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Metropolis
Anno: 1926
Regista: Fritz Lang;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Germania;
Data inserimento nel database: 01-04-2004


La grande guerra

Metropolis. Fritz Lang. 1926. GERMANIA.

Attori: Brigitte Helm, Alfred Abel, Gustav Fröhlich, Rudolf Klein-Rogge, Fritz Rasp, Theodor Loos, Erwin Biswanger, Heinrich George, Olaf Storm, Hanns Leo Reich

Durata: 147’

 

 

XXI secolo. Anno 2026. Un consistente numero di operai si avvicenda in un’enorme fabbrica. Coloro che non lavorano invece, fanno parte del Club dei figli i quali sono anche gli unici ad avere accesso al Giardino eterno, uno dei lussi che la tecnologia ha permesso di raggiungere. Qui Freder, figlio di Joh Fredersen, il signore di Metropolis, mentre sta baciando una donna, vede sopraggiungere un’altra ragazza con una schiera di fanciulli figli di operai che vengono cacciati dai camerieri del Giardino eterno. Colpito dalla sua bellezza, Freder decide di scendere a cercarla nella fabbrica ed assiste alla morte di un operaio che scatena un incidente e che trasforma ai suoi occhi la fabbrica in un Moloch dove gli uomini-schiavi sono inghiottiti. Si rivolge allora al padre che gestisce Metropolis dalla Torre di Babele. Mentre cerca di spiegargli quanto è accaduto sopraggiunge Grot, il responsabile del Cuore della Macchina, che consegna a Joh Fredersman due mappe trovate nelle tasche degli operai coinvolti nell’incidente. Infuriato per quanto sta accadendo tra gli operai, licenzia il segretario Josaphat. Freder domanda al padre di prendere atto delle condizioni di vita degli operai ma di fronte alla rigidità di quello lascia la Torre di Babele e raggiunge il segretario, prossimo al suicidio, e gli domanda di lavorare per lui. Il padre, decide dì mettere una spia alle calcagna del figlio. Sceso al V livello, Freder sostituisce un operaio nei lavori per provare le condizioni di lavoro. In una piccola casetta nascosta fra i grattacieli intanto, giunge Joh Fredersman. È il laboratorio dello scienziato Rotwang che gli mostra il robot Hel, la creatura per la quale ha perso una mano. Mostrandogli le mappe che ha ricevuto da Grot, scopre l’esistenza di una rete di catacombe sotto Metropolis. Anche Freder, sul posto di lavoro, si accorge di avere una mappa nelle tasche della sua tuta e seguendo gli altri arriva ad una cappella sotterranea dove la donna che stava cercando, di nome Maria, tiene una funzione religiosa per tutti gli operai. Alla funzione, durante la quale Maria racconta la storia della Torre di Babele, assistono anche lo scienziato e Joh Frederman, scesi nelle catacombe da un passaggio segreto che si trova sotto il laboratorio dello scienziato. Finita la funzione, Freder riesce a baciare Maria, la quale lo crede il messia. Suo padre chiede allora a Rotwang di usare quella donna per dare un volto umano ad Hel. Maria viene rapita dallo scienziato ma, una volta in casa di quello, prima di essere clonata, riesce a gridare, attirando l’attenzione di Freder che passava di lì. Il ragazzo però non vi trova Maria ma solo lo scienziato che gli dice che la sua donna è dal padre. Tornando alla Torre di Babele, sviene davanti alla scena di quella con suo padre. Messo a riposo, in preda a deliri apocalittici, dopo giorni, finalmente Freder incontra nuovamente Josaphat che gli racconta di una donna di nome Maria che, nel quartiere di lusso Yoshimara, sta facendo letteralmente impazzire gli uomini con la sua danza provocante. Nel frattempo Rotwnag racconta alla vera Maria le intenzioni del suo clone: sostituendola nelle funzioni, il robot con le sue sembianze ha il compito di incitare la folla contro il creatore di Metropolis e contro le macchine. Proprio durante la funzione giungono Freder e Josaphat che accusano la finta Maria di predicare il male anziché la fratellanza. La folla non gli crede e dopo averlo assalito dà inizio alla rivolta salendo i piani alti della città. La vera Maria intanto riesce a fuggire dal laboratorio dello scienziato mentre la folla arriva fino al Cuore della Macchina. Grot avverte Joh Fredersman della rivolta ed il signore della città gli ordina di aprire i cancelli e di lasciarli fare. Distrutto il Cuore della Macchina, la città incomincia ad allagarsi mentre il clone si allontana dalla folla di operai. Maria riesce nel frattempo a raggiungere la piazza dove è situato l’allarme generale e mettendolo in azione chiama a raccolta tutti i fanciulli della città. A Yoshimara il clone convince la folla a festeggiare la distruzione della città mentre nella fabbrica Grot riesce a convincere i rivoltosi del falso messaggio al quale hanno creduto, correndo tutti il rischio di perdere i propri figli. Festeggianti e operai s‘incontrano per le strade di Yoshimara e questi ultimi danno fuoco al clone come se fosse una strega. Sopraggiunge Freder con Josaphat ed entrambi assistono al rogo di quella che credono sia Maria. Rotwang invece, trova ancora una volta Maria per la strada e la insegue fino alla cima di una cattedrale dove la ragazza, scivolando, riesce a suonare la campana che attira l’attenzione di Freder. Freder, sul tetto della cattedrale, lotta con lo scienziato che alla fine cade di sotto. Freder e Maria si uniscono e grazie alla mediazione del figlio, operai e Joh Fredersman trovano un accordo.

Adattando la propria forza visionaria, con la quale aveva contribuito a caratterizzare la corrente espressionistica tedesca, ad uno scritto della moglie Thea von Harbou, dalla quale si allontanò una volta che questa aderì alla causa nazista, il genio di Fritz Lang diede vita ad una pietra miliare della storia del cinema e non solo del genere fantascientifico. Segnato da un fortissimo senso religioso (cristiano-messianico) e da una lucida critica sulla crescente società delle macchine, il film di Lang è una sontuosa narrazione strutturata in preludio, intermezzo e furioso e polarizzata (secondo il tema del doppio, ricorrente nell’espressionismo) in bianco e nero (quando il biondo Freder sostituisce l’operaio, anche i suoi capelli diventano neri, e quando nel finale diventa mediatore, è di color grigio). Attraverso la realizzazione di quelle che appaiono come sontuose scenografie (in realtà molto più piccole ed ingrandite con il metodo Shufftan che si serviva di uno specchio a 45° rispetto alla lente) l’immaginario di Lang apporta notevoli modifiche all’idea di futuro delle società urbane. Egli, infatti, costruendo la città su più livelli, torna a dare un’immagine gerarchica della società secondo l’arcaico modello delle società faraoniche, dove i piani più alti corrispondono poteri superiori e condizioni di vita migliori. La pellicola è soprattutto una denuncia al sistema delle macchine, al modello industriale (l’incubo delle dieci ore che non finiscono) ed alla società totalitaria (dalla quale fece a tempo a fuggire, rinunciando alla carica di direttore dell’UFA propostagli dallo stesso Hitler, affascinato da questo film quanto Goebbels). Moltissimi i riferimenti alla Bibbia (i bambini che vanno a raccolta dalla predicatrice Maria; il tema del pentimento), a Giovanna d’Arco (il rogo di Maria), al Gobbo di Notre Dame (finale sulla cattedrale), che attraverso l’espediente narrativo di una società del futuro, con uno sguardo breve al passato (il racconto di Maria sulla Torre di Babele), permette a Lang di parlare e raccontare del presente. Il tema del mediatore tra le parti, quella industriale e quella operaia, fu il punto sul quale divergevano le idee dei coniugi. Fritz Lang, infatti, disconobbe il finale così come è stato realizzato, perché avrebbe preferito che dopo la distruzione della città (ispirata ai grattacieli di New York ma anche alle costruzioni monolitiche della repubblica di Weimar) i due ragazzi fossero fuggiti a bordo di un razzo (geniale!). Ciò che, infine, ha fatto veramente grande questa pellicola è l’insieme, tutti in una volta, della maggior parte degli espedienti narrativi e dei trucchi ed esperimenti ottici sviluppati sino ad allora dall’industria cinematografica (la soggettiva di Freder che raccoglie un pezzo del vestito di Maria, le grandi sovrimpressioni visionarie, il corposo montaggio, le coreografie di massa). Importantissimo il lavoro di montaggio per una lavorazione tanto sontuosa che impegnò per oltre diciannove mesi un totale di quasi trentaseimila comparse ed una spesa di oltre cinquanta milioni di vecchi marchi (che non incassò mai e che provocò il fallimento dell’UFA che poi divenne definitivamente strumento del regime nazista). I distributori americani, allora, accusarono il film di comunismo, mentre il messaggio di riconciliazione finale venne apprezzato dal nazismo (il Mereghetti – Dizionario dei film 2000). Il finale, in effetti, è davvero ambiguo, e per dirla come Leonardo Quaresima, sembra approdare ad un’ideologia del connubio del cuore e dell’acciaio (il conflitto tra operai e padroni risolto dall’amore tra una ragazza del popolo ed il figlio dell’industriale) (Alfonzo Canziani - Cinema di tutto il mondo - Mondadori). Hanno detto di questa pellicola “Uno dei peggiori film mai fatti” (H.G.Wells); “Retorico, banale, pedante, intriso di romanticismo superato… ma se opponiamo alla storia la fotogenia plastica, allora reggerà qualsiasi confronto, ci sconvolgerà come il più bel libro d’immagini mai visto” (L.Bunuel). Metropolis è anche diventato il primo film della storia ad essere tutelato dall’UNESCO. Purtroppo ne esistono varie copie. Lo stesso Lang ne fece una versione ridotta di oltre 30 minuti e la versione considerata come la più attendibile è quella custodita nella cineteca di monaco, restaurata nel 1984 (il Morandini – dizionario dei film 2004). La musica fu scritta nel 1926 apposta da Gottfried Huppertz (che insinua la Marsigliese nelle scene di rivolta) ed esiste una versione (a colori e del 1984) di 87’ che Giorgio Moroder colora e “musica” e imbelletta e dichiara candidamente “Ho colorato così, come mi veniva; non c’erano nessi, una cosa poteva valere l’altra” (E.Ghezzi – Paura e desiderio – Bompiani). Metropolis è un capolavoro di cinema decorativo, la messinscena di un delirio (il Morandini – Dizionario dei film 2004). C’è però da chiedersi se Hitler, che ammirava il film, si sia ispirato a questa pellicola per i campi di concentramento (Massimo Moscati – Breve storia del cinema – Bompiani). Ne è stata fatta una versione d’animazione abbastanza fedele, Metropolis (2002) di Rin Taro, e migliaia di film di genere ne hanno tratto ispirazione (C-3PO, nella trilogia di Star Wars ideata da Gorge Lucas, è la versione maschile di Hel). Ha commentato lo stesso Lang “Metropolis non è altro che una favola. Ma a me quelle che interessavano erano le macchine…”. A progettare le scenografie contribuì, anche se non accreditato, Edgar G. Ulmer, poi regista del classico gotico The black cat (1934), mentre il grattacielo di Joh Fredersen, il signore di Metropolis, è citato nel film Blade runner (1982) di Ridley Scott.

 

 

Mario Bucci

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