) ma
di una forte identificazione collettiva in un progetto comune: la rivoluzione
operaia e contadina, commissionata al regista per il decennale della
Rivoluzione. Il film dunque sintetizza, in meno di due ore, i dieci giorni
cruciali della rivoluzione d’ottobre, ed è ispirato al réportage giornalistico I
dieci giorni che sconvolsero il mondo di John Reed [1].
Il contributo del regista è però, oltre questa necessità rispettata di scrivere
per la propaganda pagine di storia del cinema sovietico, nel forte impegno di
sperimentare l’oggetto film con intuizioni non inferiori a quelle
sviluppate nel precedente Sciopero (1925): prima di tutto viene la
selezione degli eventi che, ridotta al tempo cinematografico di quasi due ore,
si basa su una ricostruzione priva di un tempo sistematico ma basato su ellissi
temporali legate fra loro dall’uso delle simbologie e del montaggio
intellettuale, poi viene la vera rappresentazione dei fatti attraverso
l’uso del montaggio intellettuale: l’uomo che spara sulla folla, in un
violentissimo alternarsi del suo p.p. con due diverse inquadrature del
mitragliatore; la morte di un rivoluzionario con i colpi inferti dagli ombrelli
delle donne borghesi ed il cavallo azzoppato durante la rivolta;
l’impressionante crudezza con la quale mostra il sollevamento dei ponti, con il
cavalo che rimane appeso ed affonda quando cade anche il primo tentativo di
rivoluzione bolscevica; la deificazione di Karenskij ottenuta con il
montaggio di lui e di divinità buddiste, africane e cristiane [2]
ed il pavone metallico che mostra il ventaglio delle sue piume; il Governo
Provvisorio trasformato in abiti appoggiati sulle poltrone; gli interventi dei
menscevichi e le strimpellate che divertono il pubblico; la diffusione del
messaggio rivoluzionario con il montaggio degli orologi mondiali. Primi
accenni al costruttivismo sovietico, filone avanguardista che influenzò
la cultura sovversiva tedesca della Bauhaus [3],
si possono scorgere in molte inquadrature stilisticamente rigide d’edifici,
chiese e soprattutto in quelle militari, sui dettagli industriali dei
proiettili e dei fucili. Largo, anzi larghissimo è il ricorso infine a
simbologie che prendono spunto da statue: Napoleone e La primavera di Rodin non
rappresentano il movimento rivoluzionario, proprio a causa della loro
ferma, immobile sostanza. La pellicola fu data al pubblico solo l’anno dopo,
nel 1928, poiché fu necessario snellire il materiale girato, soprattutto delle
immagini che riguardavano Trotzkij, ormai in ribasso per l’ascesa di Stalin [4],
e quelle di Zinov’ev [5].
Al termine delle polemiche suscitate soprattutto dal suo eccessivo
sperimentalismo e dalla sua estetica intellettuale, il regista lasciò il paese
nel 1929 per recarsi all’estero ed apprendere la tecnica del sonoro. A questa
pellicola collabora anche Eduard Tissè (che compare), il grande fotografo del
cinema muto sovietico. Tutta la sequenza dell’assalto al Palazzo d’Inverno,
ripresa dall’alto con un campo lunghissimo, è inimmaginabile ai giorni nostri,
se non su un set interamente ricostruito.
Bucci Mario
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