Toro scatenato. Martin Scorsese. 1980. USA.
Attori: Robert De Niro, Cathy
Moriarty, Joe Pesci, Frank Vincent, Nicholas Colasanto, Theresa Saldana, John
Turturro.
Durata: 128’ min.
Titolo
originale: Raging
Bull
New York City. 1964. L’ex pugile Jake La Motta, ingrassato
e con un sigaro in mano, racconta di come la vita sul ring spesso è simile a
quella di uno show, business e spettacolo qualsiasi. È l’inizio di un lungo
flashback che a partire dal 1941 ripercorre la storia agonistica di un pugile
italoamericano del Bronx che, dopo aver vinto il titolo mondiale dei pesi medi,
si ritroverà solo, abbandonato dalla moglie Vickie e dal fratello Joey, a causa
del suo pessimo carattere e forse anche della sua testarda stupidità.
Ancora una volta il regista più europeo di tutti gli
americani, torna a raccontare di un altro italoamericano, il pugile che negli
anni quaranta rappresentò il popolo degli immigrati di New York. Affidandosi
all’esemplare bianco e nero di Michael Chapman (obbligatorio dopo che Michael
Powell impedì al regista di far usare guantoni rossi), sfruttando ciò che
meglio gli riesce (carrelli e rallenty) ed affiancato da uno dei migliori De
Niro di sempre (che ingrassò di oltre trenta chili per le riprese del pugile
anziano e che si fece fare un’operazione al naso) Scorsese mette in scena
qualcosa che è a metà strada tra fiction e documentario (tutta la sequenza dei
matrimoni sembra inserire l’idea del documentario all’interno della pellicola)
tra spettacolo e realtà, una personalissima idea di realismo. Sceneggiato da
Paul Schrader e Mardik Martin (che fa anche la comparsa come cameriere), che
hanno lavorato direttamente sull’autobiografia del pugile, il film è
un’esplosione di violenza pubblica e privata alla quale sono sottoposti uomini
come La Motta, figli del ghetto di N.Y. Le sequenze sul ring sono tutte
spettacolari e di forte impatto visivo (soggettive, primissimi piani e tanto
sangue) quasi in Scorsese ci sia la voglia di disgustare lo spettatore per un
simile spettacolo (lo spruzzo di sangue sul pubblico nell’ultimo incontro; il
dettaglio della corda macchiata di sangue). Elementi caratteristici
dell’italianità immigrata (l’appartamento del padre di Jake La Motta) questa
volta partecipano meno alla trama, rispetto alla forte fisicità del protagonista.
Non ostante sia un ottimo prodotto, rimane un lavoro atipico nella filmografia
del regista, come unico esempio di biografia. Indicativo il rallenty con
il quale si apre il film e sul quale scorrono i titoli di testa e che
sintetizza tutta la pellicola: la solitudine del pugile su un ring sommerso
dalla nebbia. La pellicola guadagnò due Oscar: miglior attore per Robert De
Niro e miglior montaggio per Thelma Schoonmaker. Ho riscontrato un solo
difetto, nella scenografia, e comunque da verificare: quando Jake ritrova suo
fratello, con un carrello verso sinistra, su un muro ci sono due tag, due firme
metropolitane lasciate con uno spray, moda che avrebbe atteso ancora qualche
anno prima di diffondersi. Charles Scorsese interpreta Charlie in una scena al
fianco di Tommy Como (Nicholas Colasanto).
Bucci Mario
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