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Sciopero - Stacka
Anno: 1925
Regista: Sergej M. Ejzenštejn;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: URSS;
Data inserimento nel database: 01-04-2004


La grande guerra

Sciopero. Sergej M. Ejzenštejn. 1925. URSS.

Attori: Aleksander Antonov, Michail Gomorov, Maksim Strauch, Grigorij Aleksandrov, I. Kljuvkin, I. Ivanov

Durata: 97’

Titolo originale: Stacka

 

 

Russia. 1912. Parte Prima – Nella fabbrica tutto è tranquillo. L’organizzazione è gestita dai dirigenti capitalisti e dai militari al servizio dello Zar. Questi ultimi incaricano diversi agenti di sorveglianza esterna di controllare la fabbrica e gli operai. Ci sono preparativi e riunioni clandestine che terminano con un massiccio volantinaggio. Parte seconda – Il motivo dello sciopero. L’operaio Jakov è ingiustamente accusato di aver rubato un micrometro dalla fabbrica del valore di 25 rubli, pari cioè a tre settimane di lavoro per lo Zar. Umiliato, s’impicca nella catena di montaggio lasciando una lettera ai compagni. Gli operai aggrediscono il capomastro e cessano di lavorare. C’è agitazione e si lotta per suonare la sirena d’interruzione dei lavori. Tutti gli operai della fabbrica sono in movimento ed assaltano la fonderia a sassate e poi conquistano gli uffici della fabbrica. Prendono il responsabile dell’amministrazione ed il capomastro e, portandoli all’esterno, li rovesciano in un acquitrino fangoso. Parte terza – La fabbrica è ferma. I primi giorni sono sereni e solari e la vita famigliare si rallegra della mancanza di lavoro. All’imprenditore capitalista invece arrivano diverse commesse che non può realizzare poiché la fabbrica è in un cattivo stato d’abbandono. La massa degli operai s’incontra in aperta campagna per elaborare le rivendicazioni. Gli azionisti le leggono ma non accettano anzi, brindano alla prima ondata di repressione fatta dalla polizia a cavallo che interrompe il comizio nel bosco. Gli operai si organizzano in sit in per evitare di essere dispersi. Parte quarta. Lo sciopero continua. Passa il tempo di non produzione portando fame, misera e crisi famigliari, mentre nel frattempo gli agenti di sorveglianza danno la caccia ai rossi. Due operai si accorgono di essere pedinati e riescono a catturare e picchiare una spia. Un altro agente però riesce a fotografare un operaio che strappa una risposta dell’amministrazione e consegna la fotografia alla polizia. L’uomo è pestato in strada davanti alla macchina dell’imprenditore in compagnia di una prostituta. Poco dopo, in questura, è massacrato dai poliziotti e convinto, il giorno seguente, a fare i nomi dei capi del movimento operai, lasciandosi comprare. Parte quinta – Una provocazione disfattista. Un agente si rivolge al re dei delinquenti dal quale assolda un gruppo di provocatori che assalta una distilleria di vodka dandole fuoco. La polizia tarda ad intervenire fino a che una compagna riesce a chiamare i vigili del fuoco. Questi arrivano tardi per salvare i provocatori, morti ubriachi tra le fiamme, ma in tempo per disperdere la folla di manifestanti con l’uso degli idranti. Parte sesta – La soppressione. Infine anche le truppe militari intervengono distruggendo il quartiere degli operai e massacrando la popolazione.

Esordio al cinema del grande cineasta russo Sergej M. Ejzenštejn (prodotto dalla Prima Fabbrica del cinema ma sceneggiato dal regista stesso) che in un primo momento della sua carriera sceglie la strada del cosiddetto montaggio delle attrazioni, un montaggio libero dall’azione propriamente detta, svincolata dal gesto, ma che ne segue ugualmente la logica narrativa, esercizio teorico sperimentato proprio in questa pellicola e che decise di abbandonare solo dopo le influenze di un altro regista, Dziga Vertov [1], legato più allo stile pittoresco e chiassoso dell’avanguardia. A proposito del montaggio delle attrazioni, che in questa pellicola assume anche il carattere di montaggio come conflitto [2], si possono ricordare le figure degli agenti di sorveglianza, mostrati nel loro corrispettivo animale o sociale, il crescendo della produzione di massa e i dettagli del suicidio, i tre operai con le braccia conserte e la ruota che rallenta il giro fino a bloccare la produzione, il massacro della folla con lo sgozzamento del bue, il brindisi degli azionisti e la carica della polizia, e soprattutto il contratto con il quale è comperato l’operaio picchiato: il massimo del lusso, lo spreco delle bevande ed i due fanciulli che ballano in stile Broadway sul tavolo. Spinto, come lui stesso riconobbe anni dopo, da una malattia infantile dell’estremismo [3] (dedicata o mossa dalle teorie rivoluzionarie di Lenin con accenti ancora didascalici), Sciopero rimane ugualmente una pellicola fondamentale nella storia del cinema proprio grazie alle invenzioni del giovane regista: in tutta la parte in cui è assediato il quartiere e le fucine, è sorprendente la sua capacità di controllare il campo ed i piani, riuscendo ad inquadrare tre livelli differenti per volta, tutti carichi di comparse in lotta, fino al lancio del bambino, il momento più drammatico della pellicola, il suo cranio rotto in terra ed il sorriso beffardo di un militare che sta per ordinare il massacro finale; oppure ancora le geniali fotografie che prendono vita o l’immagine dell’uomo e la pozzanghera che scorrono al contrario o, infine, il grandangolo rovesciato sul p.p. della spia (ottenuto cioè inquadrando una sfera di vetro). I registri utilizzati nella pellicola sono principalmente due: quello del documentario e quello della rielaborazione simbolica del reale [4] (ottenuta cioè attraverso l’uso del montaggio imperativo [5]). Quello che rende ancora più importante questa pellicola però, è la capacità mostrata da parte del regista (poi diventata caratteristica del suo cinema) di spostare la centralità del singolo protagonista sulle masse, creando così un’identità drammatica collettiva alla quale lo spettatore si sente legato. La figura dell’imprenditore pancione con sigaro, doppio petto e cilindro è diventato simbolo di rappresentazione del modello capitalista.

 

 

Bucci Mario

[email protected]



[1] Massimo Moscati. Breve storia del cinema. Bompiani.

[2] Pina Melis su Alfonzo Canziani. Cinema di tutto il mondo. Mondadori.

[3] Morando Morandini. Dizionario dei film 2004. Zanichelli

[4] Paolo Mereghetti. Dizionario dei film 2000. Baldini & Castoldi

[5] Enrico Ghezzi. Paura e desiderio. Bompiani