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Un uomo da marciapiede - Midnight cowboy
Anno: 1969
Regista: John Schlesinger;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 04-12-2003


La grande guerra

Un uomo da marciapiede.  John Schlesinger. 1969. USA.

Attori: Jon Voight, Dustin Hoffman, Brenda Vaccaro, Sylvia Miles, John McGiver, Bob Balaban

Durata: 113’

Titolo originale: Midnight cowboy

 

 

Texas. Joe Buck è un cowboy convinto di poter tirare a campare soddisfando i desideri delle donne. Decide allora di lasciare il suo paese, nel quale viveva con la nonna, e di andare a New York, dove le donne sembrano più propense a simili avventure. Illuso di avercela già fatta dopo aver abbordato una ricca donna, si ritrova invece a tirare a campare in compagnia di un homeless di origine italiana, Ratso Rizzo, claudicante e malato. La realtà del sobborgo ha la meglio su di lui, costretto a rapporti omosessuali nei cinema, a rubare ed a inventarsi altro su come sopravvivere. Durante una particolare festa, alla quale sono invitati lui e Rizzo come rappresentanti del mondo sotterraneo ed alternativo di N.Y., riesce finalmente ad ingranare con il lavoro che aveva in mente, ma Rizzo, malato e febbricitante, gli chiede di essere accompagnato a Miami, ultima meta della sua vita. Durante il viaggio Joe decide che sarebbe meglio tornare a fare un lavoro normale ma nel frattempo Rizzo gli muore fra le braccia.

Riuscito film di Schlesinger, regista inglese alla sua prima esperienza negli Stati Uniti, coraggioso nel proporre in termini di realismo patetico la crisi del sogno americano (N.Y. come Miami mete che non cambiano il destino dei due uomini). Amara e lucidissima descrizione dei sobborghi delle metropoli e allucinato viaggio di un’esistenza che spesso confonde realtà con l’immaginazione di questa (sovrapposizioni di immagini nei pensieri di John Voight), il film inizia su una tela bianca di uno schermo da drive in e termina con l’abbraccio di Joe a Rizzo, mentre questo è morto. Realtà di una provincia che si riflette su uno schermo bianco ed abbraccia un sogno che si spegne. Quella di Midnight cowboy è anche la storia di un’amicizia nata per necessità, continuata per convenienza e terminata nel sentimento puro, in coincidenza della morte. Molto importante l’uso delle immagini e la loro forza di metafora, il montaggio serrato di fotografie del passato, necessarie alla descrizione del personaggio di Joe, sognatore, sincero e sempre più illuso. Disseminati lungo tutta la pellicola riferimenti critici alla religione battista del sud dell’America, trauma di un uomo che fugge da se stesso e che si affida ciecamente al prossimo. Solo un accenno alla guerra in Vietnam, la voce di un radiogiornale che si spegne dopo pochi secondi: la realtà più prossima oscura un problema più grande, e lo rappresenta nel suo piccolo. Tratto dall’omonimo romanzo di James Leo Herlihy, ottenne ben sei nominations ma solo tre oscar, per il miglior film, la miglior regia e la migliore sceneggiatura (di Waldo Salt). Senza dubbio Dustin Hoffam avrebbe meritato anch’egli la statuetta. Gran successo ebbe invece anche la canzone Everybody's Talkin', composta da Fred Neil e cantata da Henry Nilsson. Molti cammei nella scena della festa alternativa, che rimanda senza dubbio agli ambienti underground newyorkesi tipici della Factory di Andy Warhol: Viva, Ultra Violet, Taylor Mead e soprattutto Paul Morrisey ne sono l’emblema.

 

 

Bucci Mario

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