Lo
specchio. Andrei Tarkovskij. 1974. RUSSIA.
Attori: Margarita Terechova,
Jurij Nazarev, Ivan Danilcev, Anatol Solocinyn, Alla Demidova, Nikolaj Grin'ko
Durata: 105'
Titolo
originale: Zerkalo
Jurij, voce (e campo), separato
dalla moglie si lascia andare ad un insieme di ricordi che abbracciano
soprattutto la sua infanzia e la figura del padre che abbandonò anch’egli sua
moglie quando lui era ancora un bambino. Lo specchio cui fa riferimento il
titolo, altro non è che un pretesto dell’immagine che questo riflette. Jurij
come suo padre, la madre come la moglie (interpretate dalla stessa Margarita
Terechova) la campagna come la città, l’Unione Sovietica come la stessa Unione
Sovietica. Analisi dei ricordi, biografia del mondo im-personale. Potrebbe
essere un film sulla madre, e quindi sulle madri, (compresa la patria), sul
loro sguardo, sul loro corpo, sulle loro lacrime, dove tutto è infanzia e
presente. I testi poetici narrati (nella traduzione italiana sono decantati da
Romolo Valli) sono stati composti da Arsenij Tarkovskijj, padre del regista,
alle quali parole Andreij associa le sue personalissime riflessioni visive.
Sofisticato e difficile, un film d’intensa poeticità, senza dubbio al limite
dell’onirico (stupenda la prima sequenza della pioggia in casa, quasi valesse
l’intero lavoro) nel quale labirinto s’inseriscono immagini documentaristiche,
di repertorio, che impressionano una Russia in perenne guerra. Riflessi e
riflessioni, sembra non mantenere nessun nesso con la logica, in direzione
invece della poesia. La pellicola incontrò non pochi problemi alla sua uscita
perché di difficile comprensione per le masse a causa del suo linguaggio così
artefatto. Fu anche criticato all’estero, senza riscuotere eccessivo successo,
anche se tutto ciò era già nelle intenzioni del regista che attraverso la voce
narrante, mette in chiaro la sua scelta “Scopo del poeta è suscitare
emozioni nell’animo, non radunare ammiratori”. Se questo era il sincero
intento di base, allora siamo in presenza di un lavoro pienamente riuscito.
Fotografia eccellente, metafisica; uso della cinepresa raffinato, lento e
continuo come se fosse un costante carrello che si addentra nei boschi e
cammina per le stanze, unico, un fluire d’immagini e voci che perfettamente
s’intersecano fra loro e si riflettono, riflettendo. Queste le parole di Enrico
Ghezzi: indagatore della follia del vedere, della possibilità-impossibilità
della visione: Tarkovskij.
Intenso, materno, complesso e
visionario.
Bucci Mario
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